DISCORSO PRONUNCIATO DAL COMANDANTE FIDEL CASTRO RUZ, PRIMO SEGRETARIO DEL COMITATO CENTRALE DEL PARTITO COMUNISTA DI CUBA E PRESIDENTE DEI CONSIGLI DI STATO E DI MINISTRI, IN OCCASIONE DELLA PRIMA SEDUTA DEL VERTICE DELL'ASSOCIAZIONE DI STATI DEI CARAIBI. REPUBBLICA DOMINICANA, 17 APRILE 1999. "ANNO DEL 40 ANNIVERSARIO DEL TRIONFO DELLA RIVOLUZIONE
-Versioni Stenografiche.- Consiglio dello Stato-
Visto che me lo chiedete, o ve lo domandate, anche se finora non ho potuto fare il riassunto di tutto quanto è stato detto oggi in questa sede, vi dirò comunque alcune cose, impegnandomi ad essere breve. (Risate)
Io meditavo, mentre gli altri colleghi parlavano, sulla diversità di circostanze che cingono la storia, la vita e gli interessi di tutti i paesi riuniti in questa sede, e su quanto sia difficile di trovare un linguaggio comune.
Mi sembrava indispensabile chiarire concetti su ciò che significa per ognuno di noi l'AFTA, il NAFTA, l'Iniziativa per la Conca dei Caraibi, l'ACP, Lomé.
A volte ho l'impressione che siamo cittadini che ci troviamo in qualche angolo di una strada, che vogliamo andare in qualche luogo e prendiamo il primo autobus che passa, un giorno ne prendiamo uno, altro giorno ne prendiamo un altro, e così tante volte ci spostiamo in varie direzioni.
Gli interessi si scontrano, è incontestabile, e dobbiamo cominciare prendendone coscienza. Qui sono stati messi in evidenza alcuni di questi scontri d'interessi.
Non abbiamo una chiara visione del mondo futuro. Infatti, cosa significa, ad esempio, per noi, la WTO? e tutti volevano un'organizzazione mondiale di grande commercio. Tale movimento si è iniziato all'Avana, molto tempo fa. Cosa ne penso in questo momento della WTO?. In realtà, penso, e lo dico francamente, che è un temibile strumento di ricolonizzazione e di sfruttamento del mondo. Come giustificare una politica tendente a liquidare i modesti privilegi di cui, a stento, usufruiscono 70 paesi di Lomé?. Perché in quanto paese della famiglia del Terzo Mondo mi preoccupo non soltanto dei nostri problemi, di quelli dei Caraibi e dell'America Latina, ma anche dei problemi dell'Africa e di altri paesi del mondo, perché facciamo parte di questo mondo globalizzato e la nostra sorte non può essere estranea a quella degli altri paesi.
Perché strappare dalla mattina alla sera i mezzi di vita di numerose piccole economie dei Caraibi, il cui sostegno è il banano, a vantaggio di una grande multinazionale americana che - come tutti sanno- ha ispirato tale reclamo alla WTO, perché gli Stati Uniti non producono né esportano banano; si tratta, semplicemente, di un grande consumatore di banano, e al minor prezzo possibile.
Noi, i cubani, facciamo parte della famiglia latinoamericana. So che il Guatemala produce banano e anche l'Honduras, l'Ecuador, il Messico e altri paesi.
Molte volte ho pensato quale dovrebbe essere il nostro atteggiamento rispetto a tale problema. Ci ho meditato e non ho esitato nell'appoggiare la posizione dei Caraibi. Ciò vuol dire che ci allontaniamo o che ignoriamo gli interessi dei paesi centroamericani? Assolutamente no; ma osservo un conflitto d'interessi.
Se consideriamo che le isole caraibiche, in maggior o minor misura, esportano appena l'1,5 % - se non sbaglio, forse sarà di meno- del banano che si consuma al mondo, mi domando perché questo deva diventare il pomo della discordia, se si tratta d'interessi che si possono accordare, se noi possiamo e dobbiamno appoggiare i paesi centroamericani in molte cose, in molti aspetti. In questo momento stiamo appoggiando la loro idea di uno sviluppo integrale, di tipo economico e sociale nonchè la loro lotta perché vengano annullati i debiti; stiamo esigendo al mondo sviluppato di mettere a disposizione di Centroamerica tutte le risorse di cui ha bisogno dopo l'uragano. Conosciamo la sua situazione, la necessità di uno sviluppo integrale non soltanto economico ma anche sociale ed umano.
