Discorso pronunciato dal Comandante in Capo Fidel Castro Ruz, Primo Segretario del Comitato Centrale del Partito Comunista di Cuba e Presidente dei Consigli di Stato e di Ministri, nella cerimonia d’inaugurazione dei Corsi per Lavoratori Zuccherieri, nelle aree dello zuccherificio “Eduardo García Lavandero”, nel municipio Artemisa, il 21 ottobre 2002. “Anno degli Eroi Prigionieri dell’Impero”.
(Versioni
stenografiche – Consiglio dello Stato)
Cari
lavoratori zuccherieri,
Cari nuovi studenti,
Sicuramente il giorno d’oggi diventerà storico. Come è stato detto, per la prima volta si mette in pratica il concetto dello studio come impiego, e, senza dubbio, in uno degli impieghi più importanti. Ma non è questo l’unico fatto che celebriamo qui oggi. Oltre a celebrare l’inizio d’un ambizioso e grandioso programma d’istruzione per i lavoratori zuccherieri, stiamo anche celebrando la creazione d’un contingente di varie migliaia di lavoratori, eccedenti, potremmo dire, dopo la ristrutturazione dell’industria zuccheriera. Sono, quindi, due cose.
Per capire il significato y la necessità della ristrutturazione, bisogna
fare riferimento alla storia; sono certo che non resterà alcun dubbio e che
questa misura di grande utilità e valore per l’economia segna l’inizio d’una
nuova tappa nel settore zuccheriero in estremo promisoria.
Il silenzio è quasi assoluto in questo atto dove sono riunite 10 mila
persone.
Dicevo che era imprescindibile riferirsi alla storia della produzione e
dell’industria dello zucchero. S’iniziò
oltre 150 anni fa. Durante la prima
metà del XIX secolo, il prodotto più importante anche per l’esportazione era il
caffè; per qualche tempo lo fu il tabacco, bisogna ricordare le prime lotte
nella nostra storia dei coltivatori di tabacco di Santiago de la Vegas che si
ribellarono contro quello che chiamavamo, mi pare, la stanga del tabacco (nel
‘700, divieto imposto dal governo coloniale spagnolo ai coltivatori di tabacco
di vendere il loro prodotto; N.d.T.).
Penso che molti dei nostri compatrioti conosceranno quell’epoca grazie
agli attuali corsi di storia. La canna
da zucchero, il tabacco e il caffè erano fonti di guadagno molto importanti per
il paese.
Ho letto sui due uragani quasi consecutivi, con forza 4 e 5, venti di
oltre 300 km, che ebbero luogo tra il 1835 e il 1845 e che praticamente
spazzarono via le piantagioni di caffè nell’occidente di Cuba. In quell’epoca le piantagioni di caffè non
erano sulle montagne, ma nei terreni vergini, principalmente nella zona
dell’attuale provincia dell’Avana. Si
estendevano fino a Matanzas verso l’est e a Cayajabos verso l’ovest , dove si
conservano ancora alcune rovine delle tenute degli agricoltori francesi che,
provenienti da Haiti, giunsero a queste regioni –ovviamente il primo luogo fu
l’attuale provincia di Guantánamo, molto vicina a Santo Domingo e ad Haiti--,
quando ci fu, quasi agli inizi di quel secolo, nell’800, una grande ribellione
dell’enorma massa di schiavi dedicata lì alla produzione di caffè.
Fu allora, quando quella colonia francese era la fornitrice di caffè del
mondo, che molti dei grandi proprietari di piantagioni di caffè emigrarono
all’isola di Cuba. In occasioni
portavano con sé una parte delle dotazioni di schiavi; ma il loro apporto
fondamentale era l’esperienza, e trovarono ottime condizioni nella suddetta
provincia, in modo tale che durante la guerra del 1868 fu imprescindibile che i
patrioti lanciassero un’offensiva sulla medesima.
Logicamente tutti quegli oligarchi e schiavisti, produttori di caffè,
appoggiavano il governo coloniale, e furono molto dure le battaglie. Fu Máximo Gómez a dirigere l’offensiva, e
c’erano anche i fratelli Maceo.
La storia ci racconta su violenti combattimenti. Ognuna delle tenute di caffè divenne quasi
un fortino; le piantagioni caffearie arrivavano fino alle vicinanze di Santiago
de Cuba. Nelle prossimità della Gran
Piedra, ci sono ancora delle rovine di quelle tenute di caffè. Le abbiamo visitate in qualche occasione, e
siamo rimasti meravigliati dal livello tecnico raggiunto, dal modo in cui
utilizzavano il fertelizzante, sopratutto la calce, per creare le condizioni di
suolo ideali per il caffè, le correnti d’acqua servivano per il lavaggio el
caffè, si realizzavano tutte le operazioni che oggi realizzano le macchine. Là, vicino a Santiago, ci sono delle rovine,
come dicevo ci sono anche a Cayajabos,
nella zona montuosa che limita con Pinar del Río. Ma in realtà il grande sviluppo caffeario si produsse qui, nella
provincia L’Avana, nelle fertili pianure, sulla base della mano d’opera
schiava.
Quando i suddetti fenomeni naturali praticamente spazzarono via le
piantagioni di caffè, si diffuse la coltura della canna da zucchero.
In precedenza, Cuba era diventato il principale produttore ed esportatore
di caffè del mondo, e i proprietari di quelle piantagioni caffearie, i proprietari di quelle terre, e
degli schiavi, svilupparono la coltura della canna da zucchero, e Cuba divenne
anche –non ricordo che ci fosse allora altro paese— il principale produttore ed
esportatore di zucchero.
In quei tempi il numero di schiavi era di circa 300 000; la maggior parte
si dedicava, ovviamente, ai lavori della coltura e raccolta della canna da
zucchero e alla produzione dello zucchero.
Da allora cominciò a crearsi un mercato negli Stati Uniti per lo
zucchero di Cuba; ma Cuba forniva anche
zucchero alla Spagna, all’Europa in generale, ma presto gli Stati Uniti
cominciarono a essere il principale mercato dello zucchero cubano. Questo è il motivo per il quale quando si
proclama il blocco e l’annullazione delle quote zuccheriere di Cuba, dopo il
1959, si distrugge un mercato creatosi durante più di un secolo.
Nasce allora l’idea secondo cui senza zucchero non c’è paese, la quale
fino a pochi anni fa è stata una realtà; non esistevano questi grandi
zuccherifici, capaci di produrre decine di migliaia di tonnellate di zucchero,
alcuni producevano oltre 100 mila tonnellate,
non lo so con precisione ma credo che tra le province di l’Avana e
Matanzas c’erano circa 1000 piccoli zuccherifici, dove non si usava ancora il
vapore, si usava la trazione animale; comunque si fecero dei progressi durante
la seconda metà di quel secolo (XIX), e si crearono dei zuccherifici più grandi
e moderni. In quella s’iniziò
l’ntroduzione delle macchine a vapore, cresceva quindi la capacità della suddetta
industria e, di conseguenza, cresceva anche la produzione zuccheriera. L’industria zuccheriera cubana costituiva il
principale sostegno della colonia spagnola, infatti, da essa provenivano le
principali entrate della Spagna. Aveva
perso tutte le altre colonie del continente, ma a questa colonia la chiamavano
il gioiello della corona, soprattutto per le sue produzioni di zucchero.
L’idea centrale di Máximo Gómez, Maceo e dei grandi capi della guerra del 68, la cosiddetta Guerra dei Dieci Anni, era quella d’invadere l’occidente dell’isola, perché la guerra s’inizia in una zona orientale, dove c’erano molti contadini o produttori indipendenti, sebbene alcuni erano dei grossi proprietari terrieri, e molti erano contadini indipendenti: Solo a Guantanamo non prevaleva il sistema della schiavitù, e fu proprio lì dove s’iniziò la guerra. C’erano alcuni zuccherifici, Carlos Manuel de Céspedes ne aveva uno, e il primo atto da lui realizzato quel 10 Ottobre del 1868 fu la liberazione degli schiavi. Non erano province schiaviste, ribadisco, piuttosto erano di agricoltori e allevatori, anche se quella zona da dove cominciò la guerra era piena di piantagioni di canna. A Camagüey, c’era soprattutto bestiame, non c’era una produzione di zucchero importante; Las Villas, aveva ormai maggior quantità di centrali, ma erano province principalmente d’agricoltori. Per questo la guerra che scoppia in quelle zone orientali, si estende con facilità a Camagüey e a Las Villas.
Si tenta nel possibile di estendere l’invasione; i mabises cercavano di raggiungere la zona che sosteneva la colonia spagnola, che sosteneva l’esercito spagnolo con le sue produzioni e con i suoi guadagni. Quando comincia l’ultima Guerra d’Indipendenza –ci fu prima la cosiddetta Guerra Chiquita—nel 1895, l’idea di Martí era quella di una guerra rapida, che s’iniziasse contemporaneamente in ogni parte; purtroppo s’inizia in condizioni precarie, difficili, note a tutti, persero lla fornitura di armi, comunque si svolge la lotta con lo sbarco di Maceo nella zona di Baracoa e con quello di Martí, nella zona di Playitas, nell’odierna provincia di Guantánamo.
La rivolta in Oriente è grande, presto si propaga, e sin dal primo momento prevale l’idea d’invadere l’occidente del paese, con la strategia di portare la guerra a tutto il paese e, fondamentalmente, distruggere la fonte principale che sosteneva il governo spagnolo e la fonte principale dei guadagni per il bilancio coloniale di Spagna; questa storia è conosciuta da tutti. Si sa che i zuccherifici furono distrutti, le piantagioni di canna bruciate. E quell’invasione arrivò fino a Mantua; non restò in piedi nemmeno una piantagione in tutta l’isola. Vedete che grossa influenza aveva la canna già in quel tempo per la vita del paese.
Quando si concluse quella guerra, con l’intervento degli Stati Uniti, s’iniziò la ricostruzione dell’industria zuccheriera; innanzi tutto il ristabilimento delle piantagioni già esistenti, e in seguito, la creazionedi enormi piantagioni di canna nelle province di Oriente e di Camagüey. Gli interventori statunitensi avevano le condizioni ottimali, ideali, per investire in questa industria, in questa produzione che era rimasta distrutta negli ultimi anni della guerra. E fu così che, in parte con capitale creolo, però fondamentalmente con capitale nordamericano, si ristabilì l’industria e si estese la coltivazione in quelle zone, che posiamo chiamare vergini, tra Camagüey a Guantanamo.
In realtà, grandi piantagioni di boschi, di caobas e di legno pregiato, vennero tagliate ed il legno utilizzato come combustibile per i zuccherifici. In quell’epoca non c’era nemmeno un mercato per il legno pregiato, perché abbondava nell’emisfero e in altre parti. Così si crearono le piantagioni, cui mi riferì quel giorno ad Holguín dove c’erano, sotto un tremendo acquazzone, 400 000 abitanti di questa regione, e gli enormi latifondi che circondavano il luogo dove sono nato, nella zona di Birán. Ma di questi enormi latifondi ce n’erano da per tutto, alcuni avevano più di 100 000 ettari, come per esempio l’United Fruit Company; altre compagnie arrivarono ad avere 200 000 ettari di canna da zucchero. La forza lavoro non era sufficiente e si produssero così le grandi emigrazioni delle Antille, decine e decine di migliaia di caraibici, per la prevalenza haitiani.
Alcuni anni prima era stata abolita la schiavitù, mi sembra nel 1886, senza però che questo portasse ad un miglioramento: le condizioni di vita degli ex schiavi continuarono ad essere le stesse, se non peggiori, questo perché quando uno schiavo moriva, i padroni perdevano capitale, invece dopo l’abolizione non importava loro niente se perdevano la vita, si ammalavano o se soffrivamo la fame. Nessuno si prendeva cura di loro.
L’economia del paese cominciò a girare attorno alla raccolta della canna da zucchero e al cosiddetto “tempo morto”. Però non ci sono dubbi che la produzione dello zucchero era la spina dorsale del paese, gli altri erano prodotti destinati all’autoconsumo.
Il caffè appariva come un settore meno importante. Quando l’occupazione nordamericana, e con l’imposizione di un governo neocoloniale, si celebrarono accordi commerciali che limitavano perfino lo sviluppo di altre coltivazioni; al paese fu concesso il mercato che aveva già e quello crescente che, a partire da questo momento, fu il mercato degli Stati Uniti. Le nuove produzioni si esportavano verso il suddetto paese, ma mediante un accordo che prevedeva l’acquisto di zucchero, a condizione, però , di limitare le produzioni di altri articoli alimentari, come il riso. Comunque queste entrate non erano le entrate del popolo cubano, … al popolo cubano restavano gli avanzi, i resti, gli spettava qualcosa per i servizi che svolgeva durante la raccolta della canna o nelle coltivazioni tra raccolta e raccolta; il paese viveva della canna da zucchero, e si poteva dire: “Senza zucchero non c’è paese”.
Questa realtà continuò ad essere una verità fino a 10 o 12 anni fa. Ci furono tempi migliori e peggiori. Quando c’erano guerre, allora il fornitore di tutto lo zucchero di cui avevano bisogno gli Stati Uniti era Cuba, cosa curiosa, paradossale, direi persino immorale: ogni volta che c’era una grande guerra, nasceva l’allegria tra gli agricoltori e coloni, perché grazie alle guerre, il prezzo dello zucchero saliva, e saliva parecchio.
Quando si produsse la Prima Guerra Mondiale, a cui gli Stati Uniti parteciparono, nella seconda parte, il paese si convertì, in pratica, nell’unico fornitore di zucchero di questa nazione, molte delle produzioni di zucchero erano di compagnie nordamericane proprietarie di grandi piantagioni di canna da zucchero.
Ricordo che dopo quella guerra, e dopo la distruzione e i problemi che cagionò, ci fu una grande domanda di zucchero. Mi sembra che il prezzo arrivò a 20 centesimi la libbra, un prezzo enorme per quei tempi – ma questo bisogna cercarlo negli archivi.
Sorse così, dopo la guerra, un breve periodo di cui sentivo parlare quando ero ragazzo, era chiamato “il periodo della danza dei milioni”. Ormai nessuno parla più di questo, però di questo si parlava molto negli anni trenta e quaranta, quando il prezzo dello zucchero salì di sei o sette volte. Certo, non era la danza dei milioni del popolo; era la danza dei milioni delle grandi imprese zuccheriere, dei padroni dei zuccherifici; il popolo riceveva, comunque, qualcosa, gli avanzi, e non erano uguali gli avanzi in un’epoca in cui lo zucchero valeva tre o quattro centesimi, che quando raggiungeva prezzi di 20 o più centesimi di dollaro la libbra.
La danza dei milioni non durò molto. Improvvisamente il prezzo dello zucchero crollò, e ciò che ne seguì fu la catastrofe. Non si sa quanti industriali persero le industrie, quanti persero le terre, i proprietari di zuccherifi persero anche le loro proprietà che vennero acquistate da altre imprese nordamericane, o da latifondisti di nazionalità cubana che avevano molto denaro.
Quindi, dopo la danza dei milioni venne la catastrofe. Calcolate quante sofferenze significò ciò per il popolo che non aveva niente, nemmeno la terra, anche se la popolazione allora non era tanto numerosa.
La situazione dell’operaio dell’industria dello zucchero, che era la più importante fonte d’impiego del paese, era molto dura. Non potrei dire adesso con precisione quante persone vi lavoravano, forse 200 000, 300 000 o più –non ho la cifra precisa, sarà compito degli storici trovarlo--, nel momento in cui si produsse una catastrofe come quella, dopo la cosiddetta “danza dei milioni”.
Negli anni ’20 ci fu una lenta ripresa dei prezzi e dell’economia, fino a quando arrivò un’altra catastrofe: la crisi del 1929, quando crollò la borsa di New York. Ebbene, questa catastrofe colpì gli Stati Uniti, colpì tutto il mondo, e naturalmente anche il nostro paese, dando luogo a decine di milioni di disoccupati.
Questa crisi durò per molti anni e dal 1930 al 1933, si fece più forte. Lo zucchero raggiunse il prezzo di un centesimo la libbra, perché al di sopra della crisi internazionale, gli Stati Uniti stabilirono un’imposta per lo zucchero.
Alcuni storici ed economisti potrebbero fare una serie di studi per comparare il valore di acquisto di un centesimo di dollaro negli anni trenta, soprattutto nel ’32 e nel ’33. In quest’epoca Machado presiedeva il governo dell’Isola, la cosiddetta tappa del “machadato”, nasce una situazione estremamente difficile e dura, e le situazioni di estrema crisi, come si sa, favoriscono la lotta sociale, la ribellione ed processi rivoluzionari.
Stava per arrivare il grande processo rivoluzionario del nostro paese. Questo processo, dopo le Guerre d’Indipendenza, s’iniziò con quella crisi, sotto l’egide di un governo repressivo, sanguinario e, in generale, corrotto.
In quell’epoca si fecero alcune opere, come per esempio il Capitolio, o meglio, investirono nel Capitolio, oggi sede dell’Accademia delle Scienze, grazie a un prestito statunitense. Dopo, per un sacco d’anni, apparve un’imposta sulla scatoletta dei fiammiferi e su altri prodotti, che serviva per pagare quel prestito.
Si costruì anche un’opera utile: la Strada Centrale, nonché altre altrettanto utili; comunque, credo che il Capitolio lo costruirono un pollice più grande del previsto, guardate quale livello di imitazione e di sciovinismo, perché fosse più grande del Capitolio di Washington. Mi pare che il Capitolio, che abbiamo qui all’Avana, sia un pollice più grande dell’originale. Ebbene, glielo possiamo prestare. Basterebbe chiedere il permesso all’Accademia di Scienza, non è vero? In uno scambio di servizi, si potrebbe dare in affitto il nostro Capitolio, fratello gemello di quello di Washington. Questo era livello di imitazione che avevamo, ma con alcuni prestiti fatti nella prima tappa di quel governo vennero costruite alcune opere, quando non era ancora giunta la grande crisi del 1929.
Questa crisi si prolungò praticamente, fino al 1940, quasi fino all’inizo della seconda guerra mondiale; fu l’epoca in cui negli Stati Uniti, trionfò un grande statista: Roosevelt. Si può dire che lui salvò il capitalismo nordamericano, iniettando denaro nella circolazione, applicando determinate tesi di un famoso economista, secondo cui nel sistema capitalista, una delle forme di sviluppare l’economia era quella di dare capacità d’acquisto alle masse. Roosevelt iniettò denaro nella circolazione e, a poco a poco, cominciarono a riprendersi dalla crisi.
Adesso, anche i neoliberisti più recalcitranti, sono tentati di applicare tali misure, e qualche volta lo fanno. La stessa teoria di ridurre le tasse, che sono state ridotte negli Stati Uniti, fondamentalmente ai settori più ricchi, si ispira nel criterio che riducendo le tasse a decine di milioni di lavoratori, il loro potere d’acquisto si alza,quindi, cresce alla domanda dei prodotti e le fabbriche continuano a funzionare. Bisogna però dire che la situazione non è così semplice come queste teorie, però le notizie che ci arrivano sull’economia in generale non sono buone; negli stessi Stati Uniti la situazione è molto incerta; però il principio è quello di iniettare denaro.
Sebbene Roosvelt fece questo costruendo, investendo denaro in costruzioni e in spese pubbliche di ogni tipo; loro fanno, in qualche modo, la stessa cosa, riducendo le tasse; anche se di questo ne beneficiano più i ricchi che i poveri. Ciò significa semplicemente la possibilità che la gente abbia più soldi e ritorni ad acquistare auto, costruire case, insomma, che spenda i soldi in tutti quegli articoli suntuari, che sono diventati il simbolo delle società di consumo.
La sofferenza dei nostri lavoratori, e del nostro popolo in generale, in quegli anni di crisi fu terribile, 20 dopo non era stata ancora dimenticata, negli anni ’50 si parlava ancora degli anni del machadato; questo perché la gente identifica il “machadato” come gli anni della fame, della grande miseria, che, in realtà, indipendentemente dalle colpe dei governi corrotti, dipendeva dalla crisi economica mondiale, una seconda tappa della crisi dello zucchero. Ma arriva un’altra guerra, la Seconda Guerra Mondiale, e Cuba ritorna ad essere il fornito re principale di zucchero; i sottomarini tedeschi erano dapertutto, gli Stati Uniti erano in guerra in Europa e nel Pacifico, e lo zucchero lo ricevevano da Cuba. I prezzi, considerando il costo di produzione, erano ragionevolmente soddisfacenti; era un’industria redditizia, altamente redditizia, perché beneficiata da determinate quote preferenziali, che avevano un prezzo superiore a quello del mercato mondiale. Mi pare che il prezzo nel mercato mondiale era di quattro centesimi, non sono sicuro, quello della quota era di sei o sette, bisognerebbe controllare i relativi dati nei nostri archivi; comunque si trattava di entrate importanti per il paese.
Cuba aveva una quota zuccheriera tra i 3 e i 4 milioni – anche questo è un dato da precisare--; la lotta che Jesús Menéndez intraprese, cercava una miglior distribuzione di quei prezzi preferenziali, di quei guadagni, tra i lavoratori. Spiccò come leader indimenticabile dei lavoratori dello zucchero, chiedendo una più equa distribuzione di quelle enormi entrate; per far sì che i lavoratori ricevessero un po’ di più. Per questo tra i lavoratori zuccherieri esisteva una vera adorazione per Jesús Menéndez, vigliaccamente assassinato in seguito, all’epoca del maccartismo.
Prima che finisse la Seconda Guerra Mondiale, nel 1944, il governo costituzionale che succedette a quello di Batista, era formato da molti che nel 1933 avevano acquistato qualche fama e qualche merito; ma che, in realtà, non vedevano l’ora di arrivare a governare solo per speculare e rubare per ogni via possibile. Quando trionfa quel governo, ancora in piena guerra, scarseggiva il grasso, nonché altri prodotti, c’era un certo razionamento e c’erano coloro che facevano dei grossi affari vendendo i prodotti razionati. Al governo di Grau succedette quello di Prío, e mi sembra che fu tra la fine di uno e l’inizio dell’altro che cominciarono gli assassinii dei leader operai. Siccome i leader operai più prestigiosi erano quelli che aderivano al Partito Socialista Popolare, cioè a quello che era stato il Partito Comunista cominciarono a uccidere i dirigenti più rilevanti, quelli che avevano più peso e più prestigio, capaci di mobilitare i lavoratori; questa era la politica seguita nel nostro paese.
Quella guerra aveva affermato ancora una volta, che senza zucchero
non c’è paese. Forse sarebbe stata
l’ultima? No, mancava ancora un
importante capitolo della storia: il trionfo della Rivoluzione; e siccome ci
volevano strangolare cominciarono ad abbassare le quote dello zucchero fino
alla loro totale eliminazione, e per ottenere maggiore appoggio dall’OEA
(Organizzazione di Stati Americani) – quest’immondizia! – e dai paesi facenti
parte di quest’organizzazione, distribuirono una parte abbastanza grande della
nostra quota, pari a diversi milioni, tra i paesi latino-americani produttori
di zucchero. Come avrebbe detto Grau San Martin: “C’è dolce
per tutti”.
Di ciò beneficiarono anche alcuni paesi asiatici, le Filippine per esempio, lasciando il paese con il suo zucchero come principale fonte di lavoro e con prezzi mondiali inferiori sempre al prezzo preferenziale. Fu allora quando s’iniziò un’altra tappa per l’industria zuccheriera, forse la migliore di tutte; perché quando quelli smisero di acquistare lo zucchero – ciò non avvenne d’un colpo – i sovietici offrirono di comperare 1 milione di tonnellate di zucchero: questo fu il primo beneficio che ricevemmo dalle nostre relazioni con il campo socialista, dove trovammo un mercato; più riducevano la quota gli statunitensi e più compravano i sovietici, e quando eliminarono la quota, ci acquistarono lo zucchero ai prezzi del mercato mondiale.
Nei primi anni non c’erano prezzi preferenziali. Poi si rafforzò la campagna contro di noi, imposero il blocco. Ciò accadde nei primi mesi con i piani d’aggressione, i sabotaggi, l’invasione a Baia dei Porci, ecc. Mi sembra che la quota dello zucchero venne totalmente eliminata nel 1961, ora no mi ricordo bene, e avevamo già trovato il mercato nell’URSS. E più avanti, man mano che il blocco si rafforzava, anche loro (i sovietici) stabilirono un prezzo preferenziale. Nei primi anni era di 2 centesimi e poi, se c’erano oscillazioni, e una caratteristica dei prezzi sono le oscillazioni, loro ci pagavano l’alto prezzo del mercato mondiale. Il prezzo si elevò a sei, otto, nove e, generalmente, ogni volta che si produceva una di queste oscillazioni, loro mantenevano il prezzo, in maniera che lo zucchero cominciava a svolgere, o stava svolgendo, un ruolo fondamentale.
Ebbene, i sovietici non erano grandi fumatori. Il tabacco si vendeva in altre parti. Noi vendevamo altre produzioni e una parte del nostro zucchero nel mercato mondiale, per ottenere valuta convertibile, e lo facevamo anche nell’URSS, nonché in altri paesi socialisti nell’ambito dell’interscambio di merci.
Il comportamento sovietico fu straordinario. Ricordo che quando ci colpì quella strana e fulminante piaga nella canna, che ridusse considerevolmente le produzioni di zucchero e ci impedì di adempiere l’obbligo di consegnare lo zucchero convenuto, loro eseguirono tutte le consegne di merci pattuite, nonostante aver consegnato noi appena il 50% dello zucchero convenuto.
Trascorsero gli anni. I rapporti diventavano sempre più stretti. Loro ci compravano il nichel e altri prodotti; si svilupparono le piantagioni di agrumi, allo scopo fondamentale di somministrali all’URSS.
Si produsse così un fatto di straordinaria importanza. Quando stipulavamo un contratto per cinque anni, si stabilivano i prezzi dei prodotti, anche se ci potevano essere delle oscillazioni di prezzi. Noi, in virtù del fenomeno di interscambio disuguale, che poi è quello che regna nel commercio tra i paesi industrializzati e i Paesi sottosviluppati, osservavamo la capacità di acquisto di una tonnellata di zucchero; all’inizio del quinquennio era di X e alla fine era l’80% di X. Cioè, la nostra moneta, che era lo zucchero, si riduceva di valore, o di potere di acquisto perché i prezzi dei prodotti industriali crescevano – bisogna dire che in questi contratti si può fissare il prezzo dello zucchero e di alcuni prodotti, ma non di migliaia di articoli. Noi ritenevamo che bisognava cercare una formula per compensare questo, e così arrivammo all’accordo di quello che viene definito come “prezzo slittante”, cioè se i prezzi dei prodotti fondamentali che importavamo da loro aumentava, il prezzo dello zucchero aumentava in modo proporzionale.
Certo che noi compravamo centinaia, migliaia di articoli di ogni tipo: prodotti alimentari, industriali, trattori, camion, insomma tutto ciò che si poteva acquistare lì; importavamo di tutto: televisori, lavatrici, e il nostro popolo lo sa bene.
Credo che si fece un elenco dei prodotti sovietici indispensabili tra cui c’era il petrolio, perché loro erano nostri fornitori del petrolio, e questo successe prima che ci fosse il boom dei prezzi petroliferi.
Quando trionfò la Rivoluzione, il prezzo era di 14 dollari la tonnellata, non il barile; il prezzo del barile era di due dollari.
A causa dei conflitti del Medio Oriente, ci furono delle misure di risposta. Nacque un’organizzazione e i prezzi si elevarono considerevolmente, fino ad arrivare ad un massimo di 35 dollari il barile – non mi ricordo adesso l’anno esatto, bisognerebbe precisare – ; continuò a salire e poi a scendere per una ragione o per l’altra. La produzione di petrolio si incrementò molto. I paesi industrializzati cercavano sostituti.
Francia, ad esempio, sviluppò un piano di elettroatomica, fino a raggiungere l’80% della produzione dell’elettricità partendo dall’energia nucleare. Alcuni paesi, come l’Italia, non costruirono centrali nucleari, c’era molta resistenza fra la popolazione, e allora , alle prime ore dell’alba, quando l’energia avanzava ai francesi, gliela compravano, mi pare a 4 centesimi il chilowatt, fermavano le termoelettriche e importavano energia dall’eccedente francese a quelle ore. Le centrali termonucleari, per le loro caratteristiche tecniche, non si possono fermare senza spegnere il reattore; le termoelettriche, invece, possono fermarsi durante la notte, per risparmiare petrolio, che è troppo costoso, e impostare energia elettrica a basso prezzo.
In poche parole, i paesi industrializzati avevano vari vantaggi; prima di tutto, che tutto l’eccedente prodotto dai colossali prezzi, entrava nelle banche d’Europa e degli Stati Uniti. Avevano lì il denaro per comperare il petrolio di cui avevano bisogno e così il denaro ricircolava; non con i paesi del Terzo Mondo bensì con i paesi ricchi. Tuttavia, i paesi industrializzati cercavano motori di veicoli che raddoppiassero le distanze per litro o per gallone, o le triplicasse. I sovietici non avevano questa preoccupazione, poiché producevano fino a 600 milioni di tonnellate di petrolio e 700 000 milioni di metri cubici di gas, che equivale a 700 milioni di tonnellate; ciò vuol dire che l’URSS contava 1300 milioni di tonnellate di petrolio, oltre a qualche centrale nucleare, a parte quelle idroelettriche che avevano già costruito; come si vede di combustibile ne avevano anche troppo e la domanda mondiale non era tanto alta.
A volte penso che non si preoccupavano molto, perché sicuramente
non avevano posto per immagazzinare la benzina; per cui, per non buttarla nel
mare, la consumavano in motori che, come per esempio quello dello Zil, faceva 9
chilometri per gallone, e in alcuni autobus, soprattutto in veicoli a benzina,
camion, che era principalmente quello che noi compravamo; i motori a diesel
risparmiavano un po’ di più. Questo ha
una certa importanza per noi, perché questi furono i camion con cui rimanemmo
quando il petrolio finì. Fate i conti.
I paesi industrializzati applicarono le loro tecnologie, costruirono i loro centri di ricerca e altre cose, e moltiplicarono, diciamo, l’utilizzo dell’energia contenuta in una tonnellata di petrolio; in questo modo compensarono quegli incrementi di prezzo, per le vie segnalate o per altre; anche nell’industria risparmiarono combustibile, per produrre cemento, acciaio, qualunque cosa; il fattore più importante è sempre il “risparmio di energia”, risparmio di combustibile, e avevano i mezzi per sviluppare queste tecnologie, oltre al denaro depositato nelle loro banche.
I paesi del Terzo Mondo non avevano né denaro nelle banche né possibilità di sviluppare le tecnologie; riuscirono solo a indebitarsi straordinariamente, perché le banche, avendo così tanto denaro in deposito proveniente dal petrolio, prestarono denaro a molti paesi, tra cui ai paesi dell’America Latina. Quando trionfò la Rivoluzione, nei primi anni, 1959, 1960, mi sembra che il debito pubblico dell’America Latina era di 5 miliardi di dollari, praticamente non esisteva debito pubblico; crebbe un po’ dopo il trionfo della Rivoluzione, quando i vicini del Nord cominciarono a prestare denaro in condizioni agevolate che non avevano mai offerto ai paesi latinoamericani.
Quando arriva la danza dei milioni del petrolio, loro prestavano denaro proveniente dal petrolio, senza fare nessuna verifica; e così si sperperò denaro in quantità enormi. Però, in questi paesi latino-americani, avvengono altre cose: visto che il loro denaro, qualunque delle loro monete, sia il peso o il real, sono instabili, e negli ultimi tempi più che mai, allora, quando il denaro giunge lì, coloro che lo possiedono hanno la paura che sia svalutato; può succedere che colui che abbia 100 000 dollari si trovi un giorno con 50 000 o 20 000, o anche meno, a causa della svalutazione; quindi, la tendenza dei soldi che prestavano era quella di ritornare a loro, sia come pagamento delle importazioni sia come denaro evaso. Ecco come funziona l’economia, o meglio come funzionava, perché questo non durerà ancora per molto.
Il denaro del petrolio depositato nelle loro banche, quel denaro prestato al sud e dal sud di ritorno alle loro banche. In ognuno di questi giri ciò che resta è la miseria e ogni volta sempre più povertà e più disuguaglianza tra i paesi ricchi e poveri. In maniera tale che questo emisfero, che non aveva debiti, oggi deve all’incirca 900 miliardi di dollari, e le catastrofi, come quella dell’Argentina o dell’Uruguay, minacciano chissà quanti altri Paesi in mezzo a questa crisi economica, perché una parte importante delle esportazioni è necessaria per pagare questo gigantesco debito, che già hanno pagato una volta e lo stanno pagando ancora una volta e, siccome cresce ogni giorno di più, ci si deve chiedere: Quale sarà il futuro di questi paesi? Non occorre essere un grande conoscitore della storia né delle realtà economiche, per capire che li attendono una crisi dietro l’altra, fino a quando le crisi saranno universali e irrimediabili in questo emisfero.
Ciò che non si è mai visto e che, in un paese come l’Argentina, con due capi di bestiame pro capite, con 60 milioni di tonnellate di grano, autosufficiente nel petrolio, nel combustibile, con un determinato livello di sviluppo industriale, la metà della popolazione soffra la fame. Questo è il prodotto del capitalismo divenuto capitalismo neoliberista; in seguito la globalizzazione neoliberista comporterà le stesse situazioni.
Bisognerebbe chiedere ai teorici e ai cattedratici del Nord e di qualunque parte: come pensano di risolvere questi problemi?, perché appena trovano un sollievo, affondano in un altro problema più difficile. E per questa via le crisi si ripeteranno sempre di più. Supponendo che riescano ad uscire dalla crisi attuale, quanto durerà? Sono successe troppe cose in questi ultimi dieci anni, per poter pensare che ci potrà essere un periodo di crescita; quando uno pensa al fatto che ogni crescita rende più profondo l’abisso in cui sprofonderà il sistema a livello degli stessi paesi capitalistici e a livello mondiale.
Noi siamo adesso –il nostro paese-- cerchiati da questa crisi, impossibile che non ci danneggi, in un modo o in un altro; ma se qualcuno prova a confrontare la situazione attuale del nostro paese, vede un quadro completamente diverso: si creano nuove scuole, in appena due anni si riduce il numero di alunni per aula, da 37 a meno di 20, nella capitale; si elaborano un sacco di nuovi programmi per formare maestri emergenti, per formare professori emergenti per la scuola media, lavoratori sociali, scuole di ogni tipo che offrono al giovane l’opportunità di realizzare studi universitari, offrono opportunità praticamente senza limiti; e, al tempo stesso, la disoccupazione si riduce e quest’anno avremo un indice di 3,5% o meno.
Si crea una fonte di lavoro, di ogni tipo, per i giovani. Molti giovani che non avevano nessuna prospettiva di lavoro, i cui genitori erano preoccupati per il loro destino, perché le famiglie hanno due aspirazioni, o meglio hanno una grande aspirazione e una grande preoccupazione: la prima aspirazione è che i loro figli abbiano la possibilità di studiare all’università; la preoccupazione principale è che i loro figli, senza studiare e senza lavorare, possano dirottare e seguire la via del delitto, con la conseguente condanna.
Tutti questi piani che si fanno con decine di migliaia di giovani, significano impiego in età relativamente precoci, significano conoscimenti, dignità, autostima e possibilità di incrementare le loro prospettive future e la loro autovalorizzazione futura ed il riconoscimento sociale. Lo abbiamo visto.
Una scuola costruita in appena sei mesi, per 2 000 lavoratori sociali a Santiago de Cuba, che ha già fatto la sua prima cerimonia di laurea e prepara la seconda; una scuola ad Holguín per altri 2 000 alunni, di infermieristica, perché si iniziò a percepire un deficit di infermiere nella Città dell’Avana; decine di programmi sociali in corso, nel mezzo della battaglia di idee e nati dalla battaglia di idee, perché la battaglia di idee ha rafforzato la Rivoluzione e ha apportato un’esperienza straordinaria.
Vedendo ciò che accadeva in ogni parte e lavorando in ogni parte, si scoprivano nuove possibilità, per soddisfare nuove necessità, o meglio vecchie necessità, alcune delle quali neanche si conoscevano.
Mi dilunghereise vi spiegasse i programmi sociali e quanto significano.
Ho visto molti visitatori, cui avevano riempito la testa di calunnie e di menzogne su Cuba, che si meravigliavano quando capivano che ci sono cose in cui noi siamo superiori agli altri paesi, anche a quelli sviluppati; e continuiamo ad andare avanti e non ci possono raggiungere perché ormai noi siamo in fuga.
Non ci raggiungeranno nel campo dell’educazione e nemmeno in quello della sanità; avremo un servizio di sanità eccellente, non quello che abbiamo in questo momento, dopo che il paese ha sofferto le conseguenze del periodo speciale e ha anche sofferto errori e fattori soggettivi nell’approccio ad alcuni problemi; però avremo una medicina di eccellenza.
C’è una rivoluzione anche nella cultura, c’è un’esplosione culturale nel paese, e l’idea, che poteva sembrare un sogno, di essere il paese più colto del mondo, nel senso ampio della parola – come abbiamo detto alcuni giorni fa agli artisti nella sala “García Lorca” – diventa realtà; un paese in possesso di una cultura generale integrale, che comprende non solo i conoscimenti professionali, ma anche le conoscenze relative alle scienze, alle lettere e all’umanità. Cuba sarà, per ampio margine, in breve tempo, il paese più colto del mondo – in alcune cose lo siamo già - .
Oggi abbiamo il capitale umano, che è la cosa essenziale, in quantità maggiore di qualunque altro paese industrializzato del mondo. Loro non riescono a riunire 500 né 1000 medici da inviare in Centroamerica. L’Europa e gli Stati Uniti insieme non riescono a riunire, pur pagandoli qualsiasi cifra, i quasi 3000 medici e lavoratori della sanità, che Cuba invia a 21 paesi sottosviluppati; non possono avere una scuola come quella di Scienze Mediche, con 6000 alunni, l’immensa maggioranza proveniente da aree povere dell’America Latina, più altri 1000 provenienti dai Caraibi e da altre aree.
Così oggi, il nostro paese, in mezzo a questa crisi, non ha dovuto chiudere nessuna scuola, non ha dovuto sacrificare nessuna delle conquiste sociali, nessuno dei programmi che sta facendo, quando vediamo la catastrofe che ci circonda.
Vi parlo con ottimismo; voi non potete immaginare le possibilità che ha il nostro paese, se si fanno le cose come devono essere fatte. Non ho mai visto tante possibilità, che distruggeranno, che faranno a pezzi le calunnie e le campagne contro Cuba, e che rafforzeranno il nostro paese in ogni campo; e arriverà il momento in cui questo immenso capitale umano si convertirà in ricchezza economica. Non mi voglio dilungare spiegandovi il perché, ma sappiamo bene il perché.
Vi ho parlato del panorama mondiale, che è sotto i nostri occhi, e il contrasto con il nostro; e quando dico in questo atto che dobbiamo fare alcune cose, esse sono strettamente legate a queste idee; ciò che dobbiamo fare è chiarissimo.
Vi posso citare un dato, quale era il piano in questa situazione di tremenda crisi. Prima di tutto bisogna ricordare una cosa: crolla il campo socialista, crolla l’URSS e il nostro zucchero, che in un’epoca raggiunse i 40 centesimi di dollaro-- rublo e dollaro equivalenti– la maggior parte dello zucchero lo esportavamo nell’URSS e raggiunse questo prezzo, mentre in altri paesi socialisti lo pagavano un po’ meno. I sovietici avevano una risorsa con la quale pagavano, il petrolio; gli altri paesi socialisti, a seconda delle loro possibilità, ci offrirono anche dei prezzi preferenziali, 15 centesimi – un eccellente prezzo – e una parte che vendevamo al mercato mondiale. Quando l’URSS diventò un consumatore importante di zucchero importato, tutto ciò ebbe la sua influenza anche sui prezzi e sui mercati.
In un determinato momento mi sembra che il prezzo calò, perché il prezzo del petrolio cominciò a scendere, anche se noi difendevamo tenacemente i prezzi raggiunti, argomentando il principio che il socialismo significa, in primo luogo, la ricerca dello sviluppo dei paesi meno sviluppati dentro la comunità socialista.
Questo principio è stato applicato perfino dai capitalisti in Europa, nella Comunità Europea. Tra i suoi membri c’erano paesi come il Portogallo, la Spagna e altri, con un prodotto pro capite che era la metà di altri paesi, e si unirono, crearono fondi per aiutare questi paesi d’Europa che avevano un minor sviluppo, per portarli allo stesso livello in vista della creazione della Comunità Europea, che oggi è una realtà e che emette l’unica moneta che può competere con il dollaro. Prima il dollaro era tutto e unico; adesso esiste l’euro; vedremo come proseguirà questo processo, se si consolida e se l’euro diventa un competitore reale, forte, del dollaro. Dunque il denaro in fuga non seguirà solo il dollaro, continuerà a fuggire, è logico, poiché non hanno modo di evitare la fuga, non solo a causa della corruzione, ma anche perché il sistema li distrugge e li costringe a fare ciò, e perché il Fondo Monetario Internazionale costringe loro a pagare debiti, a chiudere scuole, a chiudere ospedali e al continuo ricatto a cui sottopongono i paesi per dargli un prestito. Queste sono realtà che nessuno può negare.
Un prestigioso Premio Nobel, che fu uno dei dirigenti della Banca Mondiale, ha appena scritto un libro dove racconta cose che sono incredibili, parlando dell’ordine economico stabilito; non è un avversario, né un marxista, colui che scrive; è un economista nordamericano. Varrebbe davvero la pena continuare a parlare di quello che dice, è incredibile; non è che porti una nuova teoria su ciò che bisogna fare, parla delle cose tremende che hanno fatto e che conducono a un abisso.
Bisognerebbe chiedersi, e forse è l’unica cosa che ci si può chiedere, se tale sistema si può liberare da tali metodi? Dovrebbe scomparire. Queste sono le leggi. Le forme? Saranno molto diverse; devono ancora nascere, c’è un arsenale di formule. In Argentina hanno cambiato due o tre volte il governo; in Indonesia si produsse, voi lo sapete, una crisi economica, era il gendarme, un potente esercito supportato dall’Occidente; la fortuna del capo di questo governo era pari a 40 miliardi di dollari.
In alcuni luoghi, il popolo imparerà e applichera le misure pertinenti, i fattori soggettivi. Guardate, ad esempio, la votazione che raggiunse Lula; e adesso arrivano notizie dall’Ecuador, dove un dirigente ritenuto radicale, militare di origine, al quale imputavano di provare molta simpatia nei confronti di Chávez, risultò il primo nelle elezioni primarie. Immagino che tutti si riuniranno per cercare di bloccarlo, però questi fenomeni non si vedevano qualche tempo fa.
Vedremo cosa accadrà in Uruguay, se l’accesso al governo si produce attraverso la via argentina o la via brasiliana. Non crediate che questo significhi una rivoluzione; significa l’accesso a posizioni di potere da parte di forze popolari e progressiste, e si troveranno di fronte ad un economia così ammanettata e dipendente da tutte queste formule inventate, che non sarà per niente facile; non si possono aspettare rivoluzioni o cambiamenti radicali immediati; no, no, comincerà la lotta dei popoli, i popoli avranno sempre più coscienza e più conoscenze.
In questa lotta per cambiare questo ordine economico, ci saranno anche molti cittadini dei paesi sviluppati e molti cittadini nordamericani, che si organizzano mediante Internet. Cittadini statunitensi, canadesi, e di altri paesi sviluppati, con l’appoggio di intellettuali e lottatori latinoamericani, hanno organizzato grandi lotte in Seattle, in Quebec, e in altre città nordamericane o europee; quando ci sono riunioni del Fondo Monetario e della Banca Mondiale, è straordinario vedere la resistenza crescente, che cresceva anche prima della crisi, preoccupata per le catastrofi naturali, per la distruzione dell’ambiente; gente che ha preso coscienza della povertà e della fame che c’è nel mondo, in un mondo dove oggi ci sono 6,3 miliardi di abitanti e con problemi molto gravi, di ogni tipo.
Che cosa farà questo mondo? Non possono cominciare a tirargli bombe atomiche. Questo mondo sta facendo pressione per emigrare verso i paesi sviluppati, quasi per invaderli, a rischio di morire. Solo nella frontiera messicana ogni anno muoiono circa 500 persone che cercano di emigrare. La pressione migratoria crescerà, fino a quando non ci sarà uno sviluppo del Terzo Mondo, e niente di ciò che si sta facendo contribuisce a questo, al contrario, contribuisce a renderlo sempre più povero, a sfruttarlo sempre di più.
Ci sono milioni di coscienze, negli stessi paesi sviluppati, che si sono formate intorno alla grandezza e alla gravità dei problemi e dei pericoli che minacciano il mondo.
Ho fatto questa spiegazione perché si possa vedere con maggior chiarezza quello che ancora sta producendo questo ordine, e come il nostro paese, con il suo sistema politico, con questo popolo unito che ha votato oggi, marcia tranquillo verso il futuro. Si può, ad esempio, osservare un fenomeno: è cresciuto il numero di persone che si sono registrate per votare rispetto alla precedente elezione, avvenute due anni fa, è pari a 300000 elettori: una crescita spettacolare!
Mi raccontava Saéz che votò oltre il 98% dei cittadini aventi diritto, e si sa che il tempo era inclemente. Ieri in Città dell’Avana, c’è stato uno degli acquazzoni più grandi che io abbia mai visto; al contrario di quello che accadde nelle provincie, L’Avana a mezzogiorno avrebbe potuto raggiungere l’80%; molte persone vanno a votare nelle ore del pomeriggio; ieri questo maltempo danneggiò di più la votazione. Secondo i dati che ho qui sotto mano, malgrado ciò, credo che in chiusura raggiunse comunque il 95,6%. IL numero delle persone che non votarono fu del 4,4%; però fu anche eccellente l’assistenza e l’entusiasmo.
Mi hanno detto che in Artemisa votò il novantanove per cento degli aventi diritto. Questo è incredibile (Applausi). È l’unità del nostro popolo, della sua educazione generale e della sua cultura politica, del suo giusto sistema sociale, o che cerca di essere giusto, e che cercherà sempre di essere più giusto.
Sappiamo molto bene quali disuguaglianze ha comportato il periodo speciale; però niente di questo impedisce che portiamo a termine i programmi sociali; il tutto si potrebbe riassumere in una sola frase: il figlio di qualunque famiglia cubana riceve un’educazione migliore dei figli dei milionari e dei miliardari nordamericani.
La nostra educazione, è già in un periodo di riforma e perfezionamento, perché ha ancora molte lacune, comunque, con queste lacune – e ce ne sono abbastanza, ne siamo coscienti, e sappiamo anche come risolveremo questi problemi – nelle elementari si stanno creando tute le condizioni per ragiungere un’ottima qualità. Solo un 2,6% di alunni delle elementari si trovano in aule con più di 20 alunni, e molte di queste aule hanno due professori. Si deve risolvere questa situazione, per il prossimo corso scolare non ci devono essere aule con più di 20 alunni; a Città dell’Avana, che era quella che aveva più alunni per aula, quasi 40, e centinaia di ese, con 40 o 50 alunni per aula, hanno adesso un maestro ed una aula con non oltre 20 alunni. Guardate che colossale salto! E con questo hanno sognato i paesi industrializzati e nessuno di questi riuscirà a raggiungere tale obiettivo perché non troveranno, all’interno del sistema, il capitale umano. Non potranno creare le motivazioni con cui noi abbiamo motivato migliaia di giovani a diventare maestri emergenti o professori emergenti. Adesso stiamo lavorando sulle scuole medie inferiori e poi lo faremo sulle altre.
Solo un paese al mondo, un paese del Terzo Mondo, un paese
bloccato per più di 40 anni, aggredito, minacciato, sottoposto a sabotaggi, a terrorismo, fino a poco tempo fa, può dire che ci è riuscito.
Per esempio vi ho ricordato il caso dei medici. Ribadisco che la nostra situazione è diversa.
Vi spiegavo rispetto alle misure relative allo zucchero, che bisogna rimettersi alle origini per capire come fu raggiunto il più straordinario auge della ricchezza, proveniente dall’industria zuccheriera. Ecco alcuni dati nel momento in cui avvenne il collasso: nell’anno 1992, il prezzo dello zucchero nel mercato mondiale era ancora di 9,04 centesimi, e la produzione di quell’anno era di 7 milioni di tonnellate. Era crollata l’URSS, o meglio era scomparsa; e già prima i prezzi si erano ridotti a 500 rubli e successivamente si ridusse a zero il prezzo preferenziale. Quando comprarono alcune quantità lo fecero a 9 centesimi. Fu necessario cercare dei mercati. Mi sembra che fu a dicembre che l’URSS scomparse e, come ho detto prima, erano 7 tonnellate di zucchero. Ovviamente, erano già state applicate delle restrizioni, era dal 1992 che non ricevevamo molti prodotti; tuttavia, a questo prezzo la produzione di zucchero era ancora redditizia, anche se con un guadagno infinitamente inferiore.
Nel 1992 quale era il prezzo del petrolio? Era di 15,99 dollari il barile. Quindi con questo prezzo, e lo zucchero intorno a 9 o 10 centesimi, era ancora redditizio.
Da un anno all’altro la produzione scese subitamente a 4 milioni. S’inizia lo sforzo per la ripresa, un’impresa alquanto difficile. Senza combustibile, senza fertilizzante, con una grande carenza di investimenti e di beni, era molto difficile aumentare quella cifra. Per il contrario, calò ancora ulteriormente, in un certo momento arrivò a 3 milioni; comunque continuammo a lavorare senza senza sosta.
Nel 1993, il prezzo dello zucchero cadde da 7 a 4 centesimi. Il prezzo del petrolio era di 14,25; il prezzo dello zucchero salì inseguito fino a 10,24. Era aumentato poco più di un punto.
Nell’anno 1994 il prezzo del petrolio era di 13,19; il prezzo dello zucchero, come media, 12,04.
Nel 1995 il prezzo del petrolio era di 14,62 e quello dello zucchero 12,04.
Nel 1996 sale il prezzo del petrolio fino a 22 dollari il barile; il prezzo dello zucchero discende a 11,41centesimi.
Il prezzo del petrolio nell’anno 1997 scese di poco, 20,61dollari; il prezzo dello zucchero arrivò a 11,36 centesimi.
Nel 1998, il prezzo del petrolio scende ancora, a 14,19 centesimi; il prezzo dello zucchero cala fino a 8,77centesimi. Ciò dimostra che, a partire dall’anno 1998, per tutto il periodo, il prezzo dello zucchero era stato inferiore a quello del petrolio, che nello stesso anno raggiunge i 19,32 dollari.
Nel 1999 era sceso a 6,14, nel momento in cui il petrolio si trovava a 19. Nell’anno 2000 il prezzo del petrolio era di 30,35 e quello dello zucchero 8,14.
Da questo momento, all’infuori del 2002, anno in cui il prezzo del petrolio arrivò a 19,32, si mantenne tra i 20 e i 30 dollari. Per esempio nell’anno 2001 il prezzo dello zucchero era di 8,36 quello del petrolio 25,85 dollari.
Nell’ultima raccolta dello zucchero, nell’anno 2002, il prezzo in media era di 7,43. Ciò creava una situazione insostenibile: il prezzo del petrolio continuava a crescere e quello dello zucchero a diminuire.
Bisogna considerare una cosa: nel 1959-60, dopo il trionfo della Rivoluzione, con 1 tonnellata di zucchero, con i prezzi del mercato mondiale, si potevano comperare 8 tonnellate di petrolio.
Oggi, con i prezzi attuali del petrolio, che stanno intorno ai 30 dollari, per comperare 1 tonnellata di petrolio occorrono 2 tonnellate di zucchero.
Inoltre, allora la produzione di zucchero appena consumava petrolio. Lo sviluppo della Rivoluzione costrinse a meccanizzare la raccolta della canna da zucchero; coloro che si guadagnavano da vivere tagliando la canna da zucchero scomparvero totalmente; si dovette mobilitare decine di migliaia di persone provenienti dalle città per tagliare la canna da zucchero, prima che apparissero le macchine per meccanizzare la raccolta.
A quell’epoca tutto il lavoro era manuale. Ad eccezione di alcune tenute dove c’era qualche trattore o un camion, la canna da zucchero si tagliava a mano al cento per cento; l’uomo non consumava petrolio per tagliarla. La raccolta della canna, tagliata e pulita, si faceva in modo manuale; non doveva essere trasportata fino a qualunque delle centinaia di centri di immagazzinamento che esistono nel paese e che puliscono la canna da zucchero tagliata dalle macchine, togliendo le foglie vecchie, e che consumano elettricità. Cioè, taglio, raccolta, trasporto e trattamento della canna da zucchero, e gran parte della coltivazione, si faceva a mano e con i buoi e si zappava la terra nei mesi di luglio e agosto e abbondava la gente per fare ciò. Nei tempi morti la gente chiedeva di poter pulire una certa quantità di ettari di canna da zucchero, e supplicavano di lavorare pulendo a mano la canna.
Poi sopraggiunsero le apparecchiature. Le macchine ed i camion compattavano il suolo, veniva l’aratura; i prodotti chimici per liquidare l’erba, che erano molto cari; fertilizzanti affinché le terre mantenessero la capacità di produzione.
Facciamo alcuni calcoli.
Oggi produrre una tonnellata di zucchero, considerando il prezzo attuale del petrolio, eleva per lo meno di un 40 % il costo in valuta convertibile della tonnellata di zucchero. E qual era il piano? Inizialmente si progettava di raggiungere 4 milioni nel 2002; però prima venne un potente uragano che distrusse la canna, la tagliò. In importanti province, quali L’Avana, Matanzas, Villa Clara, Cienfuegos, Sancti Spiritus, in maggior o minor misura, abbattè la canna con venti di oltre 200 km/h.
A tutti i suddetti problemi, di tipo storico ed economico, si aggiunge il fatto che viviamo in un’isola, dove ci possono essere forti siccità, a volte enormi inondazioni – nel nostro paese, negli ultimi decenni, sono visibili i cambiamenti di clima – o cicloni.
Una cosa veramente incredibile è quella di aver visto passare due cicloni, entrambi seguendo la stessa traiettoria, a 10 giorni l’uno dall’altro, che distrussero le piantagioni di agrumi dell’Isola della Gioventù, di Pinar del Rio; distrusse tutto, si dovettero usare perfino delle pale per caricare questi frutti in alcuni camion, per portarli all’industria per processarli, ottenendo appena il 10% del valore.
Quando passò il primo ciclone, si stavano vendendo i pompelmi a 1000 dollari la tonnellata. Soltanto con gli agrumi che il ciclone fece cadere, il paese perse 15 o 20 milioni di dollari, perché questo pompelmo era troppo tenero per consegnarlo al mercato in questa data.
In dieci giorni ne passarono due. Avete visto le mobilitazioni che si sono fatte per andare a lavorare a Pinar del Rio, perché in questo momento bisogna salvare la raccolta del tabacco. Questo ha colpito in modo considerevole le riserve nel paese, di prodotti e di tutto; però abbiamo detto agli abitanti di Pinar del Rio che la quantità di materiali di riserva fissata per la ricostruzione non l’avremmo diminuita, e che ne avremmo garantito la riposizione per eventuali uragani posteriori. Questo lo abbiamo detto con l’arrivo del primo ciclone, e 10 giorni dopo ci trovavamo un’altra volta a Pinar del Rio. Era passato il secondo ciclone, e abbiamo detto un’altra volta: “Non diminuite queste riserve minime”, conservatele per i primi soccorsi, per dare un tetto o somministrare alimenti. C’è una riserva di alimenti per questa situazione. E ci minacciava un quarto ciclone.
L’atteggiamento che adottiamo di fronte a situazioni difficili è sempre lo stesso, facciamo tutto come se fossero già accadute e non ci mettiamo a pensare che c’è da fare. Credevamo che un quarto ciclone, in meno di un anno, avrebbe colpito il nostro paese, e proprio quando stavamo per finire la ricostruzione di 160 000 case danneggiate dall’uragano Michelle, abbiamo dovuto cominciare a riparare le case danneggiate da quell’atro ciclone; il fatto è che le nostre condizioni climatiche sono sempre un elemento di rischio nei nostri piani di produzione di canna da zucchero, e quando il ciclone passa bisogna tagliare a mano una grande quantità di questa. Sto parlando di fattori obiettivi.
Poi se cresce anche il prezzo del petrolio si creano delle situazioni difficili. Quale era, ad esempio il piano di produzione? Quattro milioni di tonnellate di zucchero. Programma di investimento di beni e materiali: 412 milioni. Entrate per le 2,9 tonnellate, dopo aver separato lo zucchero per il consumo: 433 milioni. In modo che, in questa circostanza, il lavoro di 450 000 lavoratori diretti, 2 milioni di ettari e tutto il capitale investito nell’industria e nelle macchine, macchine per la raccolta, camion, avrebbero dato al paese circa 30 milioni di dollari. Con il livello di cultura e di conoscenza che ha il nostro paese è qualcosa di drammatico.
Parlando di prezzi dello zucchero, devo spiegarvi qual è stata la loro evoluzione quest’anno: a gennaio 7,43; fino ad ora il prezzo del petrolio era stato in media di 26,95, però continua a crescere, e la minaccia della guerra in Medio Oriente – adesso andranno a fare una guerra in Iraq – può elevare considerevolmente questi prezzi. Nessuno lo sa, nessuno è in grado di dire che cosa accadrebbe con una guerra in Iraq, se il prezzo raggiungerà i 40 dollari. Sono stati elaborati piani di contingenza rispetto a un’eventuale elevazione del prezzo che superi i 30 dollari, dove la cosa più importante sarebbe garantire servizi essenziali, alimentazione, elettricità, alcune cose e dire: trinceriamoci qui e aspettiamo che passino alcuni mesi; perché si presenta una situazione difficile non solo per lo zucchero bensì per tutti gli altri servizi dell’economia.
Non dimentichiamoci che l’attentato di New York diede un forte colpo al turismo, che stava soffrendo alcune riduzioni nelle crescite perché il prezzo del petrolio aveva provocato un’elevazione dei prezzi dei biglietti aerei, e la maggior parte dei turisti che venivano a Cuba venivano da luoghi distanti 8000 o 9000 chilometri, la maggior parte di loro dall’Europa Centrale o dal Canada; l’aumento dei prezzi del petrolio fa alzare i prezzi dei biglietti aerei, quindi danneggia. Per insieme a ciò, si stava producendo una crisi internazionale, già evidente dall’anno 2001, e anche questo danneggiò notevolmente i viaggi turistici.
In modo che il turismo stava crescendo in questi anni difficili quasi un 20% ogni anno e, improvvisamente, si è ridotto unl 15%, un forte colpo che ha danneggiato altre esportazioni, come quella dei sigari.
Vi ho detto come si è comportato lo zucchero quest’anno: gennaio 7,43, febbraio 6,25; marzo, 6,06, aprile 5,75; ebbene in aprile si dovette prendere con urgenza una decisione, il programma di semina di quest’anno di 20 000 caballería (una caballería è equivalente a 1,343 ara; N.d.T) era assolutamente impossibile applicarlo, era chiaro che sarebbe stata una rovina.
Se guardate l’andamento dello zucchero nel mercato, quegli accordi di protezione dei prezzi dell’industria erano scomparsi con il neoliberismo e con la globalizzazione neoliberale; la stessa cosa è successa con il caffè, e per questo i paesi centroamericani, che dipendono molto dal caffè, si trovano in una situazione catastrofica. Ciò vuol dire che i prodotti basici di esportazione dei paesi hanno avuto dei seri problemi.
In aprile fu presa urgentemente una decisione, non si poteva perdere una settimana di più, non c’erano prospettive se non quelle stimate per il prossimo anno che sono di gran lunga inferiori. Immaginatevi che noi avessimo già seminato le 20 000 caballerías ... Ne erano già pronte, e seminate in parte, 8000, però, in questo momento non si poteva seminare un ettaro in più. Così cominciammo a risparmiare, perché la spesa stimata, pari a 412 milioni, insomma bisognava farla nel 2002 quindi cominciano ad applicarsi misure drastiche di riduzione del combustibile.
Non bisogna dimenticare che in aprile si produsse un tentativo di golpe fascista in Venezuela che interruppe durante mesi l’invio di petrolio. Anche questo ci danneggiò, si dovette spendere di più per l’acquisto di petrolio; quindi, le risorse disponibili si devono investire in situazioni come questa, per risolvere problemi che sono vitali. È in questo momento che si prende la decisione di ristrutturare l’industria zuccheriera.
Che cosa significa economicamente ciò che stiamo facendo? Di fronte alla prospettiva di un prodotto che non ha molte possibilità, in un mercato dove anche gli speculatori sono padroni, nessuno può avere la sicurezza rispetto a nessun prezzo.
All’eccesso di produzione bisogna aggiungere che: l’India ha 10 milioni di tonnellate di riserva, elevarono la loro produzione a più di 10 milioni, forse a più di 15, bisognerebbe precisare alcuni dati; alcuni mi hanno detto che in Brasile la produzione raggiunge i 20 milioni di tonnellate. La canna da zucchero che avevano seminato in un determinato momento per produrre alcool, quando era molto caro – all’epoca in cui il prezzo salì a 35 dollari il barile, come vi dicevo, seminarono grandi quantità di canna da zucchero per produrre alcool al posto della benzina, perché la benzina costava 500 dollari – successivamente, quando i prezzi del petrolio cominciarono a calare, in un periodo, convertirono questa canna in zucchero.
Anche il Messico incrementò le produzioni di canna da zucchero; gli Stati Uniti dovevano acquistare una parte e non lo fecero. Cioè molti paesi incrementarono la loro produzione, adesso la situazione in cui si trovano è molto dura.
Però si potrebbe quasi dire che il nemico principale dei prezzi non è soltanto quanto vi ho detto. L’industria alimentare sviluppò, partendo dal mais, il fruttosio, prodotto naturale che ha più potere edulcorante dello zucchero. Ricordo i tempi in cui dicevano che alcune delle pastiglie che potevano essere date a coloro che non potevano consumare zucchero, avevano effetti dannosi per la salute; in questo caso non si può dire ciò perché questo prodotto deriva dal mais, la cui proteina viene anche utilizzata. Ha più potere edulcorante e produrlo costa la metà del costo di una tonnellata di zucchero di barbabietola o di altra origine.
Abbiamo così potuto vedere come la tendenza fosse verso la diminuzione continua dei prezzi dello zucchero; adesso, in mezzo a una crisi internazionale anche i paesi poveri sono costretti a comperare meno zucchero; quindi non sembre che abbia alcuna prospettiva futura, non c’è niente che ci faccia pensare che il prezzo raggiunga i 12 centesimi.
Non c’era che una cosa logica da fare: ristrutturare l’industria. Cosa significa ciò? Semplicemente selezionare i migliori zuccherifici, quegli che hanno le migliori terre, che producono o possono produrre lo zucchero ad un costo inferiore ai quattro centesimi. Dei 155 zuccherifici sono stati scelti 71 che possono raggiungere questa meta, secondo i calcoli fatti, secondo gli sforzi che si stanno facendo, secondo il lavoro di genetica, per trovare i semi più resistenti, che ha qui ricordato Ulises, ed altre cose, per ridurre i costi attuali; se il prezzo è di quattro e mezzo, per lo meno no si perde denaro proveniente da altre entrate che ottenga il paese. Il paese esporta tabacco, il paese esporta nichel, il paese riceve entrate dal turismo, il paese riceve entrate dai servizi; insomma c’è una fonte di entrate del paese con cui è stato possibile sostenere l’industria e la produzione zuccheriera; però quando si arriva ad un punto come questo è impossibile pianificare la semina di 20 000 caballerìas, impossibile produrre lo zucchero come lo abbiamo fatto fino ad ora.
Però ristrutturare non è una cosa traumatica, non vuol dire lasciare 71 zuccherifici dei 155; vuol dire lasciare i migliori 71 zuccherifici. Per esempio qui abbiamo il “Lincoln”, 71 zuccherifici e altri 14 destinati alla produzione di miele arricchito che fanno 85; ne vengono scartati 70 come produttori di zucchero. È forse grande il trauma? No perché negli ultimi cinque anni ne sono stati dimessi circa 45, quasi tutti, eccetto due o tre, sono stati fermi per cinque anni; negli ultimi cinque anni circa 45, e nell’ultima campagna di raccolta erano 50, in questa dove pensiamo di arrivare ad una produzione di 4 milioni. In realtà, i zuccherifici che verranno paralizzati definitivamente sono 20 in più dell’ultima campagna.
Secondo i calcoli fatti per la ristrutturazione, questo significa il risparmio di 200 milioni di dollari, con la ristrutturazione e il piano di produzione, e con l’entrata di circa 100 milioni di dollari.
Ci sono alcuni paesi nel Terzo Mondo che sussidiano lo zucchero; ad esempio, il Brasile sussidia con molti milioni di dollari la produzione zuccheriera , perché se si chiudono tot centrali, si produce un problema sociale molto serio per le centinaia di migliaia di persone che restano senza impiego. Ciò è impossibile, e per questo diventa una delle maggiori preoccupazioni dei produttori di canna da zucchero.
Nel Messico, dove mi sembra di aver inteso che i zuccherifici erano stati privatizzati quando nacquero delle illusioni, è lo Stato che si sta facendo carico di essi. Nel capitalismo il ruolo dello Stato, ogni volta che un’industria crolla, è quello farsi carico di tutti i costi e di tutte le spese. In qualunque di questi paesi, chiudere uno zuccherificio significa una tragedia.
Nel nostro paese non è stata una tragedia avere 50 zuccherifici paralizzati nel 2002. Nessun lavoratore si è trovato senza protezione, senza entrate, insomma, non è mancato niente a nessun lavoratore. Il nostro Stato socialista potrebbe chiudere 45 zuccherifici, senza che nessuno si accorgesse di niente; al contrario, nei zuccherifici sono state migliorate molte cose, sono state costruite case, si è migliorata l’alimentazione dei lavoratori, sono state organizzate delle attività culturali, si è creata una struttura di produzione di canna in condizioni che favoriscono questo compito.
Adesso manca solo la decisione di paralizzare i zuccherifici che cagionano grandi perdite e, lungi dal creare problemi, conosciamo la grande comprensione che hanno avuto i lavoratori zuccherieri, sia quelli dell’industria che quelli dell’agricoltura, che si sono riuniti dopo avre organizzato bene l’attività, e con tanta rapidità quanto è stato loro possibile. Ricordatevi che questa decisione fu presa in aprile.
Io ho spiegato pubblicamente che era necessario farlo, però tutti sapevano che sarebbe stata fatta una ristrutturazione. Dunque c’erano preoccupazioni, domande, e ormai questi problemi sono risolti.
Nessun lavoratore ne sarà danneggiato, anzi, ne saranno beneficiati.
Quindi, il paese risparmia 300 milioni di dollari, è come un apporto all’economia di 300 milioni di dollari. Non si spenderanno più i 200 milioni e le entrate saranno di 100; e se ci fosse qualque elevazione cogiunturale dei prezzi, le entrate sarebbero maggiori.
I zuccherifici che restano hanno la capacità di produrre fino a 4 milioni di tonnellate, persino quelli che producono miele, se si ritenesse conveniente, possono produrlo. Sappiamo quanto produce ogni ettaro, se si irriga, se si impiegano fertilizzanti e se si hanno sufficiente computer, siamo tutti capaci di fare due conti per sapere che ci collochiamo in una situazione dove non ci può essere nessun danno e, al contrario, ci possono essere dei vantaggi.
Vi stavo dicendo che questa era una situazione storica. Ebbene, vorrei dire qualche cosa. Ciò non significa la scomparsa del ministero, né la scomparsa di centinaia di migliaia di lavoratori così ben organizzati e con tanta coscienza acquisita lungo la storia e, soprattutto, partendo dalle lotte pre rivoluzionarie e rivoluzionarie del nostro paese. È giusto cercare di far sì che questa forza produca molto di più per il paese, per la sua economia.
L’industria zuccheriera non scompare, al contrario, va a sviluppare altri settori. Per esempio, posso citarvi alcune delle produzioni importanti: zucchero, tra cui le 600 000 o 700 000 tonnellate che consumiamo noi, nelle quali possiamo risparmiare più di 40 milioni. Guardate bene: da una parte ci sono le entrate ottenute dalla riduzione del costo di produzione a meno di 4 centesimi-- e dobbiamo continuare a lottare per ridurlo ancora di più; dall’altra c’è lo zucchero che consumiamo, che non si esporta, e risparmiamo così più di 40 milioni di dollari. Il nostro zucchero, quello che compriamo, costerà al paese 40 milioni di dollari di meno in spese. Guardate che vantaggi.
Produrrà anche energia. L’industria è riuscita a migliorare considerevolmente la sua produzione grazie alla bagassa di cui dispongono. Miele finale, a parte i 14 zuccherifici produttori di miele, gli altri 71 zuccherifici produrranno anche la loro percentuale di miele. Miele arricchita, che è un altro tipo di miele, diverso dalla miele finale, che sarà prodotta anche dai suddetti 14 zuccherifici produttori di miele. Zucchero liquido, molto utilizzato nell’industria alimentare, lieviti che è una forma di proteina per usi diversi; zucchero organico, richiesto sempre di più dal mondo terrorizzato dai pesticidi che ha bisogno di prodotti organici non trattati con pesticidi, né fertilizzanti, né erbicidi, bensì con concimi naturali; cera di canna per la produzione di alcool ad alto peso molecolare, in poche parole per la produzione di PPG, un prodotto sempre più ammirato dentro e fuori del paese; sorbitolo, un altro prodotto che ha diversi usi nell’industria; furfurolo, acidi grassi, caramelle e altri prodotti tradizionali o nuovi. Continuamente si cercano nuovi prodotti. Per esempio, c’è un alcool che chiamano raffinato, un alcool di altissimo grado e che ha un prezzo elevato; però fino ad ora con mercato limitato. Man mano che cresceranno i mercati di alcuni di questi prodotti, si potrà decidere quali tra i zuccherifici potrà produrre alcool di questo tipo, facendo bene i conti per individuare quale risulta più vantaggioso dal punto di vista economico e produce di più per il paese.
Un’altra cosa: Il Ministero dell’Industria Zuccheriera nelle aree eccedenti produrrà vegetali, tuberi, latte, carne, frutta e altri alimenti; anche legno e polpa che forse è uno dei prodotti più promisori, partendo dai prezzi altissimi che hanno sia il legno sia la polpa, a causa della crescente scarsezza di boschi nel mondo. Questi sono i progetti, progetti che però potranno cambiare, nel caso sorgesse un prodotto più redditizio.
Loro producono anche concime organico; la possibilità di organoponici (agricoltura urbana a base di sostanza organica che produce prevalentemente ortaggi N.d.T.) è considerevole, perché un giorno potranno essere esportati e possono essere coltivazioni altamente redditizi.
Il fatto è che saranno disponibili un milione di ettari, molti dei quali non sono coltivati, perché riservati per la canna da zucchero.
La forza lavoro che sarà liberata non è molto numerosa. I 20 zuccherifici che si chiuderanno, a cui si aggiungono i 50 che erano ormai chiusi, implicano un eccedente di forza lavoro che oscilla tra 58 000 e 60 000 lavoratori. Una grande parte di essi hanno mantenuto l’impiego nonostante sia stato chiuso lo zuccherificio, sebbene realizzando altri lavori, aiutando. In questo modo la capacità potenziale di impiego, attraverso lo studio, non eccede le 60 000 unità; questa è la realtà.
Per fortuna, insieme alla necessità di ristrutturare, di cercare una soluzione per questi lavoratori, è nato un piano d’istruzione per tutti i lavoratori dell’industria zuccheriera che vogliano iscriversi. Quanti sono coloro che scelgono il programma di studio come impiego? Credo siano 33 200, più o meno, quanti sono Ulises? Sono iscritti trentatremilacentosettanta. E sapete quanti sono in totale gli iscritti nel corso che inizia questo storico giorno? Ottantaquattromiladuecentosettantuno, non è questa la cifra? Ci sono circa 51 000 che sono lavoratori e seguono i corsi di perfezionamento e continuano a lavorare. Così questo programma concepito per quella forza eccedente, si estende adesso a tutti coloro che continuano a lavorare, perché se così non fosse sarebbero in svantaggio. Quindi, non si tratta solo di corsi per coloro che sono eccedenti, bensì per un numero maggiore; nessuno sa quanto crescerà questa cifra, sono sicuro che arriverà a 100 000.
Ricordo le scuole per l’educazione integrale dei giovani, al termine del corso erano 86 000; in questo momento sono iscritti 116 000 giovani tra i 17 e i 30 anni, con tutte le possibilità di studio. Più di 30 000 sono diplomati e potranno presto cominciare gli studi universitari; coloro che lo desiderino potranno trovare un lavoro o potranno continuare a studiare. E qualunque di questi lavoratori dei corsi di perfezionamento potrà studiare ciò che vorrà, in pratica, senza limitazioni. Si riscatta una forza lavoro e la si prepara, e quando sarà necessario, qualora vengano installate delle nuove industrie, potremo contare su persone che lavorano nel settore della meccanica e sono diventati tecnici medi, o sono già tecnici medi e sono diventati ingegneri, o sono già ingegneri e diventeranno master o dottori in scienze.
Voi sapete bene che i livelli medi di istruzione del nostro paese superano la terza media inferiore; questo non dice tutto, sarà dimostrato in un futuro prossimo, perché questi alunni, e io vi assicuro che grazie alle tecniche che si stanno applicando, grazie ai programmi che si stanno applicando, avranno un conoscimento tre volte superiore a quello che ha oggi qualcuno che abbia concluso la scuola media.
Tuttavia, ci sono anche aree rurali dove alcuni non sono arrivati ancora alla quinta elementare, ci sono molti che furono alfabettizzati; non ho tutti i dati, classificati secondo l’età, la media è di 30 anni circa, ci sono decine di migliaia di giovani iscritti che possono studiare quello che vogliono, e a cui viene garantito ciò che nessun altro paese al mondo può fare, non solo perché il sistema non glielo permette, ma perché hanno bisogno di una riserva di forza lavoro; noi abbiamo una riserva che sta studiando e si sta preparando.
Posiamo avere 19 allievi per ogni maestro delle elementari, però, ci sono casi in cui gli alunni sono 20 o 19 o 18 o 17 o 15. La qualità dell’istruzione elementare è migliorata, così come lo sarà anche la scuola media.
Oggi, nella scuola media, ogni professore ha circa 40 allievi per classe, avendo un totale di 200 o 300 alunni; non sa nemmeno come si chiamano né ha nessun rapporto con le loro famiglie.
Il programma che stiamo portando avanti nella scuola media prevede un professore che impartisca le diverse materie, 1 professore per 15 alunni. Nessuno al mondo ha qualcosa di simile.
Tutto questo che vi sto dicendo, spiega il perché della certezza assoluta che noi supereremo tutti gli altri paesi in questo settore, perché sappiamo ciò che accade in altre parti del mondo, e conosciamo dell’impossibilità di applicare le misure che noi stiamo applicando.
In questo modo circa 7000 lavoratori, che studieranno in queste scuole, otterranno la licenza elementare, e poi compiranno gli studi della prima media e della seconda media; una gran parte riuscirà a ottenere la licenza media.
Ventiduemila duecento trentanove seguiranno corsi per superare l’esame di maturità. Immagino che ognuno sceglierà ciò che vuole; se un uomo ha 35 anni ed è in possesso del diploma di maturità, dopo un aggiornamento delle conoscenze, inizierà a studiare una laurea. A 40 anni le resteranno altri 20 di lavoro; se ne ha 20 ancora meglio; se ha 35 anni potrà lavorare fino ai 65.
Ci sono molte persone con 70 anni che non vanno in pensione, un sacco di gente che non va in pensione ai 60 anni, tra cui lavoratori professionali e intellettuali, e alcuni laureati che con 80 anni continuano a lavorare, soprattutto nel campo intellettuale.
Ebbene, abbiamo 10639 in corsi di aggiornamento per raggiungere il livello superiore; 4495 professionisti, perché, in questa ristrutturazione fatta da una commissione governativa, con il ministero e con le organizzazioni, essi hanno partecipato all’elaborazione di questi programmi che sono sperimentali. Può darsi che una di queste cifre cambi, perché oltre ai diplomati ci potranno essere anche altri che vogliano aggiornare le loro conoscenze; quindi potranno essere 20 000, 30 000, 40 000 coloro che scelgano di continuare gli studi universitari, e altri, che sono già laureati, potranno scegliere di conseguire altri titoli.
L’industria zuccheriera apporta solo 4433 professori, non sto parlando di quella lista, che, come ho detto, raggiunge in questo momento la cifra di 84721.
Ecco un altro tipo d’impiego. L’industria zuccheriera potrà disporre di oltre cinquemila professionisti, non solo quelli che lavorano nell’industria, ma anche quelli che lavorano nelle strutture o imprese di appoggio, che potranno ben presto realizzare studi di post laurea e apporteranno anche 4 433 maestri. Eccovi un altro tipo d’impiego, i lavoratori diventano maestri.
Qui abbiamo avuto la fortuna di vedere colei che fu maestra e poi per molti anni, responsabile dei dirigenti, con quanto orgoglio propose di convertirsi in maestra dei lavoratori dei zuccherifici. È impressionante quello che ha detto, e l’entusiasmo con cui lo ha detto. Questo programma sta già creando per questa via 4433 maestri che completeranno l’opera delle centinaia di migliaia, degli oltre 200 000 professori, del Ministero dell’Istruzione. Ecco i vantaggi.
Il Ministero dell’Istruzione apporterà 1617 maestri. Non c’è bisogno di costruire nessun edificio, queste lezioni inizieranno ore alle 17:00, a quest’ora non ci sono alunni, e in tutti i zuccherifici, come in tutto il paese, ci sono scuole medie, con laboratori di informatica e mezzi audiovisivi. Una delle prime cose che possono già iniziare a studiare, con un certo livello, e senza spendere un solo centesimo, è l’informatica; forse anche in alcuni casi si dovrà aumentare il numero di computer; ma non sarà necessario costruire niente, né spendere un solo centesimo per i mezzi audiovisivi; avremo i maestri che non significano alcuna spesa nell’incremento del bilancio dell’Istruzione.
Io penso che loro vorranno continuare ad essere lavoratori dello zucchero e, se così lo desiderano, bisogna rispettare il diritto di questi maestri.
Le prospettive future si arricchiscono e per adesso sono solo 84000, vedremo in seguito.
Circa 100 dei zuccherifici hanno delle scuole tecniche, costruite qualche tempo fa dalla Rivoluzione, e queste dispongono di tutto il necessario. E se fosse necessario preparare alcuni locali, si potranno preparare quelli che restano liberi.
Adesso bisogna prestare molta attenzione a tutto quello che accade giorno per giorno: quanti vogliono studiare e non come impiego, ma solo per aumentare le loro conoscenze. Vi posso assicurare che nel paese c’è una febbre di studio.
Le lingue saranno sicuramente incluse nel programma, così come l’informatica, conoscimenti generali, mezzi audiovisivi, programmi che si trasmettono direttamente dalla televisione.
Vi posso assicurare che entro alcuni mesi, forse sette, otto, ogni capoluogo di provincia e gran parte delle aree rurali avranno il canale televisivo, il nuovo canale, che oggi è possibile vedere a Città dell’Avana, nella provincia dell’Avana e a Santiago de Cuba. S’informerà alla popolazione il giorno in cui sarà mandato in onda. Stanno facendo gli ultimi collaudi in una provincia, però non voglio rubare la notizia alla televisione educativa, che siano loro stessi a dire il giorno in cui inizierà.
In questo modo, verso la fine del corso, il nostro paese troverà nel Canale Educativo, un grosso supporto a tutti questi programmi; inoltre ha già 12 ore di trasmissione nelle altre reti, 2 ore i sabato, 2 ore le domeniche. Cresce il potere educativo.
Ci sono altre cose che non ho ricordato: questo paese sta facendo un centro di studi di livello superiore; però non dobbiamo anticipare i fatti. È già terminato e sta già funzionando e pensiamo che accoglierà 10 000 alunni. I primi 2000 stanno già studiando, scelti tra i migliori diplomati del paese. Vi posso assicurare che questo capitale umano non è roba da niente. Mentre in altre parti si chiudono le università e i budget destinati all’istruzione diminuiscono, nel nostro paese i servizi vitali per il popolo s’incrementano, si raddoppiano o si triplicano, specialmente rispetto alla qualità.
Tutti voi siete stati testimoni delle 779 scuole della capitale che sono state ristrutturate o costruite, tra cui 33 nuove, e ciò è stato fatto in meno di due anni. I lavori iniziarono in novembre o dicembre. Quando i visitatori vedono tutte queste scuole non possono crederci.
Anche per la scuola media, con migliaia di alunni, abbiamo dei piani pilota che si stanno portando a termine; circa 7 000 professori emergenti per l’insegnamento della scuola media inferiore su nuovi principi. Non bisogna pensare alla quantità, ma alla qualità.
Pensate all’importanza che ha questo momento. Questo programma va oltre l’obiettivo iniziale, che era l’impiego, come studenti, dei lavoratori eccedenti dell’industria zuccheriera.
Sono stati riorganizzati non solo i lavoratori dei zuccherifici, ma anche quelli delle imprese di appoggio che ha il Ministero, è stato fatto un lavoro eccellente; più questo lavoro migliorerà e più gente manderemo a studiare; però con un vantaggio: che ormai non sarà necessario andare a la Collina Universitaria, o a Santa Clara o in qualunque altro luogo, per intraprendere una carriera universitaria. Seguiranno gli studi universitari negli stessi zuccherifici, che sono vicini a casa, e perfino in alcune cooperative agrarie e di allevamento o nelle UBPC (Unità Basica di Produzione Cooperativa; N.d.T.) potranno andare a studiare sui loro cavalli.
La cosa reale è che da qui possiamo oggi proclamare che ogni zuccherificio si converte in una sede universitaria (Applausi). Bisogna vedere quanti diplomati ci sono che non abbiano terminato la laurea. La fabbrica si converte in una sede universitaria, questa è veramente una cosa strana nel mondo, non è vero?
Quando sarà necessario costruire una scuola, la faremo, e la potremo fare se risparmiamo, se non buttiamo il denaro dalla finestra, se non sprechiamo valute, e si sta risparmiando, e non solo in questo settore; si stanno applicando una serie di misure che ci consentono di risparmiare la valuta; s’incrementa anche la produzione di petrolio e di gas del paese, e già verso la fine di quest’anno, produrremmo l’equivalente di 4 100 000 tonnellate.
Un altra cosa: già dal prossimo anno tutta l’elettricità verrà prodotta con il nostro combustibile. Che cosa significa ciò? Quando sarà messa in marcia la centrale “Guiteras”, grazie a determinati investimenti, risparmierà, ai prezzi che ha il fuel-oil adesso, 50 milioni di dollari in combustibile, e Cienfuegos, che è l’unica regione che manca, con un investimento iniziale – un altro sarà fatto durante l’anno – risparmiera 30 milioni di dollari.
Cinquanta più trenta fanno ottanta; e faremo anche investimenti per perforazioni petroliere, a cui verrà data priorità assoluta; e faremo anche investimenti con società miste in terra. Sarà un po’ più costoso, però il nostro petrolio può essere prodotto a 40 dollari la tonnellata mentre il fuel-oil, in questo momento, ne costa 160. Nelle imprese miste siamo soci; il costo di produzione aumenta, e siccome in questo caso bisogna acquistare anche il petrolio dal socio, ci sono due periodi, mentre si ammortizza l’investimento e quando esso è già stato ammortizza, quindi il prezzo sarà circa 60 dollari la tonnellata; vale a dire, c’è già il programma d’investimento nel petrolio per raggiungere il prossimo anno 4,7. Altre 600 000 tonnellate di petrolio serviranno non solo a sostituire il fuel-oil negli impianti termoelettriche, ma anche per altre importanti produzioni.
Parliamo del gas: a Matanzas si sta già costruendo la seconda tappa del ciclo combinato; la prima sta già funzionando. Si costruisce e si usa parzialmente la prima, qui al nord dell’Avana. Quindi, sarammo due impianti, cioè, in pratica, la capacità di uno dei reattori nucleari che per tanto tampo abbiamo cercato di costruire a Cienfuegos. Funzioneranno 24 ore su 24 e utilizzeranno quasi il 60% dell’energia di un metro cubico di gas. Indiscutibilmente sia l’uno che l’altro sono grossi progressi che potrebbero consentire al paese di disporre il prossimo anno di 600 milioni di dollari in risorse, in più di quest’anno, in mezzo a questa situazione e sempre pronti ad affrontare i tempi difficili. Bisogna prevedere tutte le varianti.
Se la crisi economica diventasse più acuta, se ci fosse una guerra, nessuno può immaginare che conseguenze porterebbe a uno dei principali produttori di petrolio; non dimentichiamoci che è il paese con il maggior numero di riserve al mondo, delle maggiori! Dobbiamo essere preparati ed organizzati per risolvere in modo pertinente le difficoltà nel campo economico, senza dimentare ciò che è sacro e fondamentale, e che non può essere toccato. Questo è un paese perfettamente preparato per resistere tre mesi, cinque mesi, sei mesi nel caso fosse necessario fare delle speciali restrizioni a causa dei suddetti problemi.
Questa è la situazione attuale del nostro paese, in cui si inserisce questa ristrutturazione, questo atto che stiamo celebrando, e l’inizio delle lezioni per ottantaquattromila compatrioti circa.
So che ho parlato tanto; però mi sembrava necessario farvi conoscere gli elementi di giudizio convenienti in un giorno come oggi perché si capisca bene ciò che stiamo facendo.
Vi avverto che sono nuove idee quelle che sono nate in mezzo alla battaglia di idee; in una situazione in cui il paese ha creato, si è organizzato ed ha sviluppato capacità. So che ci sono stati degli errori, ci sarà tempo per parlare di questo, e bisogna parlarne ogni volta che sia possibile, sempre con la divisa di dire la verità al popolo senza nessuna paura, poiché ciò contribuirà a ad aumentare la cultura politica.
Io non so come faranno quei paesi a dare una soluzione ai grandi problemi che li colpiscono; facciamo alcuni esempi: ci sono paesi dove governi appena eletti, che contavano sull’appoggio del 70% della popolazione, oggi contano sull’appoggio del 12%, il 13% o il 14%. Come si possono risolvere i gravi problemi sociali di qualunque paesi, senza l’appoggio della maggioranza del popolo, per lo meno, senza l’appoggio delle masse? Lo sanno bene che nessuno confida più in nessun partito, per troppo tempo hanno fatto promesse senza compierle, percorrendo un cammino che conduce all’abisso.
Potremmo risolvere noi i problemi che ho appena citato, senza la fiducia che il nostro popolo pone nel nostro Partito, nelle nostre organizzazioni, di giovani, di operai, di contadini di studenti, di donne e nei CDR, a cui aderiscono milioni e milioni di persone? Qualcuno di voi potrebbe immaginare come potremmo trattare problemi di tale natura in questi momenti senza questa fiducia, senza questa unità del popolo che non è mai stato ingannato, di un popolo che è stato capace di realizzare la prodezza che non avrebbe potuto realizzare nessun altro paese? È difficile resistere 43 anni di blocco e fare ciò che ha fatto in 10 anni di periodo speciale. Sta arrivando l’ora di raccogliere i frutti.
Quando arrivò il periodo speciale, alcuni proclamarono la fine delle idee del socialismo; invece qui abbiamo un paese che sta prosperando, che sta avanzando, che sta facendo cose che i paesi che vivono sotto il sistema capitalista, non farebbero nemmeno per sogno. È il caso di dirlo: la nostra proodezza sta per diventare un caso unico nella storia.
Vedremo adesso come usciranno dal loro periodo speciale con tutto il consumismo che hanno creato, con la povertà mondiale, con i 2,5 trilioni di debito. Sarebbe interessante osservare gli avvenimenti e mantenere sempre informato il nostro popolo. Il nostro popolo avrà la cultura sufficiente per conoscere com’è il mondo, ciò che sta succedendo nel mondo. Per questo è tanto importante la storia del nostro paese, perché così sappiano quali furono le radici di ciò che fa oggi il nostro popolo; e conoscere anche il mondo, perché nel mondo le comunicazioni sono realmente globalizzate, così come l’economia; si è imposta una globalizzazione neoliberale e li ha portati a questa situazione attuale.
Dobbiamo continuare a lavorare con più vigore, sempre pronti ad affrontare qualunque situazione difficile che possa presentarsi, con profonda speranza, perché il futuro che ci aspetta si fonda su basi solide.
Non devo aggiungere altro, e concludo il mio discorso con la sicurezza che, oggi più che mai, ogni patriota e ogni rivoluzionario cubano, che ormai è un titolo onorifico grandioso, compierà con il suo dovere.
Evviva il socialismo (Esclamazioni di: “Evviva!”)
Patria o Morte!
Vinceremo!
(Ovazione)