IL DIALOGO TRA CIVILTÀ
INTRODUZIONE DELL’AUTORE
Lo scorso 3 agosto ho pubblicato, con il titolo Riflessioni sulle dure ed evidenti realtà, un commento riguardo le
prerogative del potere e la sua influenza sugli esseri umani, ed ho citato i ragionamenti
esposti dal colonnello generale Leonid Ivashov, Vicepresidente dell’Accademia
Russa dei Problemi Geopolitici, in passato Segretario del Consiglio dei
Ministri della Difesa della Comunità degli Stati Indipendenti e Capo del
Dipartimento di Cooperazione Militare del Ministero della Difesa della
Federazione Russa. Come ho segnalato in quella occasione, Ivashov è un uomo
realmente ben informato, i cui punti di vista valevano la pena che fossero
conosciuti dal nostro popolo.
L’analisi del generale
Ivashov, raccolta da una nota dell’agenzia russa Ria Novosti del 24 luglio
scorso, partiva dal riconoscimento che il principale strumento della politica
statunitense è la dittatura economica, finanziaria, tecnologica e militare
esercitata dagli Stati Uniti sullo scenario mondiale contemporaneo.
Non ripeterò il
ragionamento del generale Ivashov, che lo porta alla conclusione che, per
neutralizzare i piani dell’egemonia mondiale, è necessario costruire dei poli
di potere alternativi, ed in questo senso desidero solamente chiamare
l’attenzione su una delle sue principali affermazioni:
“All’impero potrà solamente opporsi un’alleanza tra
civiltà: la russa, nella cui orbita è compresa
Questo concetto di “alleanza tra civiltà”, basata sul
predominio delle idee, mi ha ricordato un evento internazionale effettuato nel
nostro paese nel marzo del 2005, dal titolo: “Conferenza Mondiale Dialogo tra
Civiltà. L’America Latina nel Secolo XXI: Universalità ed Originalità”.
Nella citata Conferenza, convocata dal Consiglio
Fondatore del Centro della Gloria Nazionale Russa, ed organizzata dal Ministero
della Cultura e dall’UNEAC, parteciparono quasi 300 scienziati ed
intellettuali, rappresentanti d’associazioni sociali e mezzi d’informazione,
politici e personalità religiose di 29 paesi, riuniti con il proposito
essenziale di rispondere alle attuali teorie sullo scontro tra civiltà, basate
sul carattere emarginante della globalizzazione neoliberale, propugnatrice di
un modello unico, a cui si contrappone la promozione del dialogo tra i popoli,
le culture, le religioni e gli Stati, per trovare delle risposte comuni alle
sfide chiave del mondo contemporaneo.
Fui invitato a dire le parole di chiusura di quella
manifestazione e durante la sessione finale della Conferenza, effettuatasi nel
Palazzo dei Congressi dell’Avana il 30 marzo 2005, pronunciai un discorso, o
meglio, un dialogo improvvisato con gli invitati, partendo dalle dichiarazioni
e dalle domande da loro fatte quel giorno. Affrontai con le mie parole alcuni
temi oggetto di considerazione nelle sessioni di lavoro dell’evento, ed altri
che erano in relazione con i propositi della Conferenza.
Per la loro estensione, nell’occasione quelle
dichiarazioni non furono da me ricontrollate, né il testo fu consegnato alla
stampa. Alla luce delle considerazioni fatta dal generale Ivashov e del suo
riferimento all’alleanza tra civiltà, ho riletto quel discorso e ciò che ho
fatto è stato cancellare un numero di paragrafi che non apportavano dei
contenuti essenziali, controllando alcuni dettagli della struttura e della
redazione del testo. Quando l’ho riletto, io stesso mi sono meravigliato
dell’evoluzione già raggiunta da molte delle mie idee ed inquietudini attuali.
Per tale ragione, ho chiesto di stampare il testo di
quell’intervento. La cosa più importante è ricordare che queste idee sono state
pronunciate il 30 marzo 2005, quasi due anni e mezzo fa.
Se a Rio de Janeiro, più di 15 anni fa, parlai
dell’essere umano come una specie in pericolo d’estinzione a causa della
distruzione delle condizioni naturali di vita, oggi questo pericolo è più
vicino. Nuovi ed imprevisti problemi prodotti dalla scienza, dalla tecnologia e
dallo spreco congenito del neoliberalismo, moltiplicano i rischi politici,
economici e militari. Le idee essenziali esposte nel “Dialogo tra Civiltà”
erano già in embrione. Perciò ho chiesto
che il discorso pronunciato a Rio de Janeiro sia pubblicato come prima parte di
questo materiale.
Fidel Castro Ruz
25 agosto 2007
DISCORSO PRONUNCIATO A RIO DE JANEIRO DAL COMANDANTE
IN CAPO DURANTE
(Versioni Tachigrafiche – Consiglio di Stato)
Sig. Presidente del Brasile, Fernando Collor de Mello;
Sig. Segretario Generale delle Nazioni Unite, Butros Ghali;
Eccellenze:
Un'importante specie
biologica corre il rischio di sparire per la rapida e progressiva liquidazione dalle
sue condizioni naturali di vita: l'uomo.
Ora prendiamo coscienza di
questo problema quando é quasi tardi per impedirlo.
È necessario segnalare che
le società consumistiche sono le fondamentali responsabili dell'atroce
distruzione dell'ecosistema. Sono nate dalle antiche metropoli coloniali e
dalle politiche imperiali che, a loro volta, hanno generato il ritardo e la
povertà che oggi colpiscono l'immensa maggioranza dell'umanità. Con solo il 20%
della popolazione mondiale, consumano i due terzi dei metalli ed i tre quarti
dell'energia prodotte nel mondo. Hanno avvelenato i mari e i fiumi, hanno
inquinato l'aria, hanno indebolito e perforato la cappa di ozono, hanno
saturato l'atmosfera di gas che alterano le condizioni climatiche con effetti
catastrofici che incominciamo già a soffrire.
I boschi spariscono, i
deserti si estendono, migliaia di milioni di tonnellate di terra fertile vanno
ogni anno a fermare il mare. Numerose specie si estinguono. La pressione delle
popolazioni e la povertà conducono a sforzi disperati per sopravvivere, anche a
costo della natura. Non è possibile incolpare di questo i paesi del Terzo
Mondo, colonie ieri, nazioni sfruttate e saccheggiate oggi da un ordine
economico mondiale ingiusto.
La soluzione non può essere
impedire lo sviluppo di coloro che più ne hanno bisogno. La realtà è che tutto
ciò che oggi contribuisce al sottosviluppo ed alla povertà costituisce una
flagrante violazione dell'ecologia. Decine di milioni di uomini, donne e
bambini muoiono ogni anno nel Terzo Mondo in conseguenza di questo, più che in
ognuna delle due guerre mondiali. Lo scambio disuguale, il protezionismo ed il
debito estero aggrediscono l'ecologia e propiziano la distruzione
dell'ecosistema.
Se si vuole salvare
l'umanità da questa autodistruzione, bisogna distribuire meglio le ricchezze e
le tecnologie disponibili sul pianeta. Meno lusso e meno sperpero in pochi
paesi affinché si abbia meno povertà e meno fame su gran parte della Terra. Non
più trasferimenti al Terzo Mondo di stili di vita ed abitudini di consumo che
rovinano l'ecosistema. Rendiamo più razionale la vita umana. Applichiamo un
ordine economico internazionale giusto. Utilizziamo tutta la scienza necessaria
per uno sviluppo sostenuto senza inquinamento. Paghiamo il debito ecologico e
non il debito estero. Scompaia la fame e non l'uomo.
Quando le supposte minacce
del comunismo sono sparite e non rimangono più pretesti per guerre fredde,
corse agli armamenti e spese militari, che cosa impedisce di dedicare
immediatamente queste risorse a promuovere lo sviluppo del Terzo Mondo e a
combattere la minaccia di distruzione ecologica del pianeta?
Cessino gli egoismi,
cessino gli egemonismi, cessino l'insensibilità, l'irresponsabilità e
l'inganno. Domani sarà troppo tardi per fare ciò che avremmo dovuto fare molto
tempo fa.
Grazie.
(Ovazione)
Discorso pronunciato dal
Comandante in Capo Fidel Castro Ruz, alla chiusura della Conferenza Mondiale
Dialogo tra Civiltà. America Latina nel XXI secolo: Universalismo ed
Originalità, Palazzo dei Congressi, 30 marzo 2005.
(Versione tachigrafica – Consiglio di Stato)
Cari amici:
mi riferisco a tutti
gli invitati provenienti da altri paesi o da Cuba.
Devo confessare che la parola
“straniero” non mi piace, è come se mi rivolgessi a voi, dicendo: “Cari
strani”.
È molto probabile che
poche volte qualcuno abbia avuto la possibilità – allo stesso tempo la sfida –
di riunirsi con un gruppo come questo. Bisogna essere, in primo luogo, un
indovino per sapere di cosa debbo parlare. Ho fama di parlare molto, a volte di
dilungarmi, ma questa sera non è mia intenzione, sebbene non sempre le
intenzioni coincidono con i risultati (Risate); però lo so, e non perché ho
partecipato agli interventi – come mi sarebbe piaciuto molto. Ho avuto la
fortuna di ricevere un riassunto delle attività e dei diversi interventi.
La prima cosa che mi
viene in mente è l’idea di congratularmi con coloro che hanno avuto l’idea di
creare un evento come questo e chiamarlo con un nome che lo sintetizza:
“Dialogo tra Civiltà”.
Chiunque non fosse
stato al corrente delle riunioni o del contenuto del vostro compito, avrebbe
potuto pensare che si trattava di un gruppo impegnato a scambiarsi impressioni
filosofiche, oppure occupato in interessanti interscambi e riflessioni.
Per ciò che ho letto, penso che il contenuto
di questo dialogo sia molto più alto e più profondo di ciò che si sarebbe
potuto immaginare dal titolo.
Mi sembra che avete realmente partecipato ad un dialogo, non so se dire,
tra le civiltà o per le civiltà.
Bisognerebbe riprendere
i concetti di civiltà e domandarsi: che cosa sono le civiltà? Fin da quando ero
ragazzo ed andavo a scuola, questo non tanto tempo fa (Risate), - mi sembra
ieri che ascoltavo i primi concetti sul mondo, sulla storia -, si diceva che
questo mondo era civilizzato e che gli europei erano arrivati in questo
emisfero per portare la civilizzazione.
Si diceva pure che si
doveva andare in Africa, a civilizzare gli africani e sono andati nel Pacifico,
in quello che allora si chiamava Oceano Indico a civilizzare gli indiani e gli
indonesiani; un po’ più lontano ed arrivarono in Cina, a civilizzare
Abbiamo tutti sentito
parlare tanto tempo fa, ed anch’io da ragazzo, di Marco Polo, dei suoi viaggi
in Cina e si sa che esisteva già da
molto tempo una civiltà cinese, e che ci furono una civiltà indiana, un’altra
nell’Eufrate, diverse in Mesopotamia, e curiosamente tutto ciò accadeva prima
della civiltà greca e di quella romana, e prima della civilizzazione
europea.
Un giorno ero in visita
in Africa, in Sudafrica, e mi invitarono in un villaggio dove vi era una statua
costruita in memoria di un bambino morto durante una delle proteste contro
l’apartheid ed in quel luogo ho riflettuto sul fatto che ai tempi in cui in
Africa, in alcune zone dell’Africa, vi era già una civiltà, in Europa le tribù
barbare vagavano da una regione all’altra.
Sappiamo che Giulio
Cesare a quei tempi guadagnò la sua gloria combattendo con le sue legioni le
tribù barbariche germaniche, e dopo averle soggiogate conquistò con la guerra
le Gallie ed arrivò a quella che è oggi
Uno dei pretesti che ho
letto in un libro di uno degli scrittori di quell’epoca, Bernal Díaz del
Castello, era quello di doverli civilizzare perché facevano sacrifici umani. Se
si dovesse civilizzare coloro che fanno sacrifici umani, allora a questo mondo
bisogna civilizzare ancora molta gente.
Penso, per esempio, che
bisognerebbe civilizzare quelli che bombardano le città, terrorizzano milioni
di uomini, donne e bambini e dopo dicono che ci sono state perdite civili. Indipendentemente
dalle perdite civili che ci sono sempre in tutti i bombardamenti, ed i russi lo
sanno meglio di tutti, dato che hanno conosciuto i bombardamenti su Leningrado
e gli attacchi a sorpresa. I russi
ricorderanno quel 21 giugno quando le truppe d’Adolf Hitler, con le divisioni
corazzate, con l’impiego di migliaia di aerei, centinaia di divisioni
perfettamente armate, decine di migliaia di carri armati e cannoni, attaccarono
di sorpresa e senza avviso quello oscuro angolo del mondo che si chiamava Unione
Sovietica; le divisioni penetrarono a tutta velocità, alcune fino a Leningrado,
altre direttamente verso Mosca, altre al sud, direttamente in direzione di
Kiev.
Quelli come noi, che
hanno avuto la possibilità di conoscere e d’ammirare la grande prodezza del
popolo russo, sanno quale terribile sciagura ha dovuto improvvisamente
affrontare, in poche ore, mentre i soldati si trovavano in quella famosa
fortezza di Brest-Litovsk, che, nonostante la sorpresa, si difese tanto
gagliardamente ed eroicamente. Nello studio di questi fatti abbiamo così potuto
osservare qualcosa che dice molto dei valori storici del popolo russo, perché
mentre in qualsiasi luogo la notizia dei carri armati nemici nella retroguardia
era il segnale d’alzare le mani e la bandiera bianca, i russi invece non si
arrendevano, i russi non alzavano la bandiera bianca.
A volte uno riflette su cosa sarebbe successo
se quel popolo russo fosse stato mobilitato, se l’esercito russo ed i suoi
alleati fossero stati messi in stato d’allarme. Noi, un paese piccolissimo,
un’isoletta qui a fianco del potente vicino, quante volte abbiamo dovuto
prevedere i pericoli e dichiararci in stato d’allarme? Perché ci siamo proposti
che mai nessuno avrebbe potuto sorprenderci ed attaccarci impreparati. Non rovisto
nella storia, ne parlo di responsabilità, però è un fatto reale che se il
popolo e le sue forze armate fossero state mobilitate, so molto bene dove
sarebbe finita
Nel nostro paese non si
sa quanti libri siano stati pubblicati sul tema, e quando grandi pericoli ci
minacciavano, ricorrevamo alla letteratura eroica russa. E così si pubblicavano
centinaia di migliaia di libri per ispirare il nostro popolo all’idea che se il
popolo lotta e resiste può affrontare qualsiasi difficoltà.
Voglio dire che per noi
l’eroismo dei russi non è qualcosa come l’eroismo di cui abbiamo letto, per
esempio, di coloro che a Sagunto e Numancia, hanno lottato contro le truppe
romane fino all’ultimo uomo ed allo sterminio della popolazione, ma che abbiamo
vissuto insieme una parte della storia, la parte difficile. Voi l’avete vissuta
prima e noi dopo, costantemente minacciati da un’invasione e non ci minacciava
l’isola di Gran Caimán, che è al sud di Cuba ed è di alcuni chilometri
quadrati, con forse 8.000 o 10.000 abitanti, ma ci minacciava un paese con 8, 9
o 10 milioni di chilometri quadrati, quasi 300 milioni d’abitanti ed è la
potenza che, dal punto di vista tecnico, economico e militare è prevalsa negli
ultimi 60 anni, la superpotenza statunitense. Un grande pericolo.
Noi c’ispiravamo alle
gesta del popolo sovietico, devo dirlo, non devo avere timore a pronunciare
questa parola; però sappiamo che l’anima di quella resistenza, l’asse di quella
resistenza, il centro di quella resistenza, era il popolo russo, senza sminuire
assolutamente l’eroismo di altri popoli che hanno lottato insieme ai russi.
Retamar parlava
dell’invasione della Russia da parte delle truppe napoleoniche; Napoleone che
fu un rivoluzionario, rappresentante di quella grande rivoluzione,
indiscutibile genio militare, ma genio militare durante una rivoluzione; senza
Non sono gli uomini che
fanno la storia, è la storia che fa gli uomini, le figure, le personalità; gli
uomini interpretano, in un modo o nell’altro, gli avvenimenti, ma sono figli
della storia. Senza questi processi storici – vediamo qui l’ambasciatore del
Venezuela, il nostro amico Adán, porta il nome del primo essere vivente che ha
abitato il pianeta, ma è il rappresentante del paese di Bolivár – senza quegli
avvenimenti storici non si conoscerebbe oggi il nome di Bolivár.
Fu la grande crisi,
l’occupazione della Spagna da parte di Napoleone, l’imposizione di un re
francese, un fratello – e credo mezzo tonto – del gran imperatore, che dette
luogo ad una ribellione come atto, in primo luogo, di lealtà, non da parte di
Bolivár, ma di quella società che era, tra l’altro, una società rappresentata
in quel momento dai settori più ricchi, i settori dominanti.
Però senza quelle
vicende storiche, senza quella rivoluzione oggi non si conoscerebbe il nome di
Bolivár, se fosse nato 30 anni prima o 30 anni dopo. Non si conoscerebbe il
nome di Martí, non si conoscerebbero nemmeno i nomi di molte grandi figure
storiche, la cui fama, più che i meriti sono scaturiti dalle vicende storiche.
Lo dico di tutte le grandi figure storiche: Martí, quando nasce è figlio di un
militare spagnolo, genitori spagnoli, possiede un’enorme sensibilità, e nasce
in questa terra in un momento di crisi. Le grandi vicende storiche sono frutto
delle crisi.
Dico questo, perché la
storia – esistono molte interpretazioni della storia – è composta da una serie
di fatti ed avanza a tappe. La storia di cui parlavamo, la storia di quelle
civiltà che sorsero prima della greca e della romana, ci sta insegnando molte
cose.
Penso che la storia
dell’uomo è la storia delle guerre, la storia delle conquiste, la storia della
dominazione di un popolo sull’altro, di un gruppo sull’altro. In un dato
momento nacquero gli imperi, ma il romano non è stato il primo, ce ne sono
stati altri prima. In Cina sono esistiti degli imperi. Lì esisteva il famoso
esercito di terracotta, che i cinesi hanno estratto dalla terra e riflette in
modo impressionante l’evoluzione dell’arte, della cultura, della tecnica, della
civiltà.
Sono esistiti imperi in
Asia. L’impero persiano è stato molto prima di quello romano, anteriore anche
al famoso impero d’Alessandro. Alessandro organizzò ad un certo punto
l’esercito – bene, l’organizzò sua padre – e molto giovane iniziò l’invasione
dell’Asia Minore e di tutti quei paesi. Stavano lottando contro un imperatore
persiano, credo che distrusse Persepoli, dicono che portò la civiltà greca. È
così strano ascoltare che la civiltà greca possa essere ispiratrice della
distruzione di una città come Persepoli. Rimangono dei resti e senza dubbio
deve essere stata una meraviglia. Anche la civiltà della Mesopotamia è stata
distrutta, i famosi giardini pensili non si sa dove siano finiti, di ciò che
furono rimane solo un’idea. Era un’invasione dietro l’altra. L’Europa è stata
invasa ad ondata successive dalle tribù barbare. Le tribù barbare finirono per
distruggere l’impero romano, soprattutto quando le legioni romane smisero di
essere romane poiché costituite da soldati di quelle tribù barbare che alla
fine distrussero l’impero. Nonostante ciò, naturalmente, in ognuna di queste
tappe sono nati dei grandi valori, in
tutte le epoche, fin da quella che ha preceduto la nostra era, come i filosofi
antichi, i filosofi greci precisamente, nati prima della nostra era, come
Aristotele che si dice fu il precettore d’Alessandro Magno. Come raccontano le
storie scritte da veri eruditi che hanno conosciuto le abitudini di quell’epoca
e spiegano che Aristotele fu il precettore del figlio di Filippo di Macedonia.
Ossia, ognuna di queste tappe ha creato dei valori e
delle culture che si sommavano ad altre; però quando parliamo di civiltà non
possiamo ignorare quella maya, che conosceva lo spazio, l’azteca, l’inca o
quelle preincaiche.
Ho conversato con uomini eminenti come l’esploratore
Heyerdahl, il famoso autore del Kon-Tiki.
Si dedicava allo studio delle grandi civiltà. Lavorò molto in Perù e mi
raccontava come ci fossero delle cose e delle distanze nella pianura che si
potevano percepire solamente da un’altezza di 2000 o 3000 metri, costruzioni
che erano opere d’ingegneria, risultato di conoscenze d’ingegneria che non
esistevano in Europa ai tempi della conquista di questo emisfero. In modo tale
che ci portarono quelle civiltà, e ci conquistarono fino a quando? Fino ad oggi
quasi, dico quasi, perché molti siamo ancora conquistati e dominati da altre
civiltà che imperano sui resti di quelle che esistevano in questo emisfero e
questo senza dimenticare i grandi valori che i conquistatori ci hanno portato,
perché tutte le civiltà creano dei valori, anche se sono valori che si
scontrano uno con l’altro.
Quando ascolto questa frase: Dialogo tra civiltà, mi
viene in mente l’idea di una somma di valori, la somma dei valori di tutte le
civiltà, ed è come parlare d’alfabetizzazione: è insegnare agli ignoranti quei
valori che non hanno potuto conoscere, perché non avevano un maestro, non
avevano una scuola. Quando si parla d’alfabetizzare si pensa a questo, a
trasmettere valori, ma dobbiamo domandarci: quali valori trasmettiamo?
Ho ascoltato con emozione le parole pronunciate
sull’addio allo sciovinismo, al rigido nazionalismo, agli odi, alle
intolleranze, ai pregiudizi ed è portando tutto ciò che di buono possiedono le
culture, tutte le civiltà e tutte le religioni, educando ad un’etica
universale, veramente necessaria in questo mondo neoliberale globalizzato, nato
per globalizzare l’egoismo, i vizi, le ansie di consumo, il tentativo di
accaparrasi le risorse altrui e di schiavizzare gli altri.
Si dice che è stato un gran passo in vanti, quello
dalla schiavitù romana al feudalesimo prevalso in Europa, durante il Medio Evo,
fino al momento in cui ci scoprirono. Dico ci scoprirono, perché sebbene abbia
una parte del sangue degli scopritori, mi sento figlio di questa terra, di questa
isola, ma soprattutto mi sento figlio dell’umanità. Abbiamo avuto un gran
patriota, un gran filosofo che una volta disse – e non era l’epoca
dell’internazionalismo, era un uomo che lottava per l’indipendenza della sua
patria contro il colonialismo spagnolo, ma disse una frase degna di essere
registrata per il futuro -: “Patria è umanità!” quell’uomo si chiamava, si
chiama e si chiamerà sempre José Martí. Vedete: “Patria è umanità!” Qui, dove
si sono riuniti rappresentanti di oltre 25 paesi, scienziati, intellettuali,
leader religiosi, per sostenere questo dialogo tra civiltà, non avete per caso
avuto un sentimento o un’impressione che “Patria è umanità!”?
Lo chiarisco perché odio lo sciovinismo, lo ripugno
come ripugno molte cose dell’uomo nel suo lungo cammino della sua breve storia…
nessuno sa se l’homo sapiens nacque 50.000 o 100.000 o centinaia di migliaia di
anni fa. Gli archeologi passano la loro vita cercando crani per vedere in quale
momento dell’evoluzione della specie nacque l’uomo. E lo dico senza alcun
timore, anche se so che molti sono religiosi, perché lo stesso capo della
Chiesa Cattolica alcuni hanno fa dichiarò, a mio giudizio con molto valore, che
la teoria dell’evoluzione non è inconciliabile con la dottrina della creazione.
Non conosco, concretamente, ciò che pensano su questo punto altre religioni, le
rispetto tutte e rispetto tutti i criteri, ma cito un esempio di come
interpreta queste conoscenze
Ho studiato in una scuola religiosa, sono stato
critico, e posso esserlo ancora, del modo in cui mi insegnavano la religione,
con un senso molto dogmatico. Tutte le persone non nascono uguali ed ognuna ha
il proprio carattere, la propria forma d’essere. Io sento un rifiuto per le
cose che cercano d’impormi o che mi obbligano a credere senza riuscire
persuadermi di ciò di cui vogliono che io creda. Cosicché ognuno ha la sua
maniera di reagire.
Però dico che le stesse chiese hanno fatto degli
sforzi.
Vedete che insegnamento, come ogni uomo che passa
lascia qualcosa. Quel ribelle che morì con quelle parole, che possono essere o
non essere certe, almeno le ha ispirate. Vedete che bell’esempio di dignità, di
eroismo.
Dicevo che tutti gli errori che abbiamo commesso
dobbiamo superarli ed i valori che abbiamo creato dobbiamo unirli. Interpreto
così quello che potrebbe chiamarsi un dialogo tra civiltà, il cui spirito
condivido al cento per cento e mi rende felice. Magari un giorno potrò
partecipare ad un dialogo completo e non alla chiusura del dialogo,
conoscendolo grazie ad un riassunto di ciò che si è discusso.
Il nostro illustre ospite, che abbiamo ricevuto con
molta soddisfazione e che sappiamo non ha nessuna colpa d’essere arrivato
tardi, potremmo chiamarla una contraddizione di punti di vista, una
contraddizione tra civiltà, parlava della soddisfazione con cui aspettava in
Grecia il prossimo dialogo, dove potranno partecipare quelli che lo desiderano,
e mi è venuta in mente una cosa molto recente, che io, amante da sempre dello
sport, desideroso di vedere le olimpiadi, a cui non sono mai stato, anche
potendoci andare. Credevo però di avere diritto di partecipare ad un olimpiade,
se lo desideravo, e lì in Grecia mi avevano invitato moltissime persone,
perfino della Chiesa Ortodossa greca, e mi avevano promesso di portarmi ad un
famoso convento. Ho veramente la mente colma di idee, di ricordi, delle cose
che mi hanno raccontato, di ciò che mi hanno raccontato della storia di quella
chiesa e di ciò che avevano fatto, di ciò che avevano creato. Ero molto
interessato poiché lo stesso giorno in cui fu inaugurata la chiesa di quella
religione mi aveva fatto visita il Patriarca ecumenico della Chiesa Ortodossa
greca, e si parlava già anche della prima pietra della Chiesa Ortodossa russa,
che avrà anch’essa una cattedrale qui, per la soddisfazione di tutti noi, nello
stesso modo in cui è presente nella nostra città una moschea, e sono
rappresentate tutte le religioni. Abbiamo questo onore, siamo compiaciuti e ci
onora che siano qui rappresentate. Credo che il nostro paese sia stato in
questo, un esempio di come può esserci ecumenismo, non solo in campo religioso,
ma anche nel rispetto dei sentimenti altrui.
Non potrei essere ecumenico con coloro che negano
agli altri il diritto a pensare e a credere, perché per noi, che tanto accusano
di violare i diritti umani, il primo diritto umano è quello di pensare, il
diritto a credere, il diritto a vivere, il diritto a sapere, il diritto a
conoscere la dignità, il diritto ad essere trattato come gli altri esseri umani, il diritto ad
essere indipendente, il diritto alla sovranità come popolo, il diritto alla
dignità come uomo.
Se parliamo di diritti umani, pensiamo che
bisognerebbe realmente organizzare delle olimpiadi, riunirci noi accusati,
insieme a tutti i falsi e gli ipocriti che ci sono al mondo, in una sala come
questa e discutere quali sono i diritti umani e quali sono quelli che abbiamo
violato e quelli che abbiamo difeso per decenni, senza abbandonare una sola
volta i nostri principi. Voi, molti dei quali siete religiosi, potrete in
conclusione ricordare e ci liberi Dio – non sono credente nel senso
tradizionale della parola – dall’dea di paragonarci con nessun altro
personaggio della storia. Io non sono io; io parlo a nome del popolo di Cuba,
rappresento migliaia, centinaia di migliaia, milioni esseri umani che abitano
quest’isola. Non intendo paragonarmi a nessuno, però quest’isola è stata più
calunniata dei primi cristiani, è stata più calunniata di coloro che erano
divorati dai leoni nel circo romano, più calunniata di coloro che vivevano
nelle catacombe perché avevano un credo.
Esistono credi religiosi e credi politici. Ci sono
convinzioni religiose e convinzioni politiche, nel miglior senso che si possa
usare questa parola tanto manipolata e tanto disprezzata che si chiama
politica. Esistono le idee politiche. Concepisco come idee politiche quelle che
siano realmente degne della vita di un uomo, del sacrificio di un uomo, del
sangue di un uomo, della morte di un uomo, o di molti uomini, del popolo intero
se fosse necessario sacrificarsi per difendere quei valori; chi difende i
valori sa che senza valori non c’è vita. E dico di più: senza valori non esiste
civiltà, perché quando parliamo di civiltà – e sappiamo che sono state molte e
non poche sono scomparse – potremmo anche chiederci quanto possono durare
queste civiltà se non facciamo i passi necessari, come state cercando di farlo
voi qui, affinché sopravvivano, non la civiltà, ma la specie, perché per la
prima volta nel lungo cammino della breve storia, la sopravivenza dell’umanità
è in pericolo. Inviterei qualcuno a rispondere se la sopravvivenza della specie
sia mai stata in pericolo come ora.
Prima c’era l’impero romano, la civiltà greca, o la
grecoromana, in altri tempi ancora l’egizia, la persiana e quella già citata
della Mesopotamia. Ossia, le civiltà sono stati presenti in questo e
quell’emisfero, poiché l’uomo ha portato la civiltà dappertutto. È provato che
l’uomo che era da questa parte dell’Atlantico aveva lo stesso sviluppo mentale
e la stessa intelligenza di quello rimasto nel Vecchio Mondo. E i geofisici,
coloro che studiano
Vorrei sapere quanto petrolio rimarrà sulla terra tra
91 anni – siamo nel 2005 – dato che nel 1896 si consumavano 6 milioni di
tonnellate di petrolio all’anno ed oggi se ne consumano 82 milioni di barili,
ossia quasi 12 milioni di tonnellate al giorno.
Ripeto, care amiche e cari amici, 109 anni fa questo
homo sapiens, la cui sapienza è tutta da dimostrare, consumava 6 milioni di
tonnellate all’anno ed oggi ne consuma 12 al giorno e il consumo cresce al
ritmo di 2 milioni di barili giornalieri all’anno, e non basta e d è sempre più
caro.
E ricordo un solo problema, quello dell’energia e ci
si potrebbe domandare quanto durerà questa comoda energia, di cui i nostri
civilizzati vicini – non mi riferisco al popolo - , questo tanto civilizzato
governo, non voglio menzionare nessuno perché non voglio ferire nessuno, bene,
chiamateli come volete - , questa politica tanto civilizzata e tanto umanitaria
che s’oppone ai Protocolli di Kyoto, un semplice e limitato tentativo di
contenere la contaminazione dell’atmosfera. È qualcosa degno di rifiutare.
Quel paese consuma il 25% dell’energia mondiale.
Adesso vi è una crisi petrolifera, c’è e ci sarà. L’ultima più significativa è
stata nel 1975 ed adesso si dice che il petrolio sia caro. No, nel 1975 era
caro.
Non siamo dei petrolieri, può essere che lo siamo, ma
non stiamo difendendo con questo nessuna idea, sto solo dicendo che è meglio.
Infatti, se hanno intenzione di contaminare il mondo, più è caro, più alta è
la speranza che duri alcuni anni ancora, prima che ci avvelenino, che ci
intossichino, che finiscano di cambiare il clima e ci sia almeno una speranza
che piova.
Stiamo attraversando il periodo di siccità più
intenso nella storia di questo paese. L’altro giorno ho sentito un tuono e mi
sembrava di trovarmi in un altro paese, come quando visitai
Calcolate quanti camion stanno trasferendo l’acqua. E
perché? Non è necessario aspettare le calende greche – bisogna sempre
menzionare i greci, veramente – c’è bisogno ora. Una siccità come questa ci
obbliga a dire addio non solo alle armi, come voleva Hemingway, anche se alle
armi non possiamo dire ancora totalmente addio, addio all’idea di vivere della
industria dello zucchero e della canna: la canna ha bisogno d’acqua. Abbiamo
riempito di bacini questo paese, ma sono vuoti; solo eccezionalmente c’è un
bacino che si trova in un’area isolata con un po’ d’acqua e non abbiamo perso
la speranza che possa piovere.
Per esempio, vedo che in Venezuela piove moltissimo.
Il Venezuela è l’esempio. In un posto piove molto in un altro poco. Il clima è
disturbato, è il meno che si possa dire, ed è una delle conseguenze della
contaminazione ambientale. Perciò dicevo che il prezzo alto può aiutarci a far
in modo che i pazzi diventino un po’ più saggi, che smettano di sperperare le
risorse naturali e distruggere le condizioni naturali di vita del pianeta,
affinché esistano le civiltà e possano dialogare, perché per dialogare bisogna
innanzitutto vivere. Non ci dimentichiamo di quel filosofo che disse. “Penso,
dunque sono.” Si potrebbe anche dire: “Per pensare bisogna esistere, per
dialogare bisogna sopravvivere e per sopravvivere bisogna realmente lottare.”
Non esagero e sono fermamente convinto di non
esagerare quando dico che dobbiamo lottare e, ripeto, lottare molto duramente
se vogliamo che le civiltà sopravvivano, ma oltre alle civiltà, sopravviva
soprattutto la specie portatrice di queste civiltà, con tutti i suoi difetti ed
i suoi errori. È da questa prospettiva che ho meditato sul dialogo e la
riunione che avete fatto e che farete il prossimo anno in Grecia, alla quale,
disgraziatamente, non potrò partecipare, perché, nonostante tutti gli inviti
ricevuti, mi hanno proibito di andare alle olimpiadi. Non mi hanno detto che mi
era proibito, sebbene abbia molte proibizioni in questo mondo: mi è proibito
vivere, devo costantemente evitare, più o meno sopravvivendo; devo sopravvivere
perché costantemente c’è chi vuole che non viva e fa tutto il possibile. Adesso
mi tengono un po’ più tranquillo per gli anni che ho e pensano che ci penserà
la natura, ma so quanto sono impazienti (Risate). Non vi potete distrarre,
capite?
Ho letto su un giornale: “Castro non è stato
invitato.” È falso; qualcuno su un giornale calunniatore ha scritto che Castro
avrebbe assistito ai giochi olimpici ed immediatamente il portavoce del governo
di lì, non so di che governo, perchè non so che partito stia governando e
nemmeno m’interessa, scusatemi la mancanza di rispetto, non so se di sinistra o
di destra. Però voi lo saprete meglio di me, io non so se c’è un nuovo governo,
se ci sono state elezioni, se c’è stato un cambio. Per me è lo stesso perché mi
dispiacerebbe non poter andare ad una di
quelle conferenze se mi invitano, nonostante debba schivare molti ostacoli
poiché mi stanno dando la caccia dappertutto. Mi rimangono alcuni ostacoli, mi
obbligano a volare con due aerei, come voi sapete, sebbene sia uno degli uomini
più “ricchi” del mondo. Sapete, questo è un giornaletto nordamericano, che ha
dei conti in sospeso con me, che deve saldare, solo che in questi giorni sono
molto occupato con altre cose, ma avrà la sua rispostina, perché già da qualche
annetto hanno questo conticino, e mi obbligano rispondere. Cosa faremo? Parlerò,
ma non ho molta fretta, ho cose molto più importanti. Domani stesso ho cose
molto importanti d’affrontare e ne ho affrontate e non voglio perdere un
minuto.
Vi stavo dicendo che dovete sapere che sono uno degli
uomini più ricchi del mondo, questo Palazzo dove siete riuniti è mio, perciò
non dimenticatevi di pagare. Non so se avete dovuto pagare alle organizzazioni
turistiche, ma sappiate che questo Palazzo è mio. Miei sono tutti i centri di
ricerca, tutte le scuole e tutti gli ospedali che stiamo costruendo, miei le
decine di migliaia di medici e le centinaia di migliaia di professionisti
universitari creati dalla Rivoluzione. Secondo questo punto di vista, sono il
padrone di questo paese, anche i pochi pesci che rimangono lì sono miei.
Capite? Gli uccelli che vanno e vengono, che sorvolano questo paese, sono miei;
dicono che perfino questo Palazzo è mio, un affare. Bisogna ridere, no? Dicono
che ride bene chi ride ultimo (Applausi). A questo giornaletto gli darò un
colpetto, una stoccata di cui si pentiranno. Non voglio parlare di questo
adesso, non voglio distrarmi. Però lo avverto, già che stavamo parlando di
ricchezza. Dato che sono uno degli uomini più ricchi. Credo d’occupare la sesta
posizione; non so che posizione occupi tu, ma qui dicono che sei un uomo che
hai onestamente, come imprenditore,
raggiunto un gran successo. E Bill Gates? Dicono che sia uno dei più
ricchi e credo che ora ci siano alcuni rivali, in una forma o nell’altra, però
ciò che non è lecito è che io sia padrone di questo, non sia lecito che sia
ricco, con tutta dignità, non è lecito, non ho diritto d’essere ricco. Quando
ero ragazzo, mio padre possedeva un po’ di soldi e dicevano che era ricco;
ricco a livello di latifondo, non un ricco come Bill Gates. Però io non sono e
né ho il diritto d’esser ricco. Però sono qui e lo sto commentando con voi. Ma
come ho detto devo avere due aerei, perché se con una freccia stanno aspettando
il mio per abbatterlo, devo fare delle manovre per confonderli ed a volte
attera il mio per primo e dopo l’altro. Ci sono delle volte che decollando ho
detto:”Spegnete tutte le luci” perché m’immagino l’uomo con la freccia. Così
voi che mi state invitando a recarmi là, sappiate che è a costo della mia vita
ed ora l’apprezzo veramente come non mai: sapete perché? Perché il poco tempo
che mi rimane lo voglio dedicare con tutta la mia forza e l’esperienza
accumulata negli anni a fare ciò che stiamo ora facendo: però non ne voglio
tanti, me ne bastano due o tre ancora, trarremo profitto dai quasi 50 anni di questo
mestiere (Applausi).
Dico che non voglio morire, non vuol dire che tremo
se domani devo morire. No, sto bene, ho una capacità di rassegnazione e di
pazienza tremenda, ma possiedo un grande entusiasmo di ciò che stiamo facendo
in questo momento e se volete, se avete pazienza e sempre che sia prima,
diciamo, delle 8:00, vi racconto di alcuni temi che possono interessarvi. Non
sono venuto a dire le cose che interessano a me, ho cercato d’indovinare ciò
che possa interessarvi, ho cercato di prendere alcune delle vostre idee, però
credo che avete fatto delle domande ed avete discusso di argomenti diversi da
questi. Mi sonno messo a filosofeggiare un po’ sulle civiltà e sono arrivato a
ciò che vi sto dicendo. Mi sembra che la cosa più importante da dire è che sono
convinto che la sopravvivenza della specie corre dei rischi e sono rischi
reali. Se avete fatto un viaggio tanto lungo ed avete avuto la pazienza super
di aspettare che vi dicessi alcune parole, vi dirò la cosa più importante cioè
che condivido questo sentimento e sono convinto che l’umanità stia correndo un
rischio, non basandomi sulla fantasia, ma sui fatti, sui calcoli, sulla
matematica e che bisogna salvare la
pace, la specie e credo che si possa. Non parlerei di questo se fossi un
pessimista, se pensassi che il problema non tenesse soluzione, credo che la
tenga e sono abituato ad affrontare problemi difficili, poiché non è
l’immaginazione di qualcuno. Credo che ci sia la soluzione ed è la cosa più
importante, ma posso parlarvi di alcuni altri temi.
Ciò che volevo alla fine dirvi è che a lui non lo
lasciavano viaggiare perché veniva a Cuba, l’hanno fermato lì ed allora ha
espresso la sua buona volontà. Io ne approfitto, calcolo e riscuoto. No, non
sarei andato alle olimpiadi, perché abbiamo veramente dei compiti impegnativi.
Non sono andato nemmeno a quella di Mosca e sono andato a quella di Barcellona
perché si stava svolgendo un evento internazionale e ci portarono lì a vedere
l’inaugurazione. Quello che so è il numero di medaglie vinte dagli atleti
cubani e Cuba ha nello sport il maggior numero di medaglie d’oro pro capite,
medaglie olimpiche di tutti i tipi. Chiaro, non lo dico per sciovinismo,
sebbene alle volte siamo sciovinisti sportivi. Non lo sono nemmeno nello sport
ed è vero che mi emoziono per la mia squadra, è logico, ma sono sempre capace
di riconosce i meriti e le capacità dell’avversario che ci sconfigge in una
buona competenza sportiva, non nella boxe, dove ci hanno rubato una quantità
industriale di medaglie d’oro, perché ciò che è prevalso nel pugilato è la
mafia. Ci sono sport dove non prevale lo spirito olimpico, bensì la mafia.
Voglio dirvi che apprezzo le olimpiadi, sebbene siano
per i paesi ricchi, deve essere New York, gli Stati Uniti o il Giappone. Alla
Grecia hanno dato il diritto di celebrarle per miracolo, perché sono stati gli
inventori delle olimpiadi oltre 2000 anni fa. Quell’uomo che era arrivato di
corsa per annunciare il risultato della battaglia… Quale, delle tante guerre?
Una delle tante battaglie, delle mille battaglie, visto che l’uomo si è
dedicato quasi interamente a questo. (Qualcuno gli dice: “La battaglia di
Maratona”.) Venne chiamata così.
Un altra volta, alle Termopili, un contadino disse
all’uomo dei due milioni di soldati. Non possono essere stati realmente due
milioni. Quando alle elementari ho letto la storia, credevo fosse vero e che di
lì erano passati così tanti uomini. Un giorno in visita in Turchia per un
evento internazionale, attraversai il Bosforo, dove dicono furono poste le navi
al passaggio dei due milioni di Serse, mentre gli spartani li aspettavano alle
Termopili solamente in 300. Domandate alla Stato Maggiore degli Stati Uniti
come si possono rifornire 2 milioni di persone. È necessaria tutta la flotta
mercantile e tutta l’aviazione per rifornire 2 milioni di uomini, soprattutto
se vanno con Coca Cola, gelati, bibite e mangiare di prima scelta. Non so che
tipo d’alimentazione avevano quei soldati persiani.
Ma ci fu un’altra battaglia, delle molte dei greci e
nacque quindi quella maratona. Siccome siete stati i fondatori delle olimpiadi,
con il sostegno di tutti, tra cui il nostro, siccome abbiamo difeso il diritto
dei greci alla loro olimpiade. Però
Perciò gli hanno dato l’olimpiade. Adesso si stanno
già contendendo i grandi investimenti. Bisogna essere multimilionari. I cinesi
hanno ottenuto di organizzare un olimpiade lottando molto duramente e dopo essere
quasi diventati il più importante motore dell’economia mondiale. Hanno ottenuto
i Giochi Olimpici del 2008 e non so chi può battere i cinesi nell’organizzare
uno spettacolo come le olimpiadi.
Scusatemi la mia brutta abitudine di dire sempre ciò
che penso, ciò che credo sia vero.
Mi sono dilungato sul tema per spiegarvi le mie
valutazioni, l’importanza che do a questa riunione, ossia, esortarvi a
continuare a lottare e a fare ciò che avete fatto.
Ci sono dei temi molto importanti qui affrontati: temi
regionali, internazionali, temi associati alla pace. Spero che gli interventi
siano pubblicati con delle memorie e siano divulgati, per non rimanere
solamente nell’ambito di un ridotto numero di persone. Le discussioni mi
sembrano molto valide e molto libere. Ognuno ha esposto la sua opinione senza
alcun timore; ognuno ha detto le proprie verità e credo che ne valga la pena,
offrendovi tutto il nostro appoggio e tutta la nostra cooperazione, sempre che
sia nelle nostre disponibilità.
È una valutazione. Non ha parlato il sentimento. Qui
il sentimento ha parlato quando ha parlato Retamar ed ha espresso, tra l’altro,
l’allegria dei cubani per la presenza a questo evento di tanti rappresentanti
russi.
Ho ricordato la storia vissuta in comune per 30 anni.
La collaborazione russa è stata per noi molto preziosa, in quel momento la
collaborazione sovietica, perché esisteva uno Stato sovietico ed oggi esiste
uno Stato russo. In realtà lo Stato russo ha praticamente ereditato tutte le
funzioni e le responsabilità fondamentali dello Stato sovietico, il suo posto
alle Nazioni Unite, la sua prerogativa come paese potente ed oggi ha il compito
di difenderlo perché corre il rischio, senza dubbio, di prevalere una politica
egoista, una politica irresponsabile ed una politica bellicista. Tutti corriamo
dei rischi, non solo i cubani, anche i coreani, i russi, i cinesi ed il resto
del mondo. Nessuno pensi che gli europei siano esenti da rischi e molto meno
quando la concorrenza economica e commerciale, la concorrenza nella lotta per
assicurarsi le materie prime, l’energia e le risorse naturali, è ogni giorno
più forte, tra coloro che vogliono possedere tutto. Non parlo del popolo
nordamericano, verso il quale sentiamo una sincera ammirazione, e non sono
parole semplicemente diplomatiche.
Non abbiamo mai coltivato l’odio, non abbiamo mai
promosso alcun tipo di sciovinismo o fanatismo, né di fondamentalismo. Sono
loro i fondamentalisti della guerra e della violenza.
Quando ho parlato di quel primo giugno in cui
attaccarono di sorpresa e preventivamente l’Unione Sovietica, ho pensato che
quelle stesse parole le ho ascoltate poco tempo fa in un’accademia militare
degli Stati Uniti, quando il principale leader di quell’altro potente paese
disse ad un ufficiale che dovevano essere pronti ad attaccare di sorpresa e
preventivamente qualsiasi oscuro angolo del mondo ed in un dato momento parlò
di oltre 60 paesi e noi, che l’ascoltavamo, sappiamo che siamo uno dei più
oscuri angoli del mondo, in base all’avversione, al fondamentalismo, alla
tecnologia, alla concezione ed alla ignoranza, perché, diciamolo, bisogna
menzionare la parola ignoranza.
Ignoranza significa non conoscere niente di nulla di
ciò che è il mondo, dei problemi che ha il mondo, delle realtà del mondo.
Ripeto, ignoranza. L’ignoranza a cui mi riferisco è non sapere niente di nulla,
ed il mondo va male quando la superpotenza più forte che sia mai esistita, con
la capacità di distruggere dieci o venti volte il pianeta, è guidata da persone
che non sanno niente di niente. È da infarto
prematuro, se non fosse che abbiamo un cuore e delle coscienze forti.
Vi dicevo che l’umanità deve essere salvata. Penso
che solamente la coscienza sia l’arma con cui questa umanità può essere
salvata.
Sto esprimendo un pensiero che segue un criterio
logico. Parlavo dell’uomo, della lunga ed a volte breve storia della specie che
fino a 200 anni fa era costituita da un miliardo d’abitanti, che impiegò decine
di migliaia di anni a raggiungere quel miliardo e che 130 anni dopo arrivò a 2
miliardi e che in soli 30 è giunta a 3, passando successivamente da
Vi ho parlato delle guerre. Potrei dirvi, come ho
detto a molti compagni, che questa specie è evoluta, ha creato l’uomo e l’uomo
è realmente una meraviglia degna di sopravvivere.
Ho una grande fiducia nell’uomo, nella sua capacità.
Perché per noi l’educazione è fondamentale? Perché l’uomo
nasce colmo d’istinti. L’educazione è il processo per inculcare dei valori in
questo essere pieno d’istinti. Non lo educate, lasciatelo solo in
un’incubatrice, una macchina che lo curi e lo alimenti e vedrete che educazione
avrà, se da lì può uscire ciò che l’immaginazione dei cineasti nordamericani ha
creato: Tarzan, l’uomo scimmia, quello dei nostri film dell’infanzia, che non
si sa come sia nato in Africa. Così ci hanno educato con Tarzan: l’uomo
intelligente, circondato da tribù col pentolone pronte a mangiarsi l’uno con
l’altro.
Perché questa ideologia ce la inculcarono da piccoli:
gli africani erano cannibali e si mangiavano tra di loro. Di tutto ciò abbiamo
visto un sacco di film e dovremmo essere tutti dei razzisti e dei super
reazionari, perché erano i film che vedevamo, capite?
Abbiamo ricevuto dosi letali di barbarie, abbiamo
ricevuto dosi letali d’incultura, dosi letali di bugie e ciò nonostante nel
nostro paese non sono potute distruggere l’idee.
Perciò vi dico: l’educazione è inculcare dei valori
positivi creati dall’essere umano; quei valori che ho detto era necessario
unire.
Per noi questo è stata una questione fondamentale, la
creazione e la somma dei valori.
Cosa prevarrà, la menzogna o aver seminato dei
valori? Sarà capace l’uomo di fare in modo che prevalgano i veri valori o la
menzogna? È necessario essere i padroni delle grandi catene televisive? È
imprescindibile? No, dobbiamo essere padroni della conoscenza, anche se si
trattasse di una minoranza, padroni dell’informazione, comunichiamoci
attraverso gli stessi mezzi tecnici, perché di fronte alle catene della
menzogna, ci sono le catene che possono essere costituite dai computer, con cui
un uomo può comunicare con qualcuno che vive in Australia, negli Stati Uniti,
in qualsiasi angolo del mondo e scambiarsi le idee.
Penso che l’uomo abbia creato anche la tecnologia con
cui può riuscire a far prevalere le verità.
Noi, per esempio, abbiamo usato la televisione. Nel
nostro paese avevamo fino a poco tempo fa due canali ed ora sono quattro; il
62% delle ore di programmazione trasmesse a Cuba sono educative, ossia, di
divulgazione educativa, culturale, informativa; di una cultura sana. Possono
essere ricreative, ma cerchiamo anche che la cultura sia uno strumento
d’educazione, facciamo in modo che semini dei valori, cerchiamo di far
conoscere un buon film, proveniente da qualsiasi parte del mondo, e che si
conoscano i suoi valori e chi l’ha creato.
Non alfabetizziamo più per televisione, non è
necessario. Con la televisione impartiamo conoscenze superiori, conoscenze
universitarie, conoscenze linguistiche. Questi mezzi, la radio e la
televisione, se ben usati, potrebbero porre fine alla piaga dell’analfabetismo
nel mondo.
Perché ci sono ancora 800 milioni d’analfabeti e
miliardi di semianalfabeti? Se esistono la radio e la televisione, perché
miliardi d’analfabeti e semianalfabeti? È una domanda da farsi. Esistono i
mezzi per sradicare l’analfabetismo in pochi anni.
Non è necessario che l’UNESCO parli da mezzo secolo
di eliminare l’analfabetismo, perché?, se è provato che può essere eliminato
perfino per radio.
Cuba aveva ad Haiti un programma d’alfabetizzazione
alla radio, che si è interrotto dopo l’ultima invasione. Al suo posto, circa
500 medici cubani prestano il loro servizio in quel paese, che tutti sanno
invadere, ma a cui nessuno manda un medico. Cuba non ha mai inviato un solo
soldato ad Haiti, però ogni anno ha lì centinaia di medici. Inoltre, ci sono
già centinaia di giovani medici haitiani laureatisi a Cuba, che lavorano lì con
i nostri medici.
Prima dell’ultima invasione da parte delle forze ONU
spinte dagli Stati Uniti, a cui mi riferivo, centinaia di migliaia di haitiani
stavano imparando la propria lingua. Ora il programma si è interrotto ed i
medici sono ancora lì, affrontando i rischi. La loro lingua, il créole, la imparano alla radio.
Qui oltre un milione di cubani ha imparato l’inglese
per televisione e ci sono stati corsi di francese, portoghese ed altri. Alla
televisione abbiamo questi ed altri programmi educativi, usando esaurientemente
i mezzi di comunicazione.
Ora bisogna realizzare non solo l’alfabetizzazione
scolastica, bisogna coltivare e realizzare l’alfabetizzazione politica. Voi
parlate di un dialogo tra civiltà, come volete che lo capiscano? Mi domando se
gli analfabeti capiranno il vostro messaggio, i milioni d’analfabeti del Terzo
Mondo ed i milioni d’analfabeti e semianalfabeti del mondo sviluppato. Negli
Stati Uniti, per esempio, c’è un gran numero di analfabeti ed un gran numero
d’analfabeti funzionali. Questa è la realtà: paesi sviluppati con analfabetismo
funzionale, compreso l’analfabetismo totale, più negli stessi Stati Uniti che
in Europa. Come volete che capiscano il messaggio analfabeti scolastici ed
analfabeti politici? Credete che questa gente, che sente tutti i giorni le
storie che gli fanno vedere i mezzi d’informazione di massa capiranno il
messaggio? Nonostante ciò, si deve fare
in modo che il messaggio arrivi.
Però il messaggio non arriva semplicemente perché lo elaborate
e lo spedite. Torno all’dea delle crisi, che faranno in modo che il messaggio
sia trasmesso e si capisca.
Questa effervescenza latinoamericana, di cui hanno
parlato qui alcuni latinoamericani, di cui ha parlato l’ambasciatore del
Venezuela, di cui ha parlato Villegas – non l’ho visto, è da quelle parti.
Vladimir
Villegas.- Sono qui.
Comandante.- È che alla televisione ti si vede in un modo
e qui in un’altra.
Vladimir Villegas.- Più giovane.
Comandante.
– questo lo credi tu,
giovane sono io (Risate).
Anch’io credo di essere più giovane, ma tu lo sei veramente,
obbiettivamente, e sono felice per te, ti rimane molto tempo davanti, impiegalo
bene, è ciò che ti posso chiedere.
Però non crediate che
questa effervescenza sia casuale, è figlia delle crisi nel paese con più
risorse in America Latina, nel paese che possiede probabilmente le maggiori
riserve di combustibile del mondo, che valevano tra le dieci o quindici volte
di più di ciò che valgono ora. Se fate il calcolo a partire dal 1959, quando arrivò
al governo quell’oligarchia ipocrita, mascherata da democratica, mascherata da
progressista, fino ad oggi, sono trascorsi 40 anni ed i soldi trafugati sono l’equivalente del potere
acquisitivo di oltre 2 miliardi di dollari. Questo è il valore sottratto da un
solo paese. Sommate, se volete, con l’immaginazione, dato che è l’unica forma
di sommarlo, dato che nemmeno i computer potrebbero offrire i numeri precisi,
perché sono così tanti zero che gli individui già li tolgono tutti come
usualmente si fa per moltiplicare mentalmente.
Quanto si saranno
portati via dal Brasile? Quanti dal Messico? Dall’Argentina? Dalla Colombia,
dal Perù, dagli altri paesi latinoamericani?
Bisogna fare i conti. Noi abbiamo gente nella nostra Banca Centrale
facendo i conti, cercando di scoprire il mistero, scrutando dentro le cifre
abissali di milioni di milioni, per vedere quanto si è svalutato il sucre in
Ecuador o il peso messicano in una data epoca o il bolivar in un’altra, sebbene
si sa che i venezuelani hanno ricevuto l’eredità di un bolivar svalutato, o
della moneta brasiliana, quando il dollaro equivaleva a un 1 e più di cinque
zero a destra.
È incredibile e questo
fenomeno lo conosce il Terzo mondo, già che è il meccanismo semplicissimo
mediante il quale si portano via i soldi; perché i soldi di nessun paese del
Terzo Mondo sono sicuri.
Così hanno fatto anche
con
Parlando di moneta e di
soldi, che siano posseduti nel bene o nel male, se li portano via, e sono
obbligati a portarseli via, perché esiste un ordine economico mondiale, il cui
gendarme è un’istituzione chiamata Fondo Monetario Internazionale, che obbliga
gli Stati a depositare le loro riserve in banche straniere. E questo succede
quando qualcuno arriva con i soldi e dice: “Me le porto via”. Non facendolo, lo
condannano, non gli danno un centesimo. Sono stati i metodi che esistevano
quando erano superpotenti. È visibile la crescente debolezza del sistema ad
evitare le recessioni e la crescente debolezza dei meccanismi finanziari che lo
sostengono. Questo ordine si può sostenere solamente sulla base delle armi
nucleari, dei missili telecomandati, dei bombardieri invisibili, di armi che
possono attaccare da 5000 chilometri e cadere in un campo da baseball, o meglio
sulla terza base del campo di baseball. Tutto ciò è quello che sostiene
quest’ordine, questo saccheggio, questo tentativo di impossessarsi di tutta la
ricchezza del pianeta in qualsiasi posto si trovi, non solamente sottraendolo
alla natura, come in Alaska, dove può arrivare il giorno in cui non ci sia più
ghiaccio, come può arrivare il giorno che non ce ne sia più in Antartide, e
milioni di chilometri quadrati di ghiaccio si sciolgano e molte isole
sprofondino sott’acqua. Forse è meglio costruire prudentemente un molo qui
vicino per quando si sciolga. Coloro che sono stati lì sanno che si sta
sciogliendo velocemente e sapete che è una realtà, come la calotta sulla
Groenlandia non è una fantasia, non è una bugia.
Alla natura stanno
strappando l’equilibro ed alle nazioni le loro risorse naturali, in primo luogo
le risorse energetiche. E quest’ordine si può sostenere solamente con le armi:
però le armi servono sempre di meno di fronte alla crescita delle coscienze e
grazie a quella straordinaria qualità dell’uomo di pensare, di riflettere,
d’adattarsi alle condizioni concrete in qualsiasi determinata epoca storica.
Così voi russi, cosa avete fatto quando i nazisti
v’invasero e quando le loro colonne corazzate penetrarono in profondità? Poiché
i russi non si arrendevano, lottavano, combattevano per cercare di riunirsi al
loro esercito oppure lottavano nelle foreste. Non è stato: “Mi arrendo”, lo
ripeto, si sono adattati, sono andati in Siberia potrandosi con loro i torni. So di fabbriche che
cominciarono a funzionare senza tetti, in Siberia, sotto la neve, per produrre
armi, quando la parte industriale del paese era stata occupata e distrutta.
Avete dovuto ripiegare, ripiegarvi fino a quando è
stato necessario, finché avete trovato il punto d’equilibrio. Tutti sanno ciò
che è successo dopo. Ho pensato molto a quelle vicende storiche, siamo stati in
pericolo, ma non ci hanno mai sorpreso con attacchi improvvisi, siamo stati
sempre stati allerta sopra e sotto terra.
Vi posso assicurare che questo paese non lo può
occupare nessuno. Speriamo che non arrivi mai la circostanza di doverlo
dimostrare, perché sappiamo quello che costa; però vi dico che questa città non
può essere occupata. Questa è una città di centinaia di migliaia di combattenti
che sanno difenderla, dove vi avverto non c’è un’analfabeta; qui, quello che sa
di meno ha frequentato le superiori, chiunque sa usare un mortaio, un cannone o
un arma simile.
Mi domando che livello scolastico avranno avuto i
soldati iracheni che a Fallujah per diversi giorni hanno resistito ai carri
armati ed all’armamento più sofisticato degli invasori? So solamente che sono stati settimane
combattendo, dopodichè l’esercito americano ha occupato delle posizioni dove
non potevano né rimanere né andarsene; non potevano rimanere perché servivano
da altre parti, né andarsene perché gli avversari tornavano.
Realmente vi dico che l’uomo s’adatta, l’uomo può
resistere. Gli imperialisti non hanno mai dovuto affrontare una nazione nelle
condizioni in cui dovrebbero farlo oggi contro Cuba, abbiamo armi a sufficienza
e continueremo armandoci. Ne abbiamo accumulate tante che credo che l’isola sia
sprofondata di mezzo pollice negli ultimi anni, per la quantità di carri
armati, cannoni ed armi arrivate nella nostra patria.
L’aggressore sa che qui c’è un popolo disposto a
combattere e a difendere la patria. Questo è molto più potente di un’arma
nucleare, di 1.000 armi chimiche. Perchè armi nucleari? Non ci è mai venuto in
mente, come paese piccolo, questa scemenza, significherebbe rovinarsi, disporre
di un’arma che servirebbe solamente a suicidarsi, come si trasporta? Non facciamo il giochetto che conviene
all’imperialismo.
Siccome siete interessatati a conoscere le cose di
Cuba, vi racconto.
Per difenderci non abbiamo bisogno di armi di
distruzione di massa, ciò che abbiamo modernizzato sono le tattiche, il ruolo
dell’uomo, del combattente individuale, dei combattenti coordinati, in che
modo, con quali tattiche, con quali armi neutralizzare la cosa più potente che
possa avere un avversario.
Voglio dirvi che il nostro paese ha conquistato ciò
che potrebbe chiamarsi l’invulnerabilità militare ed in questo momento si sta
dedicando, insieme al dovere di rafforzarsi, alla ricerca della invulnerabilità
economica, due concetti. Era più facile raggiungere l’ invulnerabilità militare
che invulnerabilità economica.
L’umanità può salvarsi, perché l’impero sta soffrendo
una profonda crisi; senza crisi non ci sono cambi, senza crisi non si formano
le coscienze; un giorno di crisi crea più coscienza di 10 anni del trascorrere
del tempo, di 10 anni senza crisi.
Guardate il Venezuela, dicevo che dal paese si sono
portati via miliardi di dollari, da questo paese così ricco, il paese dove più
grande è la differenza tra ricchi e poveri, dove ci sono 17 milioni di
cittadini vivendo in quartieri poveri, emarginati: senza questo non è possibile
spiegarsi il processo rivoluzionario bolivariano. Né l’Ambasciatore e nemmeno
il giornalista potrebbero spiegarlo bene, e sicuramente lo sanno fare: è
l’ingiustizia accumulata. Senza l’ingiustizia accumulata non si può spiegare il
trionfo della sinistra in Brasile, il trionfo di Lula, so che ne avete
discusso, con tesi ed opinioni. Qui ci sono stati degli eventi in cui si è
discusso, abbiamo espresso il nostro criterio, il presidente Chávez il suo, e
non siamo pessimisti riguardo il processo brasiliano.
Oggi ha parlato un capo di stato europeo, del governo
spagnolo, innanzi all’Assemblea Nazionale venezuelana. Ieri si sono incontrati
in Guyana il presidente del Venezuela, Hugo Chávez, il presidente del Brasile,
Lula da Silva, i presidenti della Colombia e della Spagna.
È molto buono che ci sia il Presidente colombiano
perché c’è chi vuole promuovere una guerra tra Colombia e Venezuela e siamo
molto coscienti che è la cosa meno conveniente per questo emisfero, per i due
popoli ed i due paesi e sappiamo che c’è chi vuole promuovere questi conflitti,
ma entrambi i governi hanno fatto uno sforzo, hanno superato l’incidente. Ieri
erano lì riuniti, alla luce pubblica, in un dibattito pubblico insieme al
presidente spagnolo e il Presidente del
vicino del Nord, credo che abbia fatto una dichiarazione…Ah! Si era già
arrabbiato prima, ecco le dichiarazioni: “Cosa va a fare Zapatero in
Venezuela?” Manca poco che dicano: Calzolaio alle tue scarpe, un detto
casigliano. Per poco quelli del nord gli dicono: “Calzolaio alle tue
scarpe.” Dato che gli dissero: cosa fa
lì in Venezuela, se lì non c’è nessuna democrazia, se sono contro la libertà
d’espressione e contro tutto?
Oggi stavo camminando in fretta, ma sono tornato
indietro e con un altoparlante ho ascoltato il discorso di Zapatero al
Parlamento venezuelano e mi ha attirato l’attenzione, mi è sembrato un buon
discorso. Questa è la mia opinione.
Lo voglio rileggere, perché mi sono perso un pezzettino,
ma ha fatto un discorso di pace, un discorso di valore.
Adesso lo stanno accusando quasi di essere un
guerrafondaio, perché ha venduto delle navi al Venezuela per pattugliare le
coste contro il contrabbando ed il traffico di droga. Non vogliono che il
Venezuela abbia motoscafi, guardacoste ed equipaggiamento.
A parte che hanno il diritto di difendersi, o per
caso quelli del Nord chiedono permesso a qualcuno quando fabbricano una
superarma nucleare o una bomba che penetra 30 metri in profondità nel terreno,
per distruggere un posto di comando? Non chiedono permesso a nessuno; o per
costruire scudi antimissili e impiantarli in qualsiasi posto, oppure per
installare armi nello spazio: no, non chiedono permesso a nessuno.
Ah! Però il Venezuela, da loro minacciato –mi
riferisco a questo governo - non può comprare nemmeno un fucilino. No, non
stanno comprando armi nucleari, né corazzate, né portaerei, stanno comprando
qualcosa di semplice come i fucili.
Allora dicono che i fucili sono molti: 100.000. In
realtà sono pochissimi per difendere un paese come quello, che ha 26 milioni
d’abitanti, un paese grande, patriottico, con le tradizioni del Venezuela. A
mio giudizio, ciò di cui ha bisogno, sono milioni di fucili.
Hanno comprato in Russia degli elicotteri. La cosa
più necessaria in caso d’inondazione, di
un ciclone, di un terremoto sono gli elicotteri; servono inoltre per vigilare i
2.400 chilometri di frontiera ed evitare il contrabbando di droga e merci. No,
30 o 40 elicotteri non sono nulla per questi compiti.
In Venezuela – e non lo dico perché ci vadano come
turisti, ma se volete andateci -, l’acqua è molto più cara della benzina. Un
litro d’acqua può costare un dollaro ed un litro di benzina vale 9 centesimi.
Credo che all’ultimo cambio un dollaro valga 2.150 bolivar e con un po’ di
bolivar vi potete riempire il serbatoio di benzina. Se volete andare come
turistici, andate pure, perché noi non abbiamo nessuna rivalità con i
venezuelani in materia di turismo.
Così molta gente compra la benzina a basso costo e la
porta in Colombia dove la vende cara e ci sono molte situazioni di questo tipo.
Il nemico dice: “Il Venezuela è un pericolo per
l’America latina, dovete unirvi alla OEA per frenare il processo bolivariano,
di quei pazzi che costituiscono un pericolo per l’emisfero.” Questa è la
situazione contro quel paese, da dove si sono portati via 300 miliardi di
dollari.
Nessuno di loro si è mai occupato di verificare
quanti malati morivano in Venezuela e quali erano le prospettiva di vita, quale
era la mortalità infantile e quanti rimanevano ciechi.
Sapete quanti venezuelani s’opereranno alla vista
quest’anno, in base agli accordi tra i due paesi? Cento mila.
Abbiamo 24 centri oculistici con le attrezzature più
moderne, 600 chirurghi che curano tutte le patologie della vista: glaucoma,
retinopatia, diabetica e molte altre che non diagnosticate in tempo conducono
alla cecità. Sto parlando di un paese ricco come il Venezuela. Coloro che
avevano i soldi non avevano problemi, andavano negli Stati Uniti, in Europa;
stiamo parlando dell’umile Barrio Adentro, dove vive chi non poteva andare in
un paese sviluppato per una operazione di questa natura.
Dovete sapere che un calcolo per difetto indica che
ogni anno 4 milioni, dei 550 milioni di cittadini latinoamericani e dei
Caraibi, hanno bisogno di queste cure mediche, e non ricevendole rimarrebbero
ciechi, ciechi! Non sto parlando delle bombe su Bagdad che uccidono donne e
bambini e distruggono musei millenari, distruggono valori irreparabili,
insostituibili, sto parlando di bombe che traumatizzano, perché dicono: “No,
non sono morti civili”. Ma i milioni di bambini, di donne, d’anziani di persone
che hanno ascoltato, di notte e di giorno, il tuono dei bombardamenti e le
deflagrazioni, molti di loro non rimarranno per caso traumatizzati per tutta la
vita, oppure il cervello non importa, né l’equilibrio mentale, né la salute
mentale e neppure i nervi, non sono nella Carta dei Diritti Umani la calma
della gente, il senno, la salute mentale, che li sostiene e li alimenta? Questi
non si trovano tra le vittime fisiche, ma sono perdite, fanno quasi più danni,
perché rimangono inutili, malati senza cure mediche per tutta la vita.
Un momento fa parlavo delle persone cieche in America
Latina, quelle il cui ordine mondiale stabilito ha condotto alla cecità per
sempre e parlo di 4 milioni. Da dove partiamo? Da Cuba. A Cuba devono essere
operati di cataratta circa 30.000 all’anno. Chiaro non s’accumula, l’uomo non
cade nella cecità totale, perché colpisce prima un occhio e dopo può colpire
l’altro, ma bisogna operarne 30.000 ed anche di retinopatia diabetica, una
malattia terribile. Il diabete è un flagello; nel nostro paese i diabetici non
muoiono, semplicemente perché sono diagnosticati e sono curati: si calcola che
circa 50.000 devono essere esaminati e curati contro i rischi della retinopatia
diabetica.
Ieri stavo per caso conversando con un compagno e mi
racconta: “La mia signora era contentissima, molto felice, perché era andata
all’ospedale” – per un controllo – “a farsi vedere perché forse c’era il
rischio di un glaucoma. ”E cosa le hanno detto, l’hanno visitata?” Mi risponde: “Non c’è pericolo, però se ci
fosse stato un rischio, basta l’applicazione di un raggio laser ed hai la garanzia
che in tutta la vita non soffrirai più di glaucoma.” Così, testualmente, questa
è l’importanza della diagnosi, se non lo diagnosticano e già tardi; può essere
una macchia, dovuta all’età, un’ombra che cresce e viene curata con il raggio
laser.
Alla fine di quest’anno il nostro paese avrà la
capacità di operare non meno di 5.000 o 6.000 pazienti al giorno, in 24 centri
che possiedono già la loro completa e più moderna attrezzatura. Siamo ancora
nella fase di preparazione. Se un paese bloccato come Cuba può prestare questo
servizio perché non lo prestano altri paesi? È la domanda da farsi. Perché
milioni rimangono ciechi e nessuno li cura. Chi rimane cieco a Cuba ha per lo
meno l’assistenza previdenziale. È ciò che discuterò questa sera alle 9.00 con
il Consiglio di Stato, il Consiglio dei Ministri, la direzione del nostro
Partito, la direzione del nostro paese, le organizzazioni di massa, le
commissioni dell’Assemblea Nazionale, dove affronteremo la questione di domani,
delle pensioni basse ed incrementeremo le più basse di 1.800.000 persone.
Da qualche giorno abbiamo rivalutato la nostra moneta
ed abbiamo svalutato il dollaro. Per i superprivilegi che possiede, e se volete
lo riassumo in un solo esempio.
Sapete che l’elettricità è indispensabile, questa che
si è spenta qui, e che un kilowatt sono 1.000 watt, – spero che lo sappiate
tutti, lo sanno quasi tutti, perché si deve pagare – produrre oggi un kilowatt
costa non meno di 10 centesimi; il combustibile per produrre un kilowatt vale 9
centesimi. Bene, in virtù del fenomeno della svalutazione delle monete, fino a
poco tempo fa si comprava con un dollaro 27 pesos e quando circa due settimane
fa abbiamo valorizzato il nostro peso del 7%, il cambio si è ridotto a 1 per
25.
Domani sarà una settimana da quando abbiamo
rivalutato il peso convertibile e siccome il peso convertibile ha un tasso di
cambio… il peso cubano è tornato a rivalutarsi di un 8%; in totale si è
rivalutato del 15%. Con questo peso rivalutato domani alzeremo le pensioni di
tutti i pensionati che ricevono meno di 300 pesos e per categoria: di più, a
chi meno guadagna. Sono generazioni di lavoratori che hanno sofferto i rigori
del blocco e che hanno passato sacrifici. Ah! I salari sono aumentati, ma le
pensioni si mantenevano uguali, non vi erano risorse. Ritoccheremo anche i
salari più bassi.
Voglio dire che chi rimane cieco almeno non rimane
senza aiuto; chi ha avuto un accidente, chi rimane invalido o chi è nato con
un’incapacità, o chi ne è stato colpito successivamente, perché a volte si
nasce con una determinata predisposizione e poi si soffre di un handicap
totale, tutti ricevono un aiuto. Non solo la continueranno a ricevere, ma la
riceveranno sempre di più.
Domani ci sarà un aumento generale di oltre il 80%
delle pensioni, da domani, con una moneta rivalutata e che continuerà a
rivalutarsi, è qualcosa, no?
Da altre parti rimangono ciechi e quale Stato li
aiuta? Quale organizzazione? Unicamente le organizzazioni caritative delle
chiese? Quanti ciechi sono per strada, quanti bambini ciechi o invalidi,
pulendo i parabrezza, chiedendo elemosina?
Sfidiamo chi vuole venire a vedere se nel nostro
paese ci sono bambini che non vanno a scuola, che sono in strada invece che a
scuola, chiedendo elemosina. Siamo stati poveri e ci sono stati tempi difficili
e ci sono stati genitori irresponsabili che li mandavano a chiedere ai turisti;
queste possibilità saranno sempre di meno, perché abbiamo calcolato tutto
matematicamente, merce, prezzo, costo, costo internazionale, entrate, pensioni,
necessità dell’essere umano.
È per ciò che ho detto che la nostra Rivoluzione ha
già accumulato un livello d’esperienza ed ha creato le condizioni necessarie
per fare ciò che stiamo facendo.
I prodotti alimentari sono stati razionati e questo
non sarà in eterno, ma è stato indispensabile.
Abbiamo vissuto una guerra durata 46 anni
difendendoci dagli attacchi dell’impero. Abbiamo dovuto affrontare crisi,
periodi molto difficili e siamo ancora in armi.
Non c’è dubbio che dopo questa situazione estrema e
le crisi a cui ci ha portato il blocco, non ci siamo dimenticati del popolo
americano. Lo stesso popolo nordamericano reagirà, perché all’interno di quel
popolo ci sono milioni di persone colte, intelligenti, che ricevono notizie
attraverso Internet che possono essere ingannate dall’impatto di un fatto
drammatico come la distruzione delle Torre Gemelli di New York, da uno stato
emotivo di questa natura, ma non può essere ingannato tutto il popolo tutto il
tempo, come diceva Lincoln.
Nel caso degli Stati Uniti, possiamo dire: tutto il
popolo tutti i giorni; hanno potuto ingannare tutti per un periodo, però
riprenderanno coscienza. I propri errori li stanno portando alle crisi, da cui
verrà la presa di coscienza del popolo nordamericano.
Quel popolo è preoccupato per la natura, non gli piace
che distruggano l’Alaska, che si rinunci al Protocollo di Kyoto, che i parchi
nazionali siano distrutti e siano sottoposti all’esplorazione mineraria o
petrolifera.
Esistono valori che il popolo nordamericano stima,
tra questi la salute e la pace, come tutti i popoli.
Fino a che punto il popolo nordamericano ha avuto
diritto ad un’informazione obbiettiva? Non è questa una brutale violazione dei
diritti umani, proibire a tutta una nazione un’informazione obbiettiva?
Oggi stesso il governo degli Stati Uniti vuole
distruggere la poco apertura che si è prodotta nei confronti di Cuba quando
furono autorizzate le vendite di prodotti alimentari in base ad una legge del
Congresso, dove la maggioranza dei senatori e dei rappresentanti si opposero
chiedendo la fine del blocco; una legge che aveva aspirazioni più grandi e fu
sabotata, riempiendola di emendamenti, un procedimento applicabile quando
vogliono, vincolando un emendamento ad una legge fondamentale che non può
essere rinviata e tutti i rappresentanti sono obbligati a votare, però la
maggioranza sta già contro questa legge e gli agricoltori s’oppongono. Stanno
inventando, avevano inventato che si pagasse in anticipo. Consideravano che
pagare in anticipo, senza ritardare un secondo, fosse un merito, ma non lo è.
Bisognava pagare in anticipo, questo era ciò che ci chiedevano. Perché? Per
confiscarci i fondi e distruggere la vendita di alimenti.
Chiaro, abbiamo tutti imparato un po’ e sappiamo il
danno che ciò occasiona, misuriamo, calcoliamo da dove viene la merce, quanto
vale il trasporto, quanto costa, eccetera. Realmente ci siamo resi immuni da
quello che possono inventare ed è successo che tutto ciò che inventano gli va
storto. È così, non sto esagerando.
Adesso stanno verificando quali risorse possiede Cuba.
Non s’immaginano come abbiamo imparato a risparmiare, non s’immaginano come
abbiamo appreso ad utilizzare beni i fondi, il lordo di queste risorse e a
risparmiare. Vi erano troppe persone che decidevano in cosa investire la valuta
e, naturalmente, le nuove risorse: esistono nuove risorse, ma sono
fondamentalmente risparmi e questo già nessuno lo può fermare. Questo lo ferma
solo una guerra fatta per distruggerci.
Abbiamo ottenuto dei vantaggi dalla nuova
situazione e dai rapporti con i paesi
dell’emisfero. Sappiamo molto bene quanto vale una libbra di fagioli neri, di
fagioli colorati, il maisI il prezzo fissato dalla borsa; quanto costa il
trasporto, se decidiamo di spendere in uno di questi settori; sappiamo quello
che dobbiamo fare e stiamo facendo delle spese, ma di ciò non voglio parlare.
Abbiamo preso delle misure. Posso dirvi per esempio
che il 50% della produzione di latte in polvere dell’Uruguay la stiamo
comprando noi – e già dovrebbe essere in arrivo. Un governo con il quale
abbiamo appena stabilito relazioni, un governo progressista, giusto, veramente
democratico, cosa difficile in questo sistema, perché parlano di democrazia
riferendosi al sistema. È quasi impossibile essere democratico all’interno di
questo sistema, solamente in virtù di un miracolo e quando bombardano i
candidati con tutti i mezzi d’informazione di massa – e lui lo sa, Vladimir lo
sa, ti chiami Vladimir, vero? Questo mi suggerisce un nome storico, credo molto
conosciuto dai russi, sicuro tu l’hai preso da lì. Ci sono abbastanza russi che
si chiamano Vladimir; però, lui lo sa, bombardando, bombardando, creando
riflessi. Una cosa però è trasmettere opinioni ed un’altra è creare riflessi.
Il meccanismo attraverso il quale si mantengono ingannate milioni di persone è
mediante la creazione di riflessi.
C’è stato un eminente russo che ha studiato i
riflessi, Pavlov, che sapeva come far ballare un orso e quasi come far parlare
le scimmie, per mezzo dei riflessi ed è per mezzo dei riflessi che trattano le
masse, con le moderne tecniche della pubblicità commerciale, trasmettendo le
idee politiche mediante le tecniche della pubblicità commerciale, creando
riflessi.
Se volete creare una coscienza, dovete lottare contro
i riflessi ed il nostro paese ha imparato a lottare contro i riflessi, perché
quando è trionfata
Ho trascorso ore guardando la televisione, come
amico, come fratello dei venezuelani, come studioso, inoltre, dei metodi e
delle procedure delle forze nemiche della pace e del progresso, ed ho visto
come lavorano, è incredibile, e il tempo che si perde.
Nel nostro paese non c’è pubblicità commerciale,
perciò tutto quello che produce la televisione non produce nulla per il PIL, a
Cuba i servizi educativi, sanitari e ricreativi rappresentano quasi lo zero del
PIL, perché sono gratuiti, non si conteggiano; in quel modo una tonnellata di
cemento può valere più di una vita. Si può salvare una vita, perché magari un
medico ha fatto in modo che il cuore riprenda a battere e c’è stato il tempo
d’arrivare in ospedale, ma vale meno di una tonnellata di cemento perché non
apporta nulla al PIL.
Bisogna analizzare anche il metro di valore con cui
si misurano la letteratura, l’arte, la ricchezza, la qualità della vita. La
qualità della vita non appare in nessun PIL, l’uomo può entrare in un
manicomio, può vivere 10 anni di meno perché lo convincono a fumare e si fuma
tre pacchetti al giorno e morire dopo di cancro o d’infarto. Non insegnano qual
è l’igiene che si deve seguire se vuole vivere un po’ di più, cosa bisogna
mangiare, che esercizi fare.
Visto che ho dovuto affrontare il tema e siccome
siamo i grandi trasgressori, i più grandi esistiti sulla terra, allora vi spiego questo, come ho raccontato
dei ciechi. So che volete sapere cose dell’emisfero, so che avete domandato del
suo futuro e so che avete visto con chiarezza che questo emisfero è il futuro.
Non è il futuro, ma è chiamato a giocare un ruolo
molto importante in un mondo di pace, di dialogo, in un mondo civilizzato, qui
c’è il potenziale e questo lo sanno in molti, lo sanno gli europei, altrimenti
che ci faceva Zapatero alla riunione, che ci faceva Zapatero parlando
all’assemblea e pronunciando un discorso costruttivo? E cosa ci faceva un
Commissario Europeo in visita a Cuba, in un paese così diabolico? Sonno venuti,
li abbiamo ricevuti ed abbiamo conversato con loro e gli ho detto: non temiamo
nessuna discussione, ciò che meno temiamo al mondo è discutere, parlare, perché
realmente sappiamo che abbiamo un arsenale molto grande d’argomenti, di fatti,
di storia, non di racconti, di promesse, ma di realizzazioni, di cose fatte,
che non divulghiamo molto e nemmeno ci interessa: cosa ci importa di divulgare
ciò che facciamo?
Sono stato a 20 riunioni e non ho parlato, però qui,
in concreto, vi ho spiegato come stanno le cose in questo emisfero di cui
volete sapere e di cui avete discusso. Dico che fate molto bene, perché
l’Europa vuole essere presente e sa che questo emisfero è decisivo, questo
emisfero da cui la vogliono allontanare, e lo sanno anche i cinesi, con la loro
saggezza millenaria, la loro esperienza.
Non molto tempo fa è stato qui il Presidente cinese
ed ha visitato anche altre paesi dell’America Latina, come il Brasile e
l’Argentina, ed il Vicepresidente ha visitato Il Venezuela ed i Caraibi. Allora
dico: per caso i russi hanno intenzione
di non essere presenti in questo emisfero?
Questo emisfero decisivo per il futuro, che l’imperialismo vuole
controllare indefinitamente, ma che potrà farlo sempre meno, perché con lo
spirito di conquista e saccheggio non si guadagna il cuore dei popoli di questo
emisfero. Bisogno venire a dare e a ricevere, o se si vuole, a ricevere ed a
dare. Non lo rappresento, però ho il diritto di pensare che oggi si può venire
in questo emisfero solamente per interscambi, per unire, per aiutare ed essere
aiutato, assistere ed essere assistito, condividere ed unirsi non solo nella
ricerca di benefici materiali o economici, ma anche alla ricerca della pace,
delle forze che facciano prevalere la saggezza e la pace nel mondo, che aiutino
a salvare la civiltà di cui parlate. Questo lo so bene e quando ho letto i
riassunti, so che alcuni di voi hanno sollevato il problema. Non vedo altro
percorso.
So che in Europa non molto tempo fa il Presidente
russo si è riunito con quello francese, il Primo Ministro germanico ed un altro
Presidente che ora non ricordo, e quelli che dirigono il vicino paese del
Nord non erano molto contenti
Però osservate: si riuniscono a Parigi quattro
presidenti – per puro miracolo non c’era il Presidente cinese che c’è sempre -
; si riuniscono in Venezuela, nella patria di Bolívar, i Presidenti
dell’Argentina, della Colombia, del Venezuela e della Spagna: vedete come si
comunicano gli spiriti, le correnti; il pensiero viaggia e vola ed è l’unico
che viaggia più veloce della luce e dell’elettricità. Il pensiero vola ed
ognuno può osservare ciò che succede nel mondo. Creare conflitti, creare
divisioni, promuovere guerre, perché in un momento in cui un paese come
Tutti sanno che la concorrenza economica ha dato
luogo alle guerre, questi colossali deficit commerciali e preventivi, dovuti,
fondamentalmente a delle corse agli armamenti senza imposte, a guerre senza
imposte, agli sprechi, possono condurre alla tentazione di promuovere dei
conflitti che mettano fuori gioco dei paesi con un grande potenziale di
sviluppo.
Mi domando se nel colossale impero nordamericano ci
siano leader politici – mi riferisco tra i fondamentalisti - che vogliono lo sviluppo della Russia, la sua
prosperità, che l’economia russa prosperi, che il rublo valga, che le
produzioni russe abbiano un mercato, che il combustibile russo, il gas ed il
petrolio abbiano valore, oppure il legno della Siberia o il nichel di Norilsk,
o altre cose che noi sappiamo producono i russi.
Sappiamo dove c’era qualità e dove non c’era, come in
Occidente, sappiamo ciò che serve oppure no, lo sappiamo molto bene, il valore
e le possibilità che possiede ciascun paese, non possiamo ignorarlo, non
possiamo darci il lusso d’ignorarlo.
Mi domando: quale spazio rimane, se tutto è
conquistato, se tutto è occupato, se l’Iraq è invaso, se l’Iran è minacciato
per avere armi nucleari? In realtà ci sono paesi alleati degli Stati Uniti che
possiedono centinaia d’armi nucleari e viceversa è gli permesso e nessuno
discute. È la verità, lo sappiamo tutti, sapete a cosa mi sto riferendo. Non
voglio nominare dei paesi, non ho nulla contro nessun paese, ma ho un dovere
nei confronti della verità e sappiamo come stanno le cose, la legge
dell’imbuto: largo per uno, stretto per l’altro. Così va il mondo e sapete che
questo mondo porta ad un vicolo cieco e non lo si può nascondere a nessuno.
Queste realtà stanno però svegliando le coscienze.
Questa stessa crisi petrolifera sveglierà la
coscienza. Là al Nord, chi dirige ha recentemente dichiarato: “A cercare tutte
le energie”. La nucleare, dall’accidente di Chernobil, ha creato nel mondo un
giustificato timore. Ora negli Stati Uniti non è facile mettersi a costruire
una serie d’impianti nucleari. Tornare al carbone non è facile, con i suoi
effetti contaminanti.
Si è parlato dell’idrogeno, il presidente degli Stati
Uniti ha parlato d’idrogeno, non ha detto ancora se lo prenderà dai gas,
dall’energia fossile o dall’acqua, perché se lo prende dall’acqua sicuramente
gli invieremo tutti i complimenti e perfino io gli mando un caloroso
complimento e sarei disposto a proporlo come Premio Nobel, chiedendo addirittura
alla gente di firmare, ed iniziando una raccolta di firme per la
canonizzazione, se avesse la felice idea di risolvere il problema estraendo
l’idrogeno dall’acqua con cui far funzionare le automobili.
Lo so bene, perché qui avevamo tre o quattro compagni
fanatici che volevano estrarre l’idrogeno dall’acqua ed hanno lavorato circa 30
anni. Mi ricordo d’averli visitati e so che una volta esplose, perché erano
realmente riusciti ad ottenere un po’ d’idrogeno e ciò che ebbero fu
un’esplosione. Però da molto tempo non so nulla di loro.
So bene che tutti stanno fabbricando una macchinetta
all’idrogeno: in Giappone, in Europa, negli Stati Uniti, ma ciò che non si è
detto è da dove verrà fuori l’idrogeno, perché se è dal petrolio, allora è
uguale a tutti questi materiali, come questa bottiglia, questo tappo, e credo
che anche questo telefono venga fuori dal petrolio, non dall’acciaio, né dal
ferro, tutto viene fuori dal petrolio, non c’è nulla che non venga fuori dal
petrolio, credo che pure noi siamo venuti fuori dal petrolio (Risate), questa è
la realtà.
Una domanda: che succederà quando finisce? E tutti
sappiamo che finirà, questo non lo ignora nessuno, bisogna essere un analfabeta
totale, assoluto o irresponsabile per credere che il petrolio durerà 100 anni
ancora a questo stesso ritmo di consumo. Sì, ci sono tecniche più moderne, lo
trovano prima e prima lo trovano in fondo al mare, prima lo buttano, prima lo
dissipano. La lotta deve essere perché le automobili risparmino.
Una delle cose che ha fatto quel governo fu
sopprimere alcune misure che esigevano dalle automobili consumi sempre minori,
ed allora che si è fatto? A conquistare il mondo con i cannoni, minacciarlo con
tutte le armi, tutte le navi, tutte le portaerei, tutti i missili da crociera e
tutte le armi nucleari affinché siano ubbidienti, disciplinati, producano
materie prime, producano petrolio, per continuare a consumare il 25%
dell’energia.
Noi stiamo facendo alcuni piccoli sforzi
interessanti, in materia d’energia e di risparmio energetico, arrivando però
minuziosamente all’essenza dei problemi. Daremo un modesto contributo al mondo,
semplicemente risparmiando forse il 50% dell’energia elettrica che consumiamo,
risparmiando centinaia di milioni di dollari in energia ed una parte di questi
si trasformeranno nei programmi di cui vi ho parlato, mentre l’altra in
investimenti di grande beneficio, e direi altamente redditizi, partendo dalle
materie prime che si chiamano sapere ed educazione. Partendo da una materia
prima di grande valore che si chiama capitale umano ed è ciò che
fondamentalmente possediamo, capitale umano.
Come abbiamo detto ai nostri compatrioti: perfetto?
No, saremo gli ultimi a dire che siamo soddisfatti. Ciò che abbiamo appreso nel
tempo, con gli errori, abbiamo acquisito esperienza. Questo è un privilegio,
nemmeno un merito.
Nel mio caso, se ho vissuto un certo numero d’anni
non posso dire che sia un merito, è fortuna, soprattutto con tanti tentativi di
mettermi fuori combattimento prematuramente. Se la natura mi aveva dato una
certa capacità di vita, perché togliermela. Però ho vissuto, ho imparato
qualcosa e non solo io, c’è un contingente di persone che ha imparato in 46
anni, un popolo cosciente delle sue qualità e cosciente delle sue debolezze e
suoi difetti. Siamo molto coscienti dei nostri difetti e siamo critici, molto
critici, e non ho alcun timore a dirvi tutti gli errori che abbiamo commesso.
Non viviamo nascondendo gli errori, viviamo dicendo
la verità, essendo onesti, correggendo
incessantemente, facendo l’esame di coscienza della nostra condotta e non
dormendo sugli allori e perciò potrà dare l’impressione di una fenice che
resuscita dalle sue ceneri. Sì, questa è l’impressione che avranno molti nel
mondo: una piccola fenice, una rondine che resuscita dalle sue ceneri. Questa è
Cuba volando e volando alto, per definirlo con alcune parole.
In realtà mi sembra di aver parlato abbastanza, e voi
siete d’accordo. So che siete d’accordo, per lo meno è la verità, non diranno
che non sono stato sincero, non direte che ho avuto timore di parlare con
chiarezza e con franchezza, con rispetto, dicendo la verità. Ho parlato come un
fratello, come una persona che apprezza la vita.
Anch’io ho dentro dei sentimenti forti, non ho
lasciato parlare il sentimento, ho cercato di far parlare la ragione, perché lo
diceva il nostro poeta parlando della letteratura. Quando parlava di
letteratura e parlava di ciò che leggeva là, mi ricordai della prigione
all’Isola dei Pini, l’attuale Isola della Gioventù, la prigione solitaria.
Leggevo anche libri di Tolstoi e di Dostoievski, l’ho letti tutti, ed in
prigione sembravo un masochista leggendo un libro di Dostoievski, sì, l’uomo
con la stessa pietra avanti ed indietro, e L’idiota,
Delitto e Castigo, Memoria dalla casa dei morti, tutti. Ed i libri di
Tolstoi. L’eccellente letteratura russa.
Devo dire la verità, ero già marxista leninista
quando inizia la lotta armata, lo sono stato, lo sono e lo sarò e nessuno si
meravigli di questo, perché non sono un dogmatico, analizzo i meriti che
possono avere le persone nella storia, non rinnego mai le mie idee e sono
capace di essere critico. Però non ho nulla da criticare a Marx né a Lenin, lo
dico onestamente – potrei fare altre critiche – e nemmeno critico Engels, è
stato il primo che mi ha insegnato che perfino le stelle si spengono quando
l’energia finisce e ci sono stelle spente da tempo, mentre altre si allontano
dal presunto luogo dell’esplosione.
Lenin non era ancora nato quando Marx pubblico il Manifesto Comunista.
Il mondo attuale è molto diverso da quello conosciuto
da Marx e Lenin, nessuno ha potuto conoscerlo, nessuno ha potuto immaginarsi le
comunicazioni in questioni di secondi. Videro la globalizzazione, videro a cosa
portava un sistema dove le forze produttive si sviluppavano, videro che lo
sviluppo di quelle forze produttive avrebbe raggiunto tali livelli da produrre
nel mondo nuove situazioni, grandi cambi. Siamo arrivati ad una
globalizzazione, questa globalizzazione creata in condizioni inimmaginabili. Le
contraddizioni e le concorrenze si risolvevano con le guerre. Oggi nessuna
guerra può risolvere un problema. Le guerre sono per se stesse proibite, perché
una guerra moderna non avrebbe né vincitori né vinti. Voi russi lo sapete, come
superpotenza che siete stati e come grande e forte potenza che siete tuttora.
Siamo stati testimoni di quando esisteva un certo
equilibrio. Prima l’arma nucleare l’hanno avuto loro, dopo c’è stato un certo
equilibrio in cui le due parti fabbricavano altre armi ancora ed allora la
differenza consisteva nel fatto che una poteva distruggere l’altra quindici
volte e l’altra dieci: la questione era il numero di volte che una poteva
distruggere l’altra. Voi russi avete smesso d’essere una superpotenza e
nonostante ciò tutti sanno che ognuna può distruggere l’altra cinque volte.
Come potere reale, dal punto di vista
tecnico-militare, lo Stato russo è superiore di quattro volte; siccome ne
basterebbe uno solo per distruggere l’altro, ed a quelli ne rimarrebbero di più
per niente. Un giorno il popolo
nordamericano lo capirà, c’è speranza.
Posso dirvi che mi sento felice di vedere questa
riunione, di vedervi parlare come avete fatto qui; mi fa felice, mi rallegra,
perché questo paese, con tanti meriti, con tanta storia, con tanto eroismo,
vedo un potenziale per contribuire alla pace del mondo, alla civiltà, alla
preservazione della specie. Non siamo troppi, e molti di meno coloro che
possono fare tanto per preservare la specie, come
Vedo che cosa è riuscita a fare l’Argentina, come ha
affrontato il problema del debito. Oggi mi sono meravigliato quando, credo il
Ministro Presidente della Banca Centrale, che richiamerò, mi ha detto che Bush
aveva fatto una dichiarazione molto elogiativa sull’Argentina.
Glielo richiederò, perché veramente ancora non ci
credo. Però elogiava Kirchner per attaccare Chávez, per attaccare la riunione
di ieri che non le era piaciuta. Naturalmente non neutralizzeranno Kirchner con
i complimenti né qualcosa di simile, se Kirchner ciò che gli ha tirato è un
jab, più di jab, un colpo duro. Non ha mandato knockout il Fondo Monetario
Internazionale, però l’ha lasciato mezzo barcollante con il modo in cui ha
affrontato il debito. È la prima volta che un paese adotta quella posizione
decisa, come l’Argentina.
Il Fondo Monetario Internazionale vivrà ancora del
tempo, non credo molto, e quando non dico molto non credo che vivrà ancora per
più di due decenni. Ho inoltre dei dubbi che questo Fondo vivrà per più di un
decennio, perché i conti non quadrano. Prelievo, sommo, sottraggo, moltiplico,
divido e non dà, non sopporta la crisi. Già non è una crisi, è una somma di crisi: la somma delle crisi,
la somma dei problemi non permette a quest’ordine di durare più di due decadi.
Hanno sempre inventato qualcosa: una tal formula, o il metodo keynesiano,
spargendo soldi, evitando la crisi stampando banconote, aumentando la
liquidità, eccetera.
Sono in debito con voi solo di una cosa, ho parlato
velocemente, sono di sposto a rispondere a qualsiasi domanda mi facciate,
qualsiasi, quelle che volete fare, e non una, due, tre, il tempo che lui mi
dia.
Sono arrivato con sette minuti di ritardo, era da
molto tempo che non arrivavo in ritardo di un minuto. Però stavo parlando con
il Ministro dell’Agricoltura del Canada, stavamo parlando d’agricoltura, dei
prezzi dei prodotti, di quale prezzo aveva il grano, il mais, i fagioli, le
lenticchie, i ceci, le mucche, molti dati, com’era la produzione, di tutto.
Stavo parlandogli delle cose che compreremo al Canada
nel
Allora, mi perdonerete che sia arrivato in ritardo di
sette minuti perché parlavo con il Ministro e con un gruppo di agricoltori
canadesi.
Dovevano andare ad una riunione ed io volevo venire
qui. Ho saputo che se ne andavano alle 4:00, all’ora che avevo programmato di
riunirmi con voi. Sono arrivato qualche minuto in ritardo e so che i miei
compagni saranno d’accordo se vi spiego rispondendo ad alcune domande.
Non ti preoccupare che dopo vi vanno a dare la cena,
a tutti (Risate).
Bene, mi sottometto a qualsiasi domanda che
desiderate farmi su qualsiasi tema (Risate).
Venga la dominicana che mi dicono sia una grande
scrittrice.
Luisa
Zheresada Vizioso.- In
questo dialogo tra civilizzazioni, mi piacerebbe sapere che ci dicesse dove
posiziona i Caraibi.
Lei sa che noi, come regione, abbiamo prodotto
straordinari teorici, non solo per noi, ma per il mondo, Frantz Fanon, per incominciare,
e la sua figura in Africa e a favore degli oppressi del mondo.
Comandante.- Cosa credi che non sono caraibico e non
sento come un caraibico?
Luisa
Zheresada Vizioso.- Lo so.
Comandante.- Lo sai che, ai tempi di Trujillo ero uno studente
di Diritto del secondo anno, Presidente del Comitato per
Non so se lo sai , rimasi fino alla fine, molti
disertarono. Si presentò ad un certo punto un problema e la nave sulla quale mi
trovavo la fermarono in prossimità delle coste haitiane. Non ero il capo, ero
un tenente di un plotone, perché sapevo qualcosa e mi piacevano le avventure,
non lo nego. Se volete chiamarmi avventuriero, accetto con onore il titolo
d’avventuriero nella geografia, nelle escursioni ed in qualsiasi altra cosa, non
in politica. In politica accetterei la qualifica di audace e colui che non lo
sia, non inizi questo mestiere, è meglio
che lo lasci ad un altro, capite? (Risate)
Però andai prima di finire il secondo anno di laurea.
Ho compiuto 21 anni su un cayo, dove si
organizzava la spedizione, diretta da gente imbecille e presuntuosa, cubani che
aiutavano i dominicani e pretendevano di fare tutto loro.
Lì ho conosciuto Juan Bosh e d’allora l’ho stimato
per il suo valore intellettuale ed il suo sentimento. Lì ho conosciuto
Pichirilo, che venne sul Granma, ed
era il capitano della nave dove mi trovavo, che si chiamava Aurora. Qualcuno tradì, era su una nave
più veloce. Le navi erano quattro, due per lo sbarco e dalla baia di Nipe si
ricevette l’ordine dell'altra nave che diceva di aspettarla vicino a Moa, nei
pressi del Canale Sopravento. Lì trovammo una fregata grandissima, non mi erano
mai sembrati così lunghi i cannoni di una fregata, perché li sguainò, li mostrò
e disse: “Indietro!”, ed ai responsabili della spedizione non rimase
nient’altro da fare.
Come ho già detto, con me sulla nave c’era Pichirilo,
un dominicano. Anni dopo è stato il nostro timoniere sul Granma. Diventammo fratelli, perché quel giorno mi ribellai alla
spedizione, della compagnia dove ero capo del plotone e dissi :”Mi oppongo a
tornare in quel porto, con la situazione
che c’è a Cuba ci fanno tutti prigionieri e non l’accetto”.
Volevo salvare le armi nella regione montagnosa e le
raccolsi, ed avevo molti che mi appoggiavano, tra cui il capitano della nave.
Nell’occasione ne sono diventato amico, diventò mio complice in quella
complicata situazione quando mi ribellai ai capi cubani e dominicani.
Ribellione, feci ciò che ha fatto Hugo Chávez. Mi ribellai perché rifiutavo di
ritornare in un porto dove si sarebbero perse le armi e saremmo stati fatti
tutti prigionieri. Al principio pensai che la fregata che ci aveva fermato era
dominicana, ma subito mi accorsi che era cubana.
La complicità con Pichirilo continuò. Non fu
possibile fare quel movimento perché la fregata ci seguiva da vicino.
Aspettammo la notte. Con la complicità del capitano, si ridusse la velocità a
meno della metà. Non valse niente perché era estate e faceva scuro più tardi.
Continuai ribelle finché abbandonai la nave su una scialuppa e me ne andai con
altri tre, gli unici quattro di oltre mille che non caddero prigionieri. Il
capitano disse alla fregata che non conosceva l’entrata ed aveva paura
d’incagliarsi. Ero un avventuriero, l’ammetto. Tutti credevano che mi avessero
mangiato gli squali ed un giorno sorpresi tutti, resuscitai. Sono resuscitato
molte volte, più di una volta.
Così che conosco la causa, l’amo e sono caraibico.
Sai già dei nostri rapporti con i rivoluzionari dominicani e con Caamaño, che
venne qui dopo la sua eroica resistenza. Dopo il nostro trionfo rivoluzionario,
decine di rivoluzionari cubani atterrarono nelle vicinanze del massiccio
montagnoso e lottarono contro Trujillo. Ossia, sono stato un militante della
causa caraibica. Sono un caraibico, vivo orgoglioso delle nostre relazioni nei
Caraibi.
Ho delle grandi simpatie per i Caraibi di lingua
inglese.
Non crediate che sia un fanatico dei latinoamericani,
sono un critico, come lo sono di me stesso e posso esserlo dei cubani.
Sono stati i caraibici coloro che aiutarono a rompere
il blocco dell’America latina, quando tutti ruppero con noi, accetto il
Messico. I caraibici, che non erano indipendenti nemmeno quando trionfa
Sono stati i caraibici i migliori amici che abbiamo
avuto in questo emisfero, non sono stati i latini. Sono stati i caraibici e con
loro abbiamo dei legami molto forti e tutti loro hanno diritto a studiare nelle
nostre università senza restrizioni, con le borse di studio che desiderano,
gratuitamente.
Qui c’è una scuola latinoamericana di medicina che ha
10.000 studenti latinoamericani e caraibici.
Chissà avrei dovuto dire che l’esistenza del processo
rivoluzionario venezuelano e gli accordi con
Prima di essere marxista, sono stato comunista,
comunista utopico! Dove l’ho imparato? Dalla vita, dalla riflessione. Studiando
economia sono arrivato a questa conclusione.
Sono nato e vissuto in un latifondo di 10.000 ettari,
mio padre era il padrone del latifondo e di tutte le altre cose, meno della
scuola e del telegrafo. Era padrone persino del recinto del gallo, della
macelleria, del bestiame, dei trattori, dei camion, del negozio, del magazzino.
Quando Carl Marx diceva che la proprietà privata esiste proprio per il fatto
che per nove decimi della popolazione non esiste, io lo potevo capire, perché
sono nato in un posto dove mio padre era padrone di tutto.
Ho studiato in scuole religiose. Così che non sono
nato in una culla proletaria. Ancor di più, se non fossi stato il figlio del
proprietario terriero non avrei potuto studiare e se non avessi potuto studiare
non avrei potuto né avere un’idea, non avrei potuto avere una causa da
difendere. Devo ringraziare questa circostanza di avere imparato qualcosa, di
non essere un analfabeta politico. L’analfabetismo politico me lo sono tolto io
stesso, perché ero alfabetizzato nelle idee. Nemmeno tanto, perché ero figlio e
non nipote di un proprietario terriero, non arrivai a vivere la vita borghese
di un quartiere aristocratico dove avrebbero fatto di me il reazionario più
grande che fosse esistito in questo paese, perché in un senso o nell’altro non
mi sarei fermato a metà strada.
Per temperamento ci sono persone che non si fermano a
metà strada, sono troppo entusiaste, in un senso o nell’altro. Così ho dovuto
fare un po’ di autobiografia per dimostrare che sono stato caraibico, ma sono
anche latinoamericano, africano, russo,
cinese, giapponese, vietnamita. Il Vietnam durante la sua guerra sapeva che
poteva contare sulla nostra forza ed i sudafricani sapevano che potevano
contare sul nostro sangue e lo fecero, quando lì disponevano di sette armi
nucleari. Così che non dovrei sollevare molte argomentazioni per dimostrare che
il nostro non è un cuore sciovinista, ne escluderà i caraibici: avrete una posizione
molto importante.
Se volete cercare dei governi seri, cercate tra i
governi dei Carabi che sono stati colonie inglesi fino a pochi anni fa. Sono
tra i governi più seri, gente fedele, di quelli che avevano meno analfabetismo.
Hanno meno analfabeti di quelli come noi che si sono liberati dalla Spagna – o
voi, che vi siete liberati dalla Spagna; noi eravamo in ritardo di un secolo,
eravamo uno Stato schiavista –, ci sono meno analfabeti nei Caraibi che in
America Latina. Ci sono migliori servizi medici, migliori livelli di salute che
in America Latina, a parte Haiti, perché Haiti è il primo paese che si ribella
e dove tutti sono intervenuti.
Nessuna di queste potenze è capace di mandargli un
medico.
Alcuni si chiamano Medici senza frontiera, molto bene,
li saluto, decorateli, dategli il Premio Nobel, però sono quattro gatti non di
più. Il problema è che tutta l’Europa insieme non può inviare i medici che ha
Cuba ad Haiti. Perdonate che debba dirlo, ma è la verità: non hanno 500 medici.
Tutta l’Europa e gli Stati Uniti non hanno i medici che Cuba ha in America
Centrale, prestando servizio gratuitamente. Non è la situazione con il
Venezuela dove abbiamo già degli accordi d’interscambio di beni e servizi.
So che qui si fermano tutti i benefici. Ci vogliono
criticare perché abbiamo centralizzato. Se non centralizzavamo non potevamo
fare ciò che stiamo facendo. Come in guerra, le decisioni che prende lo stato
maggiore sono decisioni da prendere velocemente, dove non ci può mettere a
deliberare troppo.
Qui discutiamo, qui nessuno nessun può impegnare il
paese.
Chi sono stati a contrarre i debiti dell’America
Latina? I ministri dell’Economia, neanche il Parlamento, con il popolo non
hanno mai discusso quei debiti colossali che contraevano i governi; il Ministro
dell’Economia decideva se il paese si doveva o no indebitare di 40 miliardi.
Per l’aumento delle pensioni ho riunito tutto lo Stato; ne ho la facoltà,
perché
In America Latina, tanto democratica, i ministri
dell’Economia decisero i debiti e questo governo imperiale non disse che erano
paesi antidemocratici, niente di simile, erano superdemocratici quelli che
contrassero i debiti. Nel 1985 combattemmo per 350 miliardi ed oggi ne devono
750. vedete voi quanto democrazia regnava in questo emisfero.
Ed in America Centrale ed altrove, che succede in
Costa Rica, questa culla, questa vetta del pensiero democratico? Attualmente a
Cuba abbiamo 70.000 medici ed oltre 50.000 specialisti, lottiamo duramente
contro il furto dei cervelli ed in Costa Rica ci sono oltre ottocento medici
d’origine cubana che anni addietro hanno rubato al paese.
Un giorno, in una riunione internazionale, il
presidente del Costa Rica mi raccontò dei molti che passano senza gloria a quel
paese: “Abbiamo 800 medici cubani.” Gli dico: “Ah sì, avete 800 medici” , però
non hanno pagato un solo centesimo per gli 800 medici che abbiamo creato qui.
Gli Stati Uniti vollero fabbricare una vetrinetta per dimostrare che con
la”democrazia” si poteva fare ciò che tanto “antidemocraticamente” faceva Cuba,
cioè salvare vite di bambini, madri e tutte queste cose. Una vetrinetta e Costa
Rica ha 800 medici cubani esercitando la medicina a pagamento.
Questo vale molto quando si discute del perché si
devono spendere 25 dollari in valuta convertibile per produrre 300 kilowatt,
quando si potrebbero pagare un dollaro.
Vedete che modo d’abusare del dollaro che inviavano a
Cuba. Un frigorifero vecchio con il termostato rotto costa mensilmente allo
Stato cubano sette dollari. Uno dei nostri risparmi sarà che spariranno i
frigoriferi senza termostato, non perché li porteremo via e li manderemo alla
demolizione, ma perchè gli metteremo il termostato e le guarnizioni perché non
perda il freddo, siccome abbiamo scoperto che consumano tra i 7 e gli 8 milioni
al giorno di kilowatt e non sappiamo nemmeno i milioni che risparmieremo con 10
milioni d’investimenti in termostati. Cosa che non sappiamo ed abbiamo discusso
nella misura in cui diventa più caro il combustibile e più caro produrre un
kilowatt.
Allora, che succede con l’elettricità?
Forse qualcuno avrà più termostati di noi, ma non
hanno vissuto il blocco che abbiamo vissuto noi cubani. Il blocco che vivono
loro è un altro più terribile, un blocco che produce analfabeti, un blocco che
produce denutriti, affamati, mortalità infantile, mortalità materna, riduzione
delle prospettive di vita, la democrazia che gli hanno portato lì. È un blocco
peggiore di quello economico, perché quel blocco non esiste qui da tempo, ed è
per questo che possiamo persino svalutare il dollaro. Guardate che meraviglia!
E non possono protestare, perché chi può esigere da noi il dovere di pare 25
dollari i kilowatt d’elettricità che si comprano con un dollaro inviatoci da
là? E chi lo inviano? Braccianti analfabeti? No, non hanno ricevuto analfabeti
da Cuba. L’emigrazione giunta da Cuba
era di laureati, diplomati e molti vecchi proprietari terrieri e
borghesi che sapevano d’affari.
L’emigrazione che possiede più entrate negli Stati
Uniti è la cubana, molto di più della dominicana, dell’haitiana e di qualsiasi
altro paese latinoamericano.
Ah, abbiamo una moneta nostra.
Abbiamo eliminato dalla circolazione il dollaro,
l’abbiamo sostituito con il peso convertibile. Ora andiamo verso la
rivalutazione del nostro peso e di quello convertibile, delle due monete. In
modo che ora il dollaro è svalutato nei confronti del peso convertibile e non
hanno argomenti.
Cosa vuol dire ora questa svalutazione? Prima
compravano 27 pesos con 1 dollaro ed ora solo 25. È una misura che possiamo
effettuare quante volte sia necessario. Che colpo possiamo dare al povero
dollaro. Là negli Stati Uniti pagano 12 e fino a 15 centesimi per kilowatt. Qui
si paga meno di un centesimo. Come si compra? Se realmente consumate meno di
300, oggi con un centesimo si comprano 3 kilowatt.
Che crimine abbiamo commesso contro il dollaro! Che
terribile lamento! Che atto vandalico abbiamo commesso, chiedendogli che con un
dollaro paghino di più! Non l’abbiamo quasi toccato, lo abbiamo appena sfiorato
con il petalo di una rosa. Adesso possiamo sfiorarlo con il petalo di una rosa,
però se vogliamo con una lima, accarezzare i dollari o limarli.
Che meraviglia cosa è non appartenere al Fondo
Monetario! Che meravigliosa cosa non avere bisogno di chiedere aiuto a questa
istituzione in questo mondo in cambiamento!
Tra 4 anni si compirà il 50. Anniversario del trionfo
della Rivoluzione. Si sono già compiuti i 50 anni dall’inizio della nostra
lotta armata, il 26 luglio 1953. Sono oltre 50 anni di lotta, oltre 50 anni
d’esperienza.
Parlo in nome di questo e solo a nome di questo mi
azzardo a parlarvi. E non sempre parlo così, lo faccio oggi perché stiamo
definendo cose molto importanti.
Concepisco tutte le forme di socialismo come aventi
lo stesso obbiettivo ed una via differente per raggiungerlo, uno stile
differente, nato dalle radici, dalle circostanze storiche e dalle circostanze
concrete di ciascun paese. Noi abbiamo costruito questo e vi ho già spiegato
come abbiamo fatto. Adesso incominciamo a raccogliere i frutti, ora che non
dipendiamo altro che dalla nostra stessa coscienza, dal nostro capitale umano, dalla
nostra esperienza e dalla nostra volontà di correggere tutti gli errori che
abbiamo commesso in quantità industriale, errori tattici ed altri grandi, ma
non strategici. In realtà, abbiamo cercato d’evitare a tutti costi gli errori
strategici che per definizione sono irreversibili.
Desidero che voi sappiate che alcune cose che ci sono
successe sono state in conseguenza di teorie e di libri scritti in altri tempi
e da altre parti.
Ciò che posso dire a mia discolpa come avvocato – mi
sono dovuto difendere così una volta – è che sono stato sempre antidogmatico,
sono sempre stato contro i dogmi, schemi, libretti che parlano di una cosa.
Penso inoltre – ed Osvaldo lo sa bene – che l’economia, come la politica, non
sia una scienza, bensì un’arte. Gli artisti non possono dire che dominano una
scienza, hanno bisogno di una scienza, hanno bisogno di tutti i calcoli. Se non
si sottrae, si somma, si moltiplica, non si fa la radice quadrata, non si può
sommare nulla, ma il poeta mescola le parole, le idee, le immagini, gli stili.
Lo scrittore fa lo stesso. Il politico mescola cose, mescola fattori;
l’economista mescola anche lui elementi, economie. Il monopolio è sempre
esistito, il libero commercio non è esistito quasi mai, non sono altro che
teorie alle quali si opponevano quasi tutte le nazioni industriali.
Adesso che dominano il mondo dicono agli altri in via
di sviluppo: libero commercio, zero dazi, zero di questo e dell’altro.
È una cosa molto chiara: per me l’economia è un’arte
ed una scienza, e la politica è un’arte e non una scienza. Sostenetevi con la
politica, con la scienza ed a tutti gli elementi.
Possiedo il miglior concetto dell’economia e della
politica, le vedo come un arte.
Qualcuno vuole parlare? Senti, presiedi.
Dai la parola a tutti quelli che la vogliono.
Rispondo a tutti i giornalisti, quelli che vogliono.
Vescovo
Feofán.- Compagno
Castro…
Comandante.- Non mi traduce nessuno? L’unico che sento è
un russo (Risate).
Vescovo
Feofán.- Compagno Fidel
Castro, mi permetta innanzitutto di esprimerle la mia gratitudine per la
possibilità di contare su una chiesa ortodossa russa.
Purtroppo le fabbriche invecchiano, perdendo anche
significato, sebbene siano state costruite sulla base della fratellanza;
viceversa una chiesa più è antica e più ha valore, e la chiesa che ci state
aiutando a costruire per l’ortodossia russa, tra un secolo sarà fedele
testimone delle nostre buone relazioni. Mi interessa però un’altra questione:
sono vescovo di una regione del nord del Caucaso e, personalmente, sono
testimone della tragedia dei terroristi che attaccarono una scuola. Dopo 20
minuti mi recai nella scuola e rimasi lì fino alla fine. Fu qualcosa di
terribile.
Vorrei sapere la sua opinione, visto che spesso i
terroristi speculano dicendo che fanno missione di redenzione; ciò che però ho
visto fu qualcosa di terribile. Vorrei conoscere la sua opinione in merito.
Grazie.
Comandante.- Nel più profondo dei miei sentimenti e delle
mie convinzioni ripudio la morte di persone innocenti.
Ricordo i combattimenti durante la guerra nelle
Sierra Maestra, c’erano dei combattimenti ed a volte veniva qualcuno a darci
delle informazioni – nostri compagni, che avevano familiari molto vicini
all’obbiettivo -, attaccavamo paesi occupati dall’esercito e non furono pochi
quelli che prendemmo. Alcuni furono dei combattimenti duri e non ricordo un
solo civile morto. Vedete come sia possibile evitare la morte d’innocenti,
nonostante in guerra è necessario combattere ed attaccare una caserma che si
trova in una località, anche se è meglio
obbligarli ad uscire, perché sono più vulnerabili di quando stanno in
posizione. Non ricordo un solo civile morto in nessuno dei combattimenti dei 25
mesi di guerra sostenuti
Avevo una colonna dalla quale si formarono tutte le altre
e la gente imparava a combattere combattendo, non andavano ad accademie, non ce
n’erano a quei tempi. Ciò che vi dico non sono parole che vi racconto qui, c’è
tutta una storia che conferma queste parole.
Non posso uccidere un bambino per distruggere il
blocco, andare coscientemente ed uccidere un bambino, non lo posso fare. Uno ha
un’etica, ha dei principi, uno può sacrificare la sua vita quando vuole, però
non la vita di un innocente. Così lo penso e così l’ho sempre detto ed il
nostro paese è stato in missioni internazionaliste – non una, ma tante -:
quando i razzisti sudafricani invasero l’Angola; o quando la invasero dal nord
le forze di Mobuto – quello si che aveva soldi e tanti, e nessuno sa dove sono
custoditi, né in quale banca li hanno spostati, capite? – e non solo lì,
abbiamo compiuto missioni in diversi posti. Domandate nel mondo se c’è mai
stato un prigioniero fucilato, dove sono state le nostre truppe e dove sono
morti dei compagni. Perché era una dottrina e l’hanno rispettata non solo qui;
perché il nostro esercito non ha mai fucilato un prigioniero di guerra. È per
noi un orgoglio. Diamo tutto ciò che abbiamo e ciò che ci prestino, diciamo, se
qualcuno può dimostrare che nella nostra guerra contro l’apartheid ed altri
alleati dell’imperialismo in Africa, abbiamo fucilato un prigioniero, tanto che
molte volte i soldati dell’apartheid preferivano cadere prigionieri in mano
nostra, perché avevano la vita assicurata. Non dico altro. (Applausi).
Vescovo
Feofán.- Molte grazie,
Comandante Castro. Era quello che desideravo sentire da Lei.
Natalia
Chopin.- Mi chiamo Natalia
Chopin, sono giornalista dell’ECO di Mosca.
Una domanda molto corta e molto semplice.
Mi dica, per favore, se pensa di visitare in un
immediato futuro la federazione Russa. Grazie.
Comandante.- …come posso pianificare una visita nella Federazione Russa. Se mi
domandi i miei sentimenti, la mia volontà, sì, in estate ed in inverno, con
neve e senza neve, chiunque stia governando, ed a maggior ragione oggi, quando
le relazioni tra Cuba e Russia migliorano. A maggior ragione oggi che è appena
terminata una riunione del Comitato di Collaborazione tra Russia e Cuba, con
risultati molto buoni, in un ottimo momento delle relazioni tra i due popoli,
sulla base di un immenso affetto, l’affetto espresso dal poeta. Quell’affetto
che volevo esprimere ricordando quando una volta sul lago Baikal, in mezzo alla
neve, dei pescatori rudi e forti, della Siberia, stavano arrostendo un
pesciolino e noi, con ancora alcune difficoltà nelle relazioni, una certa
amarezza per la forma, a nostro giudizio non corretta, una cosa del passato, di
come si era risolta
Nessun popolo ha sofferto tanto, né è stato tanto
distrutto come il popolo russo durante
Noi cubani abbiamo imparato anche questo, non saremmo
solamente morti per la nostra patria e la nostra terra; non sono pochi i cubani
morti combattendo o partecipando a missioni internazionaliste.
Si corrono dei rischi in guerra, in pace in qualsiasi
circostanza.
In realtà mi ha interessato molto raccontare ciò che
ho fatto a 21 anni. Potrei dirvi che non trascorse tanto tempo ed ero a Bogotà
durante una riunione della OEA quando assassinarono un autorevole dirigente ed
ho visto sollevarsi un’intera città e mi arruolai con il popolo, con gli
studenti, mi procurai anche un fucile, sequestrandolo in una stazione di
polizia, mi armai. Credo che arrivai ad avere sette pallottole, un berretto
senza visiera, che sembrava un basco, delle scarpe per niente adatte al
combattimento. Ed in quella città sono stato fino all’ultimo giorno, finché mi
mandarono via, finché ci fu un negoziato ed una pace, lasciando tutti quanti
per strada. Non me lo sto inventando, sta scritto.
Ebbi un momento d’incertezza una notte, alle 2:00 o
alle 3:00, mentre eravamo in un commissariato, perché anche la polizia si era
ribellata. Quando scoppiò la violenza ed il saccheggio, lo stesso esercito
stava vacillando. In quel momento Gaitán era un leader molto amato, stava
difendendo un tenente da una calunnia e tutti lo ascoltavano, ma quel
saccheggio condusse alla forza, all’ordine. Ero con gli insorti, no?, con gli
studenti, con il popolo.
Il popolo distrusse tutto ciò perché si mise a
saccheggiare. Il livello culturale e di preparazione non permetteva altro,
sembravano formiche caricando pianoforti, frigoriferi di due metri cubici: Vidi
tutto quello, quegli uomini dentro il commissariato insorto erano persi e me ne
rendevo conto, per la nostra storia, perché avevo pensato e, nonostante l’età,
avevo riflettuto su molte di quelle cose, e stavo con quella guarnigione
perduta. Passava un carro armato, gli sparavano alcuni colpi.
Vidi come stavano abusando di un poliziotto,
m’indignava. Era un poliziotto godo
come dicevano loro, reazionario; però mi indignai perché lo maltrattarono. Ero
alla finestra in una di quelle camerate, nella posizione che mi toccava e sentì
repulsione. Lo maltrattarono, lo insultarono e gli dissero non so quante cose.
Parlai due o tre volte con il capo e gli dissi: “Guardi che questa truppa è
persa.”
Chiunque avesse letto i libri della Rivoluzione
Francese e sapesse come erano i tumulti, sapeva che la truppa che non si muove
è perduta, qualsiasi truppa in una circostanza come quella deve prendere
l’iniziativa. Così succedeva durante
Il giorno dopo gli dico: “Mi dia una pattuglia.”
Tutte le colline erano vuote, doveva solo arrivare un contingente per prendere
quel punto, quelle colline. Dico: “Mi dia una pattuglia.” E me la dettero e
andai a difendere quelle colline.
Ho vissuto un’esperienza tremenda, quel giorno vidi
la città bruciando ed alla sera tornai e non ne ho approfittato del pretesto
per salvarmi la vita. Tornai in quella caserma perché mi dissero che stavano
attaccando il commissariato, per fortuna gli insorti stavano attaccando un
edificio nelle vicinanze. Cosicché sopravissi per caso, rimasi lì ed il giorno
dopo non mi lasciarono portare via nemmeno una sciaboletta che volevo per
ricordo. Avevano già fatto la pace e tutti applaudivano “Il cubano!”, tutti
parlavano con il cubano, perché a tutti chiamava l’attenzione che uno studente
cubano fosse rimasto lì.
Ero lì durante l’organizzazione di un congresso e mi
arruolai e quel giorno ebbi i miei dubbi. Ciò che vi racconto, non l’ho mai
raccontato, perché era una questione di coscienza rimanere e decidere di
sacrificarmi per un popolo che non era il mio, in un’operazione persa, con una
truppa vinta, ma rimasi lì, perché era una questione di coscienza.
Ho detto che era molto presto, perché è stato durante
il passaggio dal secondo al terzo anno di laurea. Avevo molte idee, ero
antimperialista o anticolonialista, per la democrazia di Porto Rico la
restituzione del Canale di Panama ai panamensi, le Malvine all’Argentina, la
fine delle colonie europee in America Latina, queste erano le bandiere. Bene,
non era ancora la bandiera socialista.
Nel momento di cui vi racconto non avevo letto Marx.
Vi ho già raccontato due episodi, vedete come la penso, realmente esprimo già
il mio pensiero e non è una risposta. Posso rispondere a qualsiasi domanda mi
facciate, perciò ho la sicurezza di poter rispondere, perché ho cercato di
essere coerente alle mie idee, mantenermi fermo ed è ciò che consiglierei a
qualsiasi giovane. E come tutti i giovani devo avere avuto la mia dose di
vanità; non devo, sicuramente l’avevo. Ho avuto di tutto ed anche vanità
piccolo borghesi, orgoglio, sciocchezze di questo tipo. Però la mia scala di
valori non l’ho mai abbandonata e la vita mi ha insegnato, tra l’altro, ad
essere più modesto, più umile. Credo di essere più umile di quando iniziai da
giovane. Il giovane è molto critico con gli altri, credi di sapere tutto ed ha
molta ragione, però non tutta la ragione e naturalmente mi ricordo com’ero.
La vita è una lotta continua fino all’ultimo momento,
penso di lottare contro me stesso fino al momento in cui morirò, al secondo
esatto in cui morirò, perché analizzo ancora ciò che faccio e quando commetto
un errore, anche se piccolo, correggo il dettaglio.
Chissà se dopo mi metto a pensare ciò che ho detto
qui, ma spero di no, perché sono stato fedele nel parlare con voi, perché
apprezzo la vostra riunione. Non pronuncerò qui un discorso, non ne ho avuto il
tempo, perché sono coinvolto in tutte queste cose. Ho avuto poca informazione,
l’ho avuta, minima, subito dopo pranzo, per leggere, vedere altre cose,
correndo a vedere il Ministro, tornando, mentre mi aspettavano. Domani ho
un’importante appuntamento alle 6:00 della sera e si suppone che mi stia
riprendendo ancora da un incidente avuto il 20 ottobre dell’anno scorso.
È per questo che forse mi esaminerò e mi
domanderò: di cosa ho parlato con russi?
Però sono sicuro che non mi pentirò di ciò che ho parlato con voi, perché vi ho
parlato da fratello, con affetto, con sentimento. Così, ciò che sentiamo per
voi è quello che dicevo, perché ho conosciuto uomini come quelli, ho conosciuto
guardaboschi, ho conosciuto russi che sono patrioti e dei veri rivoluzionari,
quelli che ho sempre visto come i combattenti, quelli che hanno cobattuto a
Stalingrado, a Leningrado, a Kerch, dappertutto, a Smolenk, quelli che non si
arrendevano, che continuavano la resistenza, quelli che lottavano. Quelli che
sono stati là a lottare contro i giapponesi, quando senza dire niente a
nessuno, gli Stati Uniti lanciarono la famosa bomba, com un atto di terrore.
Se calcolo ciò che hanno perso gli alleati, i russi e
gli altri popoli sovietici che lottarono insieme alla Russia, hanno sacrificato
più vite loro di tutti gli altri che hanno partecipato a quella guerra; è la
verità. Sono stato in alcuni cimiteri, sono stato in quello di Leningrado e
conosco la storia, i 1.000 giorni d’assedio ed ho letto un lungo libro che
ricorda tutti i sacrifici affrontati da quelli di Leningrado, simili a quelli
che affrontò dappertutto il popolo russo. Cosicché i miei sentimenti hanno una
solida base, so come sono i russi e li ammiro.
Come ho detto, le nostre relazioni con lo Stato e con
il governo russi vanno bene e mi rallegro, perché ci dobbiamo unire tutti, un
dialogo tra difensori della civiltà. È ciò che intendevo dire.
Alfonso
Bauer.- La mia domanda è: in
Guatemala dicono che Lei ha vissuto nella città di Jalapa e sono stato tra
coloro che hanno sostenuto che non è sicuro, sebbene per la mia patria sarebbe
una gloria se Lei fosse stato in Guatemala in quel periodo.
Comandante.- Magari avessi potuto esserci, mi sarebbe
piaciuto, veramente. Quanti sono stati i desaparecidos? So che ci sono stati
oltre 100.000 morti ed oltre 100.000 desaparecidos dopo l’intervento degli
Stati Uniti contro la rivoluzione guatemalteca.
Era ciò che ci sarebbe successo se vincevano a Girón.
Quante vite costò la spedizione mercenaria in
Guatemala per abbattere il governo di Arbenz?
Alfonso
Bauer.- Circa 200.000.
Comandante.- Ah, esatto, 100.000 morti e 100.000
desaparecidos. Qual è la ragione allora perché ci siano delle proteste per
alcuni mercenari detenuti? Ah, però qui ci sono detenuti, non ci sono
desaparecidos, non ci sono assassinati. Ah, quelli che si meritano una grande
medaglia, olimpica, la benedizione dell’impero, sono coloro che ammazzano nei
paesi dove gli analfabeti ed i semianalfabeti possono essere il 30%, il 40% ed
oltre, dove la mortalità infantile è elevatissima, e ci sono tutte quelle
disgrazie a cui mi riferivo. Quella è “democrazia”, signori, e ciò che facciamo
noi è una porcheria, una “sistematica e permanete violazione dei diritti
umani”.
Credo che se non fossimo stati capaci di applicare
misure dure, avremmo cooperato con coloro che volevano distruggere la nostra
Rivoluzione ed il nostro popolo.
Ci piace applicare la pena capitale? Per niente, ci
ripugna; qualcosa di più di non piacere, ci ripugna. Quando si è cercato di
difenderci dal più potente degli imperi della storia, l’abbiamo applicata. In nessun altro posto al mondo
come in Texas hanno giustiziato tanta gente, hanno giustiziato innocenti,
bambini, persone che hanno commesso il reato quanto erano bambini. Qui non è
mai successo. Hanno giustiziato dei dementi, qui non è mai successo.
Allora mi domando: perché non portano il signorino
che presiede gli Stati Uniti davanti alla Commissione dei Diritti Umani di
Ginevra? Ah, no! Deve venire a Cuba e tutti gli anni. A dire il vero, non
voglio parlare con disprezzo, ma quello che sentiamo per tutta questa ipocrisia
è disprezzo. Non ho altro da dire: disprezzo! Perché non abbiamo bisogno che
nessuno ci giudichi, perché i primi che dobbiamo giudicarci siamo noi stessi.
Delegato
russo.- Innanzitutto, molte
grazie per il suo brillante discorso. Ci dica per favore, dall’inizio della sua
lotta rivoluzionaria quale è stata la tappa più difficile?
Comandante.- La più difficile è adesso, dove devo
rispondere alla Sua domanda. (Risate ed applausi)
Abbiamo ancora tempo. Se voi resistete, resisto
ancora.
Mijail
Chernov.- Stimato compagno
Fidel Castro, molte grazie per il suo intervento. Mi chiamo Mijail Chernov,
sono un giornalista russo, sovietico, della rivista Export. Non è la prima
volta che mi trovo a Cuba, mi piace molto il suo paese, mi piace l’esperienza
cubana che ho potuto vedere qui. La mia domanda è la seguente: considero che
dobbiamo imparare molto da Cuba, ci dica, per favore, come ci può aiutare?
Comandante.- Secondo momento molto difficile (Risate).
Non posso aiutarvi in nulla, al contrario, siete voi che potete aiutarci. Le
parlo qui con tutta franchezza, scambiando impressioni. Posso aiutare te ed il
tuo popolo, tanto come voi potete aiutarci. Facendo queste cose voi stessi vi
aiutate e ci aiutate.
Il dovere è l’unica cosa con voi, che avete avuto
fiducia in noi, che ci avete creduto degni di celebrare qui questa riunione, di
avere questo interscambio e d’invitarci.
Non posso pensare che vi sto aiutando, né che ci sia
una forma d’aiutarvi; penso che siate voi che ci state aiutando e che state
aiutando il mondo.
Questa è la nostra funzione. Qui ci sono molti
religiosi, loro sanno qual è il loro dovere, quale è la loro funzione; sono
presenti medici, professionisti ed ognuno sa qual è il proprio compito, tutti
sappiamo qual è il nostro compito.
Realmente, posso solo promuovere l’interscambio e
dire: aiutiamoci reciprocamente, questo è ciò che possiamo fare.
(Applausi)
Tutti coloro che desiderano domandare, stampa, membri
della delegazione, possono fare qualsiasi domanda.
Delegato
russo.- Stimato signor Fidel
Castro, vorremmo, se possibile, conoscere la sua opinione su fino a quando
durerà l’occupazione in Iraq?
Cinque minuti fa Lei ha detto che a volte commette
degli errori. Possiamo conoscere quali errori a commesso governando Cuba?
Comandante.- Questa riunione e sottomettermi al vostro
interrogatorio. (Risate) Questo è uno, tra i molti.
Mi domanda quanto durerà l’occupazione in Iraq.
L’occupazione in Iraq? Credo sia una domanda non corretta. L’Iraq è stato
invaso, ma non occupato.
Puoi domandare quando se ne andranno. È quello che
credo. (Applausi)
Vuoi chiarire la domanda? Credi che sia occupato? Non
hanno già un governo lì, non hanno un assemblea? Perché non se ne vanno? Quando
se ne andranno è ciò che vuoi sapere?
Quando se ne andranno veramente? Quando potranno
andarsene, si ritireranno quando potranno ritirarsi. Il fatto è che adesso
stanno come quello che è appena arrivato: non possano andarsene, né possono
restare, sono in gioco gli sciiti , i sunniti,
se c’è un governo; se ne andranno quando potranno, perché gli invasori
non se ne vanno quando vogliono, ma quando possono. Sanno in quale momento
possono invadere, ma non sanno quando possono ritirarsi.
In Vietnam hanno saputo quando sono entrati, ma dopo
gli è costato parecchio, molto tempo e 50.000 vite. Il numero di vite che
allora la società americana gli permise era di 50.000. Mi chiedo se oggi la
società americana concederà agli invasori una quota di 5.000 vite. Forse 5.000
vite sono ormai il massimo tollerabile, ed ogni volta la quota per delle
avventure basate sulle menzogne, su
degli inganni, sarà minore.
Il problema è che ormai hanno bisogno di ritirarsi,
ma non possono. Adesso stanno vedendo cosa inventarsi, cosa fanno, per potersi
ritirare.
Quindi la domanda è: quando potranno ritirarsi?
Allora, questo dipenderà dal popolo americano e dalla crisi economica, dal
deficit del preventivo di circa 500 miliardi e dal deficit commerciale di altri
500 miliardi, mille miliardi. Per quanti anni possono sopportare questo deficit
di mille miliardi e come usciranno da lì? Credono che elimineranno la cultura?
Stanno approfittando delle contraddizioni religiose, delle contraddizioni
nazionali, della situazione complicata: curdi al nord, sunniti al centro,
sciiti a sud, cristiani ortodossi d'altra parte; un Iran che vogliono
distruggere oppure vogliono invadere e delle cui risorse si vogliono
impadronire. Non è un Iran disprezzato dagli sciiti del sud dell’Iraq, che in
passato erano stati repressi.
È una storia conosciuta, conosciamo a sufficienza
questa storia, perché quando iniziò la guerra tra l’Iraq e l’Iran avevamo
Fin qui su questo tema. Ho un’opinione chiara di
tutto ciò. Era un paese influente, che successivamente commise gravi errori.
Anche noi eravamo contrari all’occupazione del Kuwait
e l’abbiamo condannato alle Nazioni Unite, però abbiamo fatto grandi sforzi
perfino per persuadere il governo a rinunciare, che il coraggio consisteva nel
rinunciare e correggere quell’errore, che avrebbe dato l'opportunità al degli Stati Uniti di fare
una grande coalizione arabo, musulmana, europea, Nato e Stati Uniti. Siamo
arrivati a dire: “Correggete l’errore.”
Una copia di questi documenti si trova negli archivi
russi e naturalmente anche negli Stati Uniti, perchè in un determinato momento
dalla Russia hanno informato gli Stati Uniti. In entrambi i luoghi, sia al
Dipartimento di Stato che là, si trova
ciò che scrissi e sto dicendo qui.
Però non pubblicai gli argomenti ed i ragionamenti che feci nel mio
tentativo, perché avevamo delle responsabilità con il movimento
internazionale.
Sostenevamo relazioni con l'Iraq, comprese delle
collaborazioni in campo medico e lì era impegnato un contingente di medici
cubani. Perciò alcune delle cose che hanno preceduto questa tragica pagina sono
successe prima, e le loro conseguenze sono stati osservate ed addirittura
previste, come dimostrabile sulla carta.
Ciò aiutò, come l’abbattimento delle Torre Gemelle, la politica guerrafondaia,
inopportuna, anacronistica dell’imperialismo.
Ricordo quando in Malesia, durante la riunione dei
Non Allineati, parlai con il Vicepresidente dell’Iraq. In quel momento le
relazioni non erano molto buone con il governo iracheno, perché noi non siamo
mai stati d’accordo con l'occupazione del Kuwait, e quindi loro non erano molto
contenti del fatto che c'era stata una riunione interparlamentare ed io mi ero
incontrato con la delegazione del Kuwait ed anche con quella irachena.
Parlavano molto della quantità di bambini che morivano e dissi: "Perchè
non facciamo qualcosa per evitare la morte dei bambini? Diteci di quanti medici
avete bisogno. Si può fare un piano perché non muoiano.“ Ed è vero che i
bambini morivano.
Noi qui abbiamo avuto un periodo speciale, il blocco,
tante cose, ma i bambini non sono morti; prima muoiono gli adulti, muoiono
prima i genitori piuttosto che muoiano prima i bambini.
Allora il mio argomento fu questo: “Non si
giustifica. Perchè non fate la pace con il Kuwait?”. Dissi ai rappresentanti
iracheni intervenuti a quella riunione: "Cercate la pace."
C’era molta gente, compresi i paesi arabi che erano
intervenuti nella guerra, che volevano una rettifica, che volevano cercare la
pace e loro insistevano in quella posizione intransigente. In Malesia dissi al
Vicepresidente: “Il governo degli Stati Uniti vuole la guerra contro di voi; è
evidente che faranno una guerra, non possono nasconderlo; non dategli né il più
piccolo pretesto, non aiutateli nel fare una guerra." Gli dissi:
"Guardate, non vi mettete ora a pensare se dicono che quei razzi fanno 50
chilometri in più e che non possono passare i 500, ponete il limite a 499. Il
vostro diritto è indiscutibile, ma non dategli un pretesto. Esponetelo, ditelo
pubblicamente, invitate una commissione dei Non Allineati a visitare l’Iraq per
dimostrare che non avete armi chimiche." Gli dissi: "Penso che non le
abbiate, e se in un’occasione le avete fabbricate, distruggetele.” Gli dissi di
comunicarlo per favore alla dirigenza irachena. Ormai sembrava imminente che si
sarebbe scatenato l’attacco, ma azzardai e lo dissi al Vicepresidente, che mi
ringraziò moltissimo. L’altra volta, ai tempi del Kuwait, il governo iracheno
aveva detto: “Sarà la madre di tutte le guerre." Gli dissi: “Succederà
questo e questo. Ormai non è il Vietnam. Il Vietnam contava sul sostegno, la
giungla, non i deserti, un tipo di guerra irregolare, il sostegno della Cina
che era accanto, della Unione Sovietica che inviava le armi via mare ed in
altre forme. Voi non riceverete nemmeno un proiettile, non avete modo in una
situazione come questa". Questo è ciò gli dissi quando parlai di
correggere per non aiutare l'impero. È passato il tempo e adesso il paese è
occupato. Gli è sembrata una cosa semplice, adesso hanno una bella gatta da
pelare, si vanno a rompere i denti. Molti americani se ne rendono conto e certo
ora non è come appena arrivati.
Lì ci sono molti che pensano. Non è questione di
premere il grilletto o un pulsante. Per premere un pulsante ci devono essere
circa 200 o 300 persone, non si sa quanta gente, decisa a premerlo. Gli stessi
militari lo sanno, sono dei professionisti, e conoscono il costo in vite umane
ed in prestigio. Si è trattato di un discredito incredibile. Le vicende hanno
sorpreso pure a me. Guardate quanto siamo ingenui, se io che li conosco, che so
che non hanno nessuno scrupolo, non mi sarai mai immaginato il governo degli
Stati Uniti torturando dei prigionieri. Credevo che almeno questo non l’avrebbero fatto, che non
fossero così stupidi. Usare queste sadiche procedure, con torture fisiche e
morali. È una vergogna, uno schifo e non è accaduto in un solo posto. Non avrei
mai immaginato che un giorno
Abbiamo avuto dei prigionieri, quelli di Girón,
mercenari che ci hanno invaso, quelli che sono arrivati e sono sbarcati
preceduti da bombardamenti, che hanno ucciso donne e bambini. Dopo quello
spietato combattimento, in cui si lottò per 68 ore consecutive. Senza tregua, né giorno né notte, perché avevamo lì
le navi americane con i marine pronti a sbarcare. E non lo sta raccontando uno
che l’ha sentito dire, ve lo sta raccontando uno che era lì, tra altre cose,
perché è stata la mia abitudine tutta la vita. Non mi sono mai messo in un
rifugio o in un posto simile. Non è mio costume, né la mia mentalità, né la mia
abitudine. Mi trovavo lì quell’alba, quando
Successivamente,
quando lanciarono i paracadutisti, ho avuto la totale convinzione che
era l’obbiettivo principale. Ci trovavamo lì ed avevano respinto un attacco con
i carri armati, organizzammo un'altra offensiva, li
avremmo presi dalla retroguardia, sia a Playa Larga che a Girón. Ero lì ad
aspettare un battaglione di carri armati. La nostra artiglieria colpendo forte.
Siamo arrivati a Playa Girón probabilmente prima dell’alba. Gli yankee fecero
una manovra, non esisteva nemmeno l’attuale autostrada. Non avevamo delle buoni
comunicazioni, organizzati come battaglioni, non come esercito, né corpo
d’armata, né divisioni, nemmeno come brigate. Durante la guerriglia, non
avevamo né battaglioni, né battaglioni di carri armati, né battaglioni
d’artiglieria, né batterie antiaeree, né batterie di cannoni 130, oppure
batterie con obici 122. Erano batterie, ma sulle montagne non avevamo niente
del genere.
Così, e di fronte la marina americana. Lì nessuno è
stato fucilato, lì non c’è stato nemmeno un colpo con il calcio del fucile.
Cosa dimostrava? Che le idee erano diventate coscienza, che l’etica era
coscienza, e quei soldati che erano indignati non avevano aggredito nessuno. La
squadra americana a tre miglia, non a dodici. Quando siamo entrati a Girón
avevano le luci spente; portaerei, i marine sulle navi, sperando di costituire
un governo.
È ciò che ti voglio dire: conosco bene quella gente.
Non immaginavo fossero capaci di torturare dei prigionieri né a Guantánamo, né
ad Abu Ghraib. Li consideravo un po’ più equilibrati, sufficientemente
equilibrati da non fare una cosa del genere, e ti ho detto perchè. Non lo
possono giustificare con l’odio o l’indignazione, e per ciò ti ho detto che
abbiamo avuto diverse volte dei terroristi in prigione, mercenari, traditori,
ma non li abbiamo mai toccati nemmeno con un dito, e loro lo hanno fatto.
Perciò ti dico allora che si ritireranno quando
potranno, quando il costo morale e politico sarà il minore possibile. Però
nessuno lo sa. Forse un giorno il popolo americano deciderà che devono
ritirarsi da quel paese, qualunque sia il presidente degli Stati Uniti.
Bene, queste sono cose che possono accadere, sono
imponderabili.
Dà la parola ad un altro.
Non terminare questa sessione che altrimenti ti
ritroverai impopolare.(Applausi).
Veloce, altri due o tre.
Cercherò d’essere breve, dobbiamo cercare di
spiegare.
Vladimir
I. Yakunin.- ... Penso che
qualsiasi legge o regola sul lavoro, l’abbiamo trasgredita. Chiedo ai
partecipanti alla conferenza d’abbassare le mani. Esiste un modo dire molto
bello: “Bisogna saper riconoscere l’ora uscire di scena.” Penso che dobbiamo
ringraziare il Presidente del Consiglio di Stato e del Consiglio dei Ministri
del tempo che ci ha dedicato. Dobbiamo esprimergli la nostra gratitudine.
(Applausi).
Comandante.- Probabilmente ci vedremo là, ma non mi
hanno nemmeno invitato alla riunione, non so nemmeno se mi daranno il visto
(Risate). Quand’è la riunione, in che mese?
Vladimir I. Yakunin.- Dal 3 al 7 ottobre.
Comandante.- Di quest’anno?
Vladimir I. Yakunin.- Sì signore.
Comandante.- Dov’è?
Vladimir I. Yakunin.- A Rodi, in Grecia
Comandante.- Ci sono degli invitati?
Vladimir I. Yakunin.- Sì signore, certo.
Comandante.- Quale sono i requisiti per...?
Vladimir I. Yakunin.- Soltanto la sua presenza.
Comandante.- No, io non voglio compromettermi, perchè non so in quale pasticcio sono cascato, e non voglio che la mia parola...
Vladimir I. Yakunin.- Lo penserà, forse.
Comandante.- Lo penserò, sì, lo penserò, sicuro.
(Applausi).
Tante grazie per la vostra pazienza.
Viva la pace!
Viva il dialogo tra le civiltà! (Applausi).