VEDREMO CHI RESISTE DI PIU’!
Non c’è dubbio: benché le dichiarazioni riguardo al tema del bambino sequestrato Elián González formulate giovedì scorso dalla Segreteria di Stato alla Camera dei Rappresentanti possano definirsi costruttive, la mafia, l’estrema destra del Congresso e di fatto lo stesso governo degli Stati Uniti, da quanto si evince dai fatti e dall’evidente impotenza del’Amministrazione, puntano sulla stanchezza di Cuba. Credono che le nostre forze si esauriranno, che la mostruosa ingiustizia verrà messa da parte, che il nostro popolo comincerà a mostrare stanchezza. Questo, almeno, è quanto risulