MESSAGGIO AI PARTECIPANTI ALLA RIUNIONE MINISTERIALE DEL GRUPPO DEI 77
L'Avana, 19 settembre 1999
Distinti partecipanti alla Riunione Ministeriale del Gruppo dei 77;
Vogliate ricevere il mio fraterno saluto. Ero molto interessato in partecipare personalmente a questo incontro. Non è stato possibile
Le mie parole hanno lo scopo di esprimervi, innanzitutto, il mio onore e anche la responsabilità che Cuba assume ospitando all'Avana il Vertice Sud, che si terrà dal 10 al 14 aprile dell'anno prossimo.
Questo importante incontro di alto livello convocato dal nostro Paese secondo l'accordo della Riunione Ministeriale del Gruppo dei 77 e la Cina, tenutosi un anno fa, nel settembre 1998, si svolgerà in circostanze storiche di vitale importanza per il mondo, e soprattutto per la parte meno favorita, cioè i Paesi rappresentati in questa sede.
Il Gruppo dei 77 necessita di riflettere collettivamente su come fronteggiare le nuove realtà mondiali per accedere allo sviluppo, eliminare la povertà, difendere le culture ed occupare il luogo che gli spetta nell'adozione di decisioni globali che danneggiano tutti.
Dalla sua costituzione nel 1963, questo Gruppo ha svolto un ruolo importante come rappresentante del Sud e nella difesa dei pròpri interessi in molteplici negoziati. Siamo un insieme di Paesi caratterizzati dalla diversità geografica, culturale e dai livelli di sviluppo economico.
Tale diversità non deve essere una debolezza, ma una forza.
Nella riflessione serena e nello scambio sincero d'idee, troveremo le vie per includere i legittimi interessi di tutti i Paesi membri, grandi o piccoli in quanto a estensione geografica, di questa o quella regione, di questa o quella cultura, continentali oppure insulari.
Oltre la diversità come fattore di unità e di coesione, condividiamo la condizione di gruppo di paesi a cui scarsamente - e molte volte per niente - arrivano i vantaggi dell'attuale ordine mondiale con le brillanti tecnologie, l'espansione di mercati e le bolle di sapone finanziarie.
Ci troviamo alle soglie di un nuovo millennio, di fronte alle enormi sfide del nuovo ordine mondiale unipolare e ad un processo di globalizzazione che va avanti impetuosamente formando un mondo con maggior potenziale tecnologico di quello di prima e anche con maggiori disuguaglianze ed esclusioni.
La globalizzazione è il processo storico che definisce lo scenario mondiale in questa fine millennio.
Si tratta di una realtà irreversibile, caratterizzata dalla crescente relazione tra tutti i Paesi, economie e popoli in virtù dei grandi progressi scientifico-tecnici che hanno accorciato le distanze e fatto realtà le comunicazioni e la trasmissione d'informazione fra Paesi situati in qualunque luogo del pianeta.
La globalizzazione, con i suoi impressionanti successi tecnologici, rappresenta un enorme potenziale per lo sviluppo, l'eliminazione della povertà e il fomento del benessere in condizioni di parità sociale per tutta l'umanità. In precedenza, non avevamo mai avuto risorse tecnologiche tanto formidabili quanto quelle di oggi.
Ma, il mondo è ben lungi dal veder realizzate tali possibilità che offre la globalizzazione. Essa si svolge oggi sotto il dominio della politica neoliberale, che impone un mercato senza regolazione e una privatizzazione ad oltranza.
Invece di fare realtà la diffusione dello sviluppo in un mondo sempre più interdipendente e, quindi, più bisognoso di partecipare al progresso, la globalizzazione neoliberista ha inasprito le disuguaglianze e aumentato a livelli estremi la mancanza di equità sociale e i più irritanti contrasti fra l'opulenza e l'estrema povertà.
Se nel 1960, la differenza di entrate fra il 20% più ricco della popolazione mondiale che vive nei Paesi sviluppati e il 20 % più povero che vive nel Terzo Mondo era 30:1, nel 1997 questo rapporto era 74:1.
Il culto al mercato senza regolazione ha favorito la progressiva convergenza nei livelli di sviluppo, ma gli ultimi due decenni hanno portato con sè il maggior concentramento di guadagni e di ogni tipo di risorse e ad un approfondimento dell'abisso fra nazioni sviluppate e sottosviluppate.
I Paesi membri della OCSE, che rappresentano il 19% della popolazione del pianeta, concentrano il 71% del commercio mondiale dei beni e dei servizi, il 58% dell'investimento straniero diretto e il 91% di tutti gli utenti di Internet.
Evidentemente, le opportunità della globalizzazione si distribuiscono molto disugualmente sotto le condizioni del culto alla concorrenza nel mercato e alla riduzione nel ruolo dei governi fino a diventare destinatari passivi di decisioni adottate nei centri del potere finanziario.
Perché la globalizzazione faccia diventare realtà il suo enorme potenziale di beneficio per l'umanità, deve essere accompagnata di un nuovo ordine mondiale, giusto e sostenibile, che includa la partecipazione dei Paesi del Terzo Mondo alla presa di decisioni globali; la trasformazione profonda del sistema monetario internazionale, adesso dominato dal privilegio di cui usufruisce una moneta nazionale; un approccio integrale allo sviluppo che eviti la separazione del commercio, l'investimento e le finanze in sfere indipendenti per esercitare più facilmente il dominio dei Paesi sviluppati. Necessita, inoltre, della riduzione della crescente distanza fra il gruppo di Paesi più ricchi e la stragrande maggioranza di Paesi poveri, la cessazione delle pratiche protezioniste in aperta contradizione con la retorica di liberalizzazione tante volte ripetuta.
La globalizzazione non può distendere il proprio potenziale di progresso e sviluppo per tutti e non solo per una minoranza privileggiata, senza un dialogo fra i paesi sviluppati e il Terzo Mondo, ampio, consapevole e con intera comprensione delle responsabilità comuni che la stessa globalizzazione esige, ma anche delle differenze di sviluppo che rendono ingiusto e assurdo chiedere uguaglianza di impegni fra parti profondamente disuguali.
Innanzittutto, questo dialogo deve tenersi fra parti con uguali diritti e non un monologo in cui al Terzo Mondo spetti il ruolo di ascoltare il discorso su quello che deve fare per meritare certificati di buona condotta.
Sono molti i punti da includere nell'agenda di questo dialogo. Nuovi conflitti e crescenti disuguaglianze richiedono di un negoziato dove la nostra capacità di accordo quale Gruppo dei 77 e di un comportamento negoziatore intelligente, flessibile e fermo nei principi, sono condizioni indispensabili per arrivare ad un dialogo Nord-Sud rinnovato e in grado di essere all'altezza delle immense sfide globali che affronta l'umanità, soprattutto, la necessità di globalizzare lo sviluppo su basi sostenibili di preservazione dell'ambiente e di equità sociale.
Per i nostri Paesi è primordiale mettere a punto la loro agenda, definire le nostre priorità e concordare i nostri atteggiamenti nei confronti del negoziato. Temi come quello del debito estero del Terzo Mondo e il pesante carico del suo servizio, che asfissia molti dei nostri Paesi; il sistema monetario e finanziario internazionale, agitato da frequenti crisi finanziarie che rendono instabile l'economia mondiale e che incidono con particolare rigore sui paesi poveri; il sistema multilaterale di commercio, dominato da regole estremamente liberali imposte dai Paesi sviluppati e da loro violate ogni giorno mediante il protezionismo selettivo; le sfavorevoli tendenze dei prezzi dei prodotti basilari su un mercato mondiale dominato sempre di più da grosse multinazionali con vendite annue superiori al prodotto interno lordo di molti dei nostri Paesi, sono alcuni dei punti che dobbiamo esaminare e concordare. Le disparità e i pericoli contenuti nelle norme per il commercio di servizi e per la proprietà intellettuale, così come la diminuzione dell'aiuto ufficiale allo sviluppo fino a livelli sempre più lontani dagli impegni contratti dai Paesi sviluppati, sono anche aspetti importanti che dovranno essere analizzati.
Il Sud ha bisogno del Sud. La cooperazione fra i nostri Paesi è uno dei temi su cui deve porre maggior enfasi il Vertice che terremo all'Avana mediante interventi concreti e meccanismi innovativi. La promozione della cooperazione Sud-Sud è la nostra via per condividere le nostre esperienze e capacità.
Il tema della conoscenza e la tecnologia è di particolare importanza nella nostra agenda perché ci consente di affrontare i problemi che decidono, in buona misura, il futuro dei nostri Paesi.
Dobbiamo affrontare urgentemente la situazione d'indigenza del nostro gruppo di Paesi sullo scenario delle reti globali d'informazione, di Internet e di tutti i mezzi moderni di trasmissione d'informazione ed immagini. Questo brillante mondo di scambio di conoscenze tramite immagini continua ad essere straneo e vietato ai nostri Paesi.
Per accedere ad Internet occorre almeno saper leggere, avere una linea telefonica, un computer e parlare la lingua inglese in cui appare l'80% dei messaggi contenuti in qualunque rete. Qualunqe di questi requisiti, e, ancora di più, tutti insiemi, sono difficilmente attuabili in molti dei Paesi del Gruppo dei 77.
Infatti, negli Stati Uniti e in Canada, con meno del 5% degli abitanti del pianeta, vivono più del 50% degli utenti di Internet, e negli Stati Uniti vi sono più computer che nel resto del mondo.
La base di quest'enorme disuguaglianza risiede nelle scarse possibilità di ricerca legate allo sviluppo. L'84% della spesa mondiale in ricerca-sviluppo spetta solo a 10 Paesi.
Le nuove tecnologie delle comunicazioni hanno diviso il mondo fra collegati e non collegati alle reti globali.
Collegarci alle conoscenze e partecipare ad una vera globalizzazione dell'informazione che significhi partecipare e non escludere, che metta fine al furto di cervelli, è un imperativo strategico per la sopravvivenza delle nostre identità culturali alle soglie del prossimo secolo.
Per Cuba è molto importante che i 133 Paesi che facciamo parti del Gruppo dei 77 discutiamo i nostri punti di vista su queste decisive questioni e che adottiamo strategie comuni per difendere i nostri interessi in un mondo unipolare dove sono sempre più evidenti le tentative di pochi di spazzare via i principi del Diritto Internazionale stabiliti nella Carta delle Nazioni Unite, che per più di mezzo secolo hanno presieduto i rapporti tra tutti i Paesi. Non solo i principi del diritto internazionale, perfino l'esistenza degli Stati medi e piccoli è in pericolo. Gli si esige anche di smettere di respirare perchè le grosse imprese multinazionali e alcuni Stati superpotenti, sotto l'egide di uno di essi, decidano tutto. Tale filosofia non è solo inaccetabile ma, piuttosto, assolutamente insostenibile.
Il Vertice Sud all'Avana sarà il contesto adeguato per concordare i nostri atteggiamenti di fronte all'Assemblea e il Vertice del Millennio, in difesa di un mondo con giustizia sociale e possibilità reali di sviluppo per tutti i popoli del pianeta.
Cuba mette a disposizione del Gruppo dei 77 le proprie esperienze nella pratica della cooperazione. Solo nel campo della salute, oltre 25 mila medici cubani hanno prestato servizi in decine di Paesi del Terzo Mondo, e attualmente una cifra superiore ai 1.200 medici e specialisti della salute lo fanno assolutamente gratis in Centroamerica, Haiti e il nord dell'Africa subsahariana; altre migliaie in più sono pronti per realizzare tale compito. Non per lavorare nelle capitali o importanti città ma in paesini e luoghi isolati, dove sono più necessari. Milioni di vite potrebbero salvarsi con questo modesto ma sincero e solidale sforzo, apportando le risorse umane necessarie. Funziona già all'Avana la Scuola Latinoamericana di Medicina, con un'iscrizione di 2.000 studenti provenienti da 18 Paesi della regione. Questa'iscrizione aumenterà a 3.000 fra pochi mesi. E in tre anni, la cifra di studenti di medicina dei caraibi e dell'America Latina arriverà ai 6.000. Nell'Africa cooperiamo nella creazione e sviluppo di centri superiori d'insegnamento di medicina.
Lavoriamo velocemente nello sviluppo di vaccini contro l'AIDS e altre malatie tropicali mortifere. Una nuova concezione del ruolo del medico nella società umana si sviluppa con incontenible forza. Un piano simile per spingere lo sviluppo dell'educazione fisica e lo sport nel Terzo Mondo è ormai in moto con l'invio di allenatori e la creazione di un centrosuperiore di professori di educazione fisica e sport. La cooperazione nella formazione di quadri scientifici e tecnici arriva ad altre branche. Siamo sul punto di concludere e mettere in fase di prova un sistsema per insegnare a leggere ed a scrivere mediante la radio, il che consentirebbe, con un numero insignificante d'insegnanti e una piccola spesa di risorse economiche e materiali, di alfabetizzare centinaia di miglioni di persone del Terzo Mondo che vivono in posti isolati, che altrimenti avrebbero bisogno di milioni d'insegnanti e decine di miliardi di dollari ogni anno - una cosa irraggiungibile.
Escusatemi se affronto tali fatti. Voglio solo dirvi che abbiamo infinite possibilità e che si può fare molto con un po' di spirito di solidarietà e cooperazione internazionale. Cuba è un piccolo paese che ha subito per quarant'anni la rigorosa ed implacabile guerra economica. Cosa non si potrebbe raggiungere se i nostri paesi lavorassero strettamente uniti. Non solo l'attuale civiltà si potrebbe salvare, ma anche garantire la sopravvivenza della nostra specie.
Solo uniti saremo in grado di farci sentire, di lottare per i nostri interessi, di difendere il nostro diritto alla vita, allo sviluppo e alla cultura.
Ci auguriamo che ognuno di voi trasmetta ai vostri capi di Stato e di Governo, assieme alla mia più grande considerazione e rispetto, queste riflessioni ed il desiderio di Cuba di accogliervi all'Avana nell'aprile dell'anno prossimo, come abbiamo ormai promesso nel concordarsi tale incontro.
Fraternalmente
Fidel Castro Ruz