RIFLESSIONI DEL COMANDANTE IN
CAPO.
È IMMEDIATAMENTE NECESSARIA UNA
RIVOLUZIONE ENERGETICA.
Non ho nulla contro il Brasile. A non pochi brasiliani, continuamente martellati
con argomenti in un senso o nell’altro, capaci di confondere persone
tradizionalmente amiche di Cuba, potremmo sembrare dei guastafeste a cui non
importa compromettere le entrate nette in valuta estera di quel paese. Tacere
sarebbe per me scegliere tra l’idea di una tragedia mondiale ed un supposto
beneficio per il popolo di quella grande nazione.
Non incolpo Lula ed i brasiliani delle leggi oggettive che hanno retto
la storia della nostra specie. Sono solamente trascorsi sette mila anni da
quando l’essere umano ha lasciato orme palpabili di ciò che è giunta ad essere
una civilizzazione immensamente ricca per cultura e conoscenze tecniche. I suoi
progressi non sono stati raggiunti contemporaneamente, né nel medesimo luogo
geografico. Si può affermare che, a causa dell’apparente immensità del nostro
pianeta, in molti casi non si conosceva l’esistenza di una o di un’altra
civilizzazione. Per millenni, l’essere umano non ha mai vissuto in città di
venti milioni d’abitanti come San Paolo o Città del Messico, o in comunità
urbane come Parigi, Madrid, Berlino ed altre, dove transitano treni su rotaie o
su cuscinetti d’aria, a velocità superiori ai 400 chilometri l’ora.
All’epoca di Cristoforo Colombo, solamente 500 anni fa, alcune di queste
città non esistevano o la loro popolazione non superava la cifra di alcune
decine di migliaia d’abitanti. Nessuna consumava un chilowatt per illuminare le
sue abitazioni. Allora, la popolazione mondiale non oltrepassava probabilmente
i 500 milioni d’abitanti. È noto che nel
L’umanità non contava a quei tempi con i progressi informatici ed i
mezzi di comunicazioni raggiunti attualmente, sebbene erano già esplose le
prime bombe atomiche su due grandi comunità umane, costituendo un brutale atto
di terrorismo contro una popolazione civile indifesa, per ragioni strettamente
politiche.
Oggi nel mondo vi sono decine di migliaia di bombe nucleari cinquanta
volte più potenti, con vettori diverse volte più veloci del suono e di una
precisione assoluta, con i quali la nostra sofisticata specie può autodistruggersi.
Al termine della Seconda Guerra Mondiale, scatenata dai popoli contro il
fascismo, è sorto un nuovo potere che si è impadronito del mondo ed ha imposto
l’attuale ordine assolutista e crudele.
Prima di recarsi in Brasile, Bush, il capo dell’impero, ha stabilito che
il mais ed altri alimenti sarebbero la materia prima adeguata per produrre
biocombustibile. Da parte sua, Lula ha dichiarato che, partendo dalla canna da
zucchero, il Brasile potrebbe fornire il necessario; vedrebbe in questa formula
un futuro per il Terzo Mondo e l’unico problema irrisolto sarebbe il
miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori della canna. Era
cosciente, e così ha dichiarato, che gli Stati Uniti dovrebbero da parte loro
sospendere le barriere doganali ed i sussidi che danneggiano l’esportazione
d’etanolo negli Stati Uniti.
Bush ha risposto che le tariffe ed i sussidi agli agricoltori erano
intoccabili in un paese come gli Stati Uniti, primo produttore mondiale
d’etanolo a base di mais.
Le grandi multinazionali nordamericane produttrici di quel
biocombustibile, che investono in maniera accelerata decine di miliardi di
dollari, avevano preteso dal capo dell’impero la distribuzione nel mercato
nordamericano di non meno trentacinque miliardi (35.000.000.000) di galloni
all’anno. Tra tariffe protezionistiche e sussidi reali, la cifra annuale
ammonterà a quasi cento miliardi di dollari.
Insaziabile nella sua domanda, l’impero avrebbe dato al mondo la
consegna di produrre biocombustibile per liberare gli Stati Uniti, il maggiore
consumatore mondiale d’energia, da qualsiasi dipendenza esterna in materia di
idrocarburi.
La storia dimostra che la monocultura della canna fu strettamente
associata alla schiavitù degli africani, strappati con forza dalle loro
comunità naturali e trasferiti a Cuba, Haiti e nelle altre isole dei Caraibi.
In Brasile è successo esattamente lo stesso.
Oggi in quel paese, quasi l’80% della canna si taglia manualmente. Fonti
e studi effettuati da ricercatori brasiliani affermano che un tagliatore di canna,
lavoratore a cottimo, deve produrre non meno di dodici tonnellate per
soddisfare le necessità elementari. Quel lavoratore deve effettuare 36.630
flessioni sulle gambe, percorrere brevi tratti 800 volte, caricando 15 chili di
canna sulle braccia e camminare durante il suo lavoro 8.800 metri. Perde una
percentuale di 8 litri d’acqua al giorno. Quella produttività individuale si
può raggiungere solamente con la canna bruciata. La canna con taglio manuale o
meccanizzato viene solitamente bruciata per proteggere il personale dai morsi o
dalle punture e soprattutto per alzare la produttività. Sebbene sia previsto un
orario d’impiego dalle 8 del mattino alle 5 del pomeriggio, questo taglio a
cottimo non esclude le 12 ore di lavoro. La temperatura in alcune occasioni
raggiunge nel pomeriggio i 45 gradi.
Personalmente, ho tagliato non poche volte la canna per dovere morale,
come molti altri compagni dirigenti del paese. Ricordo il mese d’agosto del
1969. Scelsi un luogo vicino alla Capitale. Mi recavo ogni mattina presto. La
canna non bruciata era verde, di varietà precoce ed alta resa agricola ed
industriale. Non smettevo di tagliare un minuto per quattro
ore consecutive. Qualcuno s’incaricava di affilare il machete. Non ho mai
prodotto meno di 3,4 tonnellate al giorno. Dopodichè mi bagnavo, pranzavo
tranquillamente e riposavo in un posto lì vicino. Vinsi diversi bonus nella
famosa raccolta del ‘70. Avevo allora 43 anni recentemente compiuti. Il resto
del tempo, fino all’ora di dormire, lo dedicavo ai miei doveri rivoluzionari.
Interruppi quello sforzo personale quando mi causai una ferita al piede
sinistro. L’affilato machete era penetrato nello stivale protettore. La meta
nazionale era di 10 milioni di tonnellate di zucchero ed approssimatamene di 4
milioni di melassa, come sotto prodotto. Non si è mai raggiunta, anche se ci
siamo andati vicini.
L’URSS non era scomparsa, sembrava qualcosa d’impossibile. Il periodo
speciale, che ci ha portato ad una lotta per la sopravvivenza ed alle
disuguaglianze economiche con i loro conseguenti elementi di corruzione, non
era spuntato. L’imperialismo credette che era giunta l’ora di dare il colpo di
grazia alla Rivoluzione. Anche se è onesto riconoscere che negli anni di bonaccia
imparammo a sperperare e non è stato
poco il grado d’idealismo ed i sogni che hanno accompagnato il nostro eroico
processo.
Le grandi rese agricole degli Stati Uniti si sono raggiunte mediante la
rotazione delle graminacee (mais, grano, avena, miglio ed altre granaglie
simili) con le leguminose (soia, alfa-alfa, fagioli, eccetera). Queste immettono
azoto e materie organiche nel suolo. La resa del mais negli Stati Uniti nel
2005, secondo i dati dell’organizzazione delle Nazioni Unite per l’Agricoltura
e l’Alimentazione (FAO), ha raggiunto le 9.3 tonnellate per ettaro.
In Brasile, in un’area coltivata d’uguale dimensione, si raggiungono solamente le 3 tonnellate. La
produzione totale contabilizzata da quel paese amico è stata quest’anno di
trentaquattro milioni seicentomila tonnellate, utilizzata come consumo
alimentare interno. Non può fornire mais al mercato mondiale.
I prezzi di questo cereale, alimento principale di numerosi paesi
dell’area, si sono quasi duplicati. Cosa succederà quando centinaia di milioni
di tonnellate di mais saranno impiegate nella produzione di biocombustibile?
Non menzionerò le quantità di grano, miglio, avena, orzo, saggina ed altri
cereali che i paesi industrializzati utilizzeranno come fonte per il
combustibile dei loro motori.
A ciò s’aggiunge che è molto difficile
per il Brasile realizzare la rotazione del mais con le leguminose. Tra
gli stati brasiliani tradizionali coltivatori, in otto coprono il novanta per
cento dell’intera produzione: Paraná, Minas Gerais, San Paolo, Goiás, Mato
Grosso, Río Grande do Sul, Santa Catarina
e Mato Grosso do Sul. D’altra parte, il 60 % della produzione di canna da
zucchero, graminacea che non si può ruotare con altre colture, si produce nello
stato di San Paolo ed anche negli stati di Paraná, Pernambuco ed Alagoas.
I motori dei trattori, delle macchine raccoglitrici e dei mezzi pesanti
di trasporto per meccanizzare il raccolto, consumerebbero idrocarburi in
quantità crescente. L’incremento della meccanizzazione non aiuterebbe ad
evitare il riscaldamento del pianeta, come provato dagli specialisti che
misurano la temperatura annuale da oltre 150 anni.
Il Brasile produce un eccellente alimento, particolarmente ricco di
proteine: la soia; cinquanta milioni centoquindicimila (50.115.000) tonnellate.
Consuma quasi 23 milioni di tonnellate ed esporta ventisette milioni
trecentomila (27.300.000). Per caso una parte importante di quella soia si
trasformerà in biocombustibile?
Intanto, i produttori di carne bovina cominciano a lamentarsi che i
terreni seminati a foraggio si stanno trasformando in campi da canna.
Il vecchio Ministro dell’Agricoltura del Brasile, Roberto Rodrigues,
importante difensore dell’attuale linea governativa ed oggi copresidente del
Consiglio Interamericano dell’Etanol, creato nel 2006 da un accordo tra lo
Stato della Florida ed il Banco Interamericano de Desarrollo (BID) per
promuovere l’uso del biocombustibile nel continente americano, ha dichiarato
che il programma di meccanizzazione della raccolta della canna non aumenta
l’occupazione, ma, al contrario, produrrebbe un’eccedenza di personale non
qualificato.
Si sa che i lavoratori più poveri, provenienti dai differenti stati, sono
quelli che ricorrono al taglio della canna per impellente necessità. In alcuni
casi, sono persone che devono separarsi per molti mesi dai loro familiari. Era
quello che succedeva a Cuba fino al trionfo della Rivoluzione, quando il taglio
ed il sollevamento della canna era a mano ed esisteva appena la coltivazione ed
il trasporto meccanizzato. Scomparendo il brutale sistema imposto alla nostra
società, i tagliatori, alfabetizzati in massa, hanno in pochi anni abbandonato
il loro pellegrinare ed è stato necessario sostituirli con centinaia di
migliaia di lavoratori volontari.
A questo s’aggiunge l’ultimo rapporto delle Nazioni Unite sul cambio
climatico, confermando quello che accadrà in Sud America con l’acqua dei
ghiacciai ed il bacino acquifero dell’Amazzonia se la temperatura
dell’atmosfera continua ad aumentare.
Nulla impedisce che il capitale nordamericano ed europeo finanzi la
produzione di biocombustibile. Potrebbero anche regalare i fondi al Brasile ed
all’America Latina. Gli Stati Uniti, l’Europa e gli altri paesi
industrializzati risparmierebbero oltre centoquaranta miliardi di dollari ogni
anno, senza preoccuparsi delle conseguenze climatiche e della fame, che colpirebbero
in primo luogo i paesi del Terzo Mondo. Gli rimarrebbero sempre i soldi per il
biocombustibile e per acquistare a qualsiasi prezzo i pochi alimenti
disponibili sul mercato mondiale.
È immediatamente necessaria una rivoluzione energetica che consiste non
solo nella sostituzione di tutte le luci incandescenti, ma anche nel
riciclaggio massivo di tutti gli apparecchi domestici, commerciali,
industriali, di trasporto e di uso sociale, che con le precedenti tecnologie
richiedono il doppio o il triplo d’energia.
Rincresce pensare che si consumino annualmente 10 miliardi di tonnellate
di combustibile fossile, che significa che ogni anno si dilapida ciò che la
natura ha impiegato un milione di anni a creare. Le industrie nazionali devono
affrontare compiti enormi e con ciò incrementare l’occupazione. Così si potrà
guadagnare un po’ di tempo.
Un altro rischio che corre il mondo è una recessione economica negli
Stati Uniti. Negli ultimi giorni il dollaro ha rotto dei record di perdita del
suo valore. Con questa banconota ed i bond nordamericani sono costruite la
maggior parte delle riserve valutarie convertibili di tutti i paesi.
Domani Primo Maggio è un buon giorno per far giungere queste riflessioni
ai lavoratori e a tutti i poveri del mondo, insieme alla protesta contro
qualcosa d’ugualmente incredibile ed umiliante che è accaduto: la liberazione
di un mostro del terrorismo, proprio in coincidenza con il 46. Anniversario
della Vittoria Rivoluzionaria di Playa Girón.
Prigione per il boia!
Libertà per i Cinque Eroi!
Fidel Castro Ruz
30 aprile 2007
6:34 pm.