Vi sono molte cose in cui possiamo appoggiarli, perché abbiamo interessi comuni e mi sembra che questo conflitto si può risolvere. La cifra relativa della partecipazione dei paesi dei Caraibi è insignificante, le loro terre sono limitate. Inoltre, quando penso alle due o tre multinazionali americane che controllano il commercio del banano nel mondo, mi chiedo perché è necessario sacrificare decine di migliaia di famiglie che in Giamaica - le ho viste - e in altri paesi dei Caraibi coltivano due o tre ettari di banano. Una decisione come quella della WTO, certamente non evidenza nessuna considerazione di tipo umano. Quando vedo che intendono eliminare le preferenze di Lomè, in realtà mi spavento, perché, quale sarà il sostegno dell'Africa?. Com'è possibile che le siano strappate queste preferenze?. Credo che questa non è la via giusta, occorre esigere risorse, occorre unirsi per reclamare, per denunciare, per esprimere le realtà del mondo in cui stiamo vivendo.
Quanto si spende in arme?. Quanto si spende in lussi?. Quanto si spende in portaerei, corazzati, aerei, missili, conquista delle stelle, ecc.? E invece, quanto si spende nel progresso?.
I paesi industrializzati - lo diceva Leonel- cercano i loro interessi. Egli parlava su questioni legate alla zona franca, alle maquiladoras (NdT. fabbriche create dagli Stati Uniti nel Messico e diffuse ormai in tutto il mondo per approfittare della manodopera a basso costo e dell'esenzione d'imposte), è proprio questo che, in sostanza, interessa loro, e, a mio avviso, vogliono trasformare il Terzo Mondo in una grossa zona franca, dove si paghino soltanto i salari, e bassi salari; neanche le tasse, perché chiedono esenzioni. Ci hanno messo in concorrenza fra di noi per vedere chi concede più agevolazioni e chi fa pagare tasse inferiori. Questi sono gli interessi comuni non soltanto dei paesi della Conca dei Caraibi, ma di tutto il Terzo Mondo.
Penso, tuttavia, che, malgrado le differenze tra interessi, situazioni, storia, il meglio che possiamo fare è ciò che stiamo facendo qui: incontrarci e dibattere.
Mi sono accorto a Margarita che vi era un problema nei Caraibi, quando ho visto gli sforzi che svolgeva la Repubblica Dominicana assieme ai paesi di Centroamerica, e ho capito che il Centroamerica ed i Caraibi si sentivano veramente trascurati dalla mano di Dio.
Si parlava del MERCOSUD, ottima idea che applaudiamo; uno sforzo con il Patto Andino. Per me è chiarissimo oggi che tutta l'America del Sud deve unirsi, e ogni tanto chiedo ai dirigenti, e non soltanto ai dirigenti dei paesi, ma anche a quelli degli organismi internazionali, quando si uniranno e quali sono gli ostacoli che bloccano l'unione del MERCOSUD e del Patto Andino.
A molti amici del Sudamerica - Chávez lo sa, il presidente Pastrana lo sa, il Presidente di Brasile lo sa - ho detto, in realtà, che i Caraibi e Centroamerica si sentono dimenticati, e me ne sono accorto in quella riunione a Margarita quando siamo rimasti soli, che ha parlato il presidente di Portorico e ha detto cosa stava succedendo (qualcuno dice Costa Rica). Sì, è stato Costa Rica. Magari avremmo potuto dire Portorico, perché è tanto latinoamericano e caraibico quanto ognuno di noi; ma ormai conosciamo i motivi per cui non può essere presente in questa riunione.
Vi dicevo: I Caraibi non possono essere dimenticati; Centroamerica non può essere dimenticata. E non pensavo a Cuba; Cuba è dimenticata da molto tempo, da più di 40 anni, perchè già prima eravamo dimenticati, adesso siamo dimenticati in un altro modo, perché ci siamo resi indipendenti, veramente, ci siamo resi padroni del nostro paese. Ecco perchè siamo stati cacciati via dall'OAS (ndt. Organizzazione di Stati Americani) circa 40 anni fa, ecco perchè vi sono qui delle parole che non capisco e che non so cosa significano. Ad esempio, cosa significa per noi Banca Mondiale ? Cosa significa Banca Interamericana, presieduta dal nostro caro e grande amico Iglesias? Cosa significa per noi Vertice delle Americhe, cos' è questo?. Voi ne dovete sapere un pocchino più di me, perché, almeno, per qualche motivo, forse perché siete migliori di noi tutti e più santi di noi tutti e perchè non siete nati dal più profondo inferno, sapete cosa significa Vertice delle Americhe e alcune di queste cose. Noi ce ne siamo quasi dimenticati.
L'AFTA ? Cosa significa per noi l'AFTA ? Le sono gratissimo a Patterson per aver ricordato e per aver usato una parola molto sottile, molto prudente e molto discreta nel dire: "Perché alcuni devono essere esclusi?". Veramente non si tratta di alcuni, l'unico errore è stato quello di parlare in plurale, C' è soltanto uno escluso (Risate): Cuba.
Ma, per fortuna, nella nostra disgrazia abbiamo imparato a cavarcela con ciò che abbiamo, a vivere modestamente, ma con grande dignità, distribuendo tra noi quello che abbiamo, e un po' di quel poco che abbiamo lo distribuiamo tra gli altri, se è possibile.
Per questo motivo, quando parlavamo di uragani ed altre cose, ricordavamo la storia degli ultimi mesi, lo sforzo che il nostro piccolo paese, sottomesso ad un blocco, ha fatto per aiutare a superare le difficoltà degli uragani. E non ne voglio parlare, a cosa serve parlarne, non vogliamo pubblicità, lavoriamo in silenzio. Lavoriamo in silenzio non soltanto nelle questioni che a volte si conoscono, ma anche nei nostri incontri con gli europei, con i dirigenti americani; perché malgrado tutto, alcuni vengono da noi, capite? e alcune sono persone prestigiose, intelligenti. E parlo a loro di tutto, posso parlare sia dei problemi del mondo e della situazione reale del mondo, sia della possibilità che un giorno tutte le borse supergonfiate si sgonfino e vi sia una catastrofe negli Stati Uniti peggiore di quella del 1929; perché facendo calcoli matematici si può trarre questa conclusione. Un giorno quello salterà per area e bisogna pensarci anche.
Posso parlare a loro di qualunque conflitto, della situazione della Russia, del perché porteranno questo paese ad un'esplosione, oppure ricordare a loro che Occidente ha sottratto alla Russia 300 miliardi di dollari che sappiamo dove sono stati investiti. Ed Europa lo sa, anche se non ne parla mai, mentre allungano le trattative per la concessione di un credito di 20 miliardi, che non è altro che un goccio di acqua in una piscina, conoscendo come conosco la situazione del paese che è stato il motore propulsore della crisi scatenatasi nel sudest asiatico, che era già cominciata nel Messico e si è potuta arginare con grande sforzo; è arrivata lì, dopo ha raggiunto la Russia.
Quando sono venuto a Santo Domingo, durante l'incontro con le università, lo stesso giorno, credo sia stato il 19 agosto, vi ho detto che l'economia russa sarebbe saltata in area; non sapevo ancora che stava saltando in quel momento, l'abbiamo saputo alcuni giorni dopo, il trauma che ha causato, lo spavento, il calo deprimente in un giorno di 512 punti del Dow Jones famoso degli Stati Uniti, e quanto, per tale motivo, si sono spaventati il Fondo Monetario e la Banca Mondiale. E tutti, sicuramente, avrete sentito l'autocritica che si sono fatti a New York, durante le riunioni del 5 e 6 ottobre, quelli del Fondo Monetario Internazionale e le proteste della Banca Mondiale nei confronti del suo ruolo di aiuto allo sviluppo sociale. Tutti voi lo conoscete. Dopo c'è stata la minaccia della crisi sul Brasile e sul resto dell'America Latina.
Per non parlare troppo, vi dirò che non credo in nessuno dei precetti del catechismo del Fondo Monetario Internazionale, è la rovina.
Sentivo parlare l'economista, Presidente del Costa Rica, ed egli si lamentava che le riserve diminuivano. Non diminuiscono, dalla mattina alla sera scompaiono. Paesi quali la Malesia, che aveva una riserva di 40 miliardi scomparsa in due giorni, hanno dovuto ribellarsi; e le riserve di uno di quei famosissimi tigri: la Corea, sono scomparse in pochi minuti; e quella della Tailandia è scomparsa in pochi minuti; e quella del Brasile, nonostante l'aiuto dell'Occidente e degli Stati Uniti che si sono resi conto che quella crisi sarebbe diventata il principio della fine, voi sapete ormai cosa è successo, di 70 miliardi sono rimasti soltanto 35. Il valore di tutte le privatizzazioni, sulle comunicazioni telefoniche, sui grossi giacimenti di minerali che, addirittura, erano aziente redditizie, è scomparso in tre settimane.
Queste sono verità del mondo. Adesso nessuno ha alcuna sicurezza su ciò che accadrà. Leonel parlava delle industrie di alta tecnologia sviluppatesi in quei paesi del sudest asiatico, in pochi giorni abbassarono da 2 dollari a 10 cents il prezzo dei chips dei computers perché hanno forzati tutti a produrre computers, televisori e anche automobili, come se non fosse sufficiente la capacità di produzione esistente.
Tu hai parlato molto bene (facendo riferimento a Leonel) e chiedevi dove erano i clienti. Ebbene, noi sappiamo che si producono jeans. Ci fanno produrre jeans, scarpe e articoli di artigianato, molta manodopera, ma i clienti non si sa dove siano.
Si possono produrre 40 miliardidi jeans. Non vi è alcun ordine nell'economia mondiale. Non so se il Fondo Monetario o qualcun altro avrebbe dovuto fare qualcosa, o se un giorno ci sarà un certo coordinamento. Lo sviluppo mondiale attuale è un caos, un'anarchia, mettono tutti a produrre jeans fino a raggiungere 40 miliardi di pantaloni, ma di questi ne eccederanno 30 miliardi, perché gli africani non possono portare i jeans, né possono usare computers, come sogna Clinton - l'ha detto là alla WTO, l'ho sentito a pochi metri.
Clinton ci ha ricordato Carlos Marx (Risate). Sapete perché?. Perché Carlos Marx sognava una sola classe e Clinton pure; però Marx sognava una classe di lavoratori e Clinton sogna un mondo trasformato in classe media, stile California, Los Angeles, San Francisco; tutti con computers, due macchine, una casa, cinque telefoni; e si sa che Tokyo ha più telefoni che tutta l'Africa e che Manhattan ha più telefoni che tutta l'Africa con 700 milioni di abitanti, e che senza telefoni non ci sono computers, né c'è informatica, né Internet.
Si sa che in America Latina solo il 2% delle persone possono accedere a Internet, questo è per i ricchi. E quando raggiungeremo questo mondo?
Alcuni giorni fa ho incontrato il Presidente del Niger -che purtroppo é morto o è stato ucciso da poco, incidentalmente o meno, non si sa ancora come - e mi disse che il tasso di mortalità infantile del suo paese era di 213 bambini per ogni 1000 nati vivi ogni anno. Incredibile!.
Alcuni capiranno, o quasi tutti, in maggior o minor misura, cosa significa ciò; ma vi erano anche altri dati: un 87% di analfabetismo ed una copertura di solo 16% per l'istruzione. Quando impareranno quelli del Niger a comunicare per telefono, ad utilizzare Internet e a diventare tutti classe media?.
Ogni tanto domando ad alcuni dei paesi ricchi come si risolverà il problema dell'AIDS in Africa, dove i malati che soffrono di tale virus solo per sopravvivere alcuni anni in più hanno bisogno di 300 miliardi di dollari annui, considerando i prezzi dei farmaci negli Stati Uniti. Questo è un lusso che si possono permettere i paesi ricchi.
A Cuba si diceva prima "un lusso di bianchi". Ma negli Stati Uniti, che è un paese ricco, i neri non hanno queste possibilità, né gli indiani, né i meticci. Questo è solo per i ricchi; sono sogni di ricchi, come la conquista di Marte e via dicendo, e molti dei nostri popoli non hanno nemmeno una piccola scuola.
La situazione che si è verificata nel Niger è simile. Noi abbiamo proposto al Niger un programma di aiuto nella sanità, lo stiamo proponendo anche a tutta la zona dei paesi più poveri del nord dell'Africa, perché quello che vogliamo è dimostrare ciò che si può fare con le risorse umane. Non abbiamo soldi, non ci chiediate 10 dollari in prestito, perché vi assicuro che non ve li potremo dare; ma, abbiamo certo capitale umano, con cui possiamo cooperare con i paesi dei Caraibi, del Centroamerica, ma anche con altri paesi del mondo che non possiamo dimenticare, con i quali dobbiamo unirci.
Noi ci riuniamo in questa sede, si litigano i centroamericani con i caraibici per motivo del banano, si litigano i latinoamericani con gli altri paesi che appartengono alla Convenzione di Lomé, perché la WTO cancella tutte le preferenze, cosa ci resta?
I paesi ricchi contribuiscono sempre di meno allo sviluppo. Si è parlato del 0,7% in epoche prospere, quando esisteva ancora la guerra fredda e la concorrenza; finito tutto ciò, non si parla né del 0,8%, né del 0,7% né del 0,5%; concedono forse il 0,4%. E il paese che apporta meno è il più ricco di tutti, gli Stati Uniti, che apporta solo lo 0,1%, oppure lo 0,2%, ecco la verità, mentre la speculazione raggiunge livelli tali che l'acquisto e la vendita di moneta ogni giorno raggiunge la cifra minima di un milione di milioni, speculando con le monete, speculando con le azioni, speculando con tutto.
Tu hai detto (facendo riferimento a Leonel) la parola casino. E vero che questo mondo e un casino gigante, ed un caos. E non dico questo per scoraggiare nessuno, anzi, in realtà lo faccio per trasmettere il criterio che almeno dobbiamo cominciare a riunirci, per lavorare insieme, per chiarirci le idee.
In ognuna di queste riunioni, io riesco a chiarire molte cose, imparo, ascolto, conosco problemi, preoccupazioni e punti di vista. E bisogna gridare alto che dobbiamo unirci, non soltanto quelli dei Caraibi e del Centroamerica, ma unirci anche con il Sudamerica, essi ne hanno bisogno quanto noi, perché anche se quasi tutti sono paesi grandi e hanno economie superiori, in confronto con i giganti ricchi, dal punto di vista tecnologico e delle risorse finanziarie, non hanno nulla. Dobbiamo unirci, e bisogna conferire tutta l'importanza all'incontro con l'Europa che si terrà a Rio. Credo che è un grande progresso che si siano ricordati di noi e che possiamo cercare almeno altre possibilità di manovra, non avendo alcuna dipendenza dal nord. Ciò ha un'enorme importanza, e credo, Leonel, veramente, che se riusciamo qui a raggiungere l'accordo che i gruppi di lavoro si mettano a lavorare intensamente per preparare le posizioni comuni di Centroamerica, i Caraibi e il Sudamerica per la riunione con l'Unione Europea, ciò sarà la cosa migliore da fare entro giugno o luglio, ormai non so più quando si terrà perché la data è già stata cambiata varie volte.
Quello sarà un momento storico, dove tutti ci riuniremo con l'Europa, perché anche l'Europa si sente minacciata. Ha lottato per 500 anni, ma si unisce adesso perché non può vivere divisa. Perfino la Svizzera, tanto individualista e indipendente, vuole unirsi all'euro e vuole integrarsi all'Unione Europea. Essi che sono ricchissimi non potrebbero sopravvivere in questo secolo di cui parliamo se non si uniscono . Ecco la lezione reale. Non voglio dilungarmi ancora, voglio soltanto dirvi che, in realtà, ho ascoltato con molta attenzione e con molto interesse tutto quanto è stato detto; credo che tutti coloro che hanno parlato hanno detto cose interessanti.
In modo particolare - e credo che voi sarete d'accordo con me - merita un riconoscimento ciò che è stato motivo di gioia, si tratta della presenza del presidente del Venezuela, Hugo Chávez, che con l'appoggio di un mare di popolo ha deciso di cambiare le condizioni di vita del suo paese; un paese che potrebbe essere oggi, più sviluppato della Svezia, ha molte più risorse della Svezia, ha talento, ha delle università. E lui sa molto bene, e lo sappiamo tutti - lui l'ha detto -, che l'indice di povertà critica nel Venezuela supera l'80%, il ceto medio non è diretto alla standarizzazione, la categoria C del ceto medio integra ormai il settore della povertá. Sono impensabili le cose che accadono; lui vuole cambiare tutto questo. Però, mi sono sembrate molto nobili le sue parole, molto sane, molto spontanee.
L'ha detto Chávez ieri e me l'ha detto veramente in due parole. Non ne avevamo mai parlato, né abbiamo mai chiesto nulla, perchè non ci piace chiedere, lo diciamo sinceramente. Ci siamo abituati a non ricevere, all'isolamento, all'apartheid e, inoltre, a cercare di realizzare i nostri doveri morali nei confronti degli altri, consapevoli che facciamo parte della specie umana.
Qualcuno disse che Martí parlò sul fatto che la patria era latinoamericana; Martí disse di più: Patria è Umanità, che è un concetto molto più esteso.
Il giovane Presidente del Venezuela è un bolivariano convinto e qui ha manifestato tale pensiero. Ma lui ci aveva detto...Ieri mi ha detto, e se mi autorizza lo dico, altrimenti rimango zitto (Risate). Visto che l'hai detto tu mi sento nel diritto di dirlo. Lui ha detto che voleva includere altri paesi, non so quali siano, ma immagino che ce ne siano alcuni; ma mi ha detto che voleva che Cuba avesse gli stessi vantaggi che hanno i paesi che appartengono all'Accordo di San José. Sono rimasto meravigliato, sorpreso, colpito, perchè, infatti, non avrei mai pensato di chiedergli una cosa del genere. (Applausi)
E dico di più, che sia Cuba l'ultimo paese di cui preoccuparsi; se ve ne sono altri nei Caraibi con meno risorse di Cuba, si dia ad essi la priorità lasciando Cuba per ultimo, in modo semplice, quando avrete migliori prezzi per il petroleo e sarete in migliori condizioni. Siamo disposti ad aspettare, è da 40 anni che aspettiamo, Chávez, ma la tua idea ci commuove, e sono sicuro che tutti qui la riceveranno con molto piacere.
Tuttavia, ho osservato bene i fatti, sto osservando da 40 anni. Almeno ho il privilegio della stabilità (Risate); forse anche Patterson gode del privilegio della stabilità, e in Europa la Tatcher lo ha avuto per 15 o 16 anni; Kohl ne aveva raggiunto 16 e ne voleva 20 (Risate). Io, in realtà, non voglio nulla, è il destino che mi ha dato un lavoro e lo sto seguendo, finchè ci sarà consenso, che è il principio democratico essenziale; nessuno che non abbia il consenso del popolo e l'appoggio del popolo deve avere alcuna carica, né nessuna responsabilità, veramente. Allora, io la penso così, che altri sono rimasti a lungo.
Vengo criticato perchè mi hanno designato in quella carica, o mi sono designato io stesso senza volerlo, non so, perché abbiamo fatto una rivoluzione alle soglie degli Stati Uniti e abbiamo lottato duramente. La stabilità ci ha servito per sopravvivere, ma quando decideranno i miei compagni, in primo luogo, o quando non sarò capace, potete essere sicuri che non sarò più ad annoiarvi in questa sede, forse verrò come ospite quasi dimenticato, come capita quando si lasciano da parte le cariche e le cose. Ma, badate, voi offrite sempre loro in premio un piccolo applauso (Risate), l'ho già visto, e così abbiamo applaudito in questa sede al salvadoregno, con molto piacere. Lui non mi applaudisce mai, sapete?, voglio che lo sappiate (Risate), ma io l'applaudisco sempre; essere rivoluzionario non significa essere scortese, bisogna lottare per l'unità e tutte quelle cose.
Voglio sottolineare questo. Mi è piaciuto molto aprire un'università per i Caraibi nel Venezuela; allora ne avremo due, Chávez, conta sulla nostra collaborazione. Le università di Cuba sono al servizio dei Caraibi, e i dirigenti dei Caraibi sanno che non ci sono limiti al numero d'ingegneri, architetti, medici che vogliano formare.
In poche settimane, dopo gli uragani, si è costituita una scuola di medicina latinoamericana che ha già circa 1 000 studenti. A settembre cominceranno le lezioni circa 1 800 studenti latinoamericani, escludendo quelli di Haiti perché la diversità di lingue rende più difficile l'istruzione, quindi apriremo un'altra scuola per gli haitiani nella zona più vicina al suo paese, nella parte orientale, dove impareranno prima lo spagnolo.
I caraibici sono presenti in tutte le università del nostro paese e non hanno limite di quantità. E ci riempie di gioia questa idea di Chávez perché egli conosce l'importanza del capitale umano, della preparazione necessaria in questa era per occupare un posto in questo mondo.
Ringrazio molto anche Patterson della sua evocazione e le sue parole, che ho ascoltato con molto interesse.
E ringrazio infinitamente voi tutti per avere avuto la pazienzia di ascoltarmi.
Grazie
(Ovazione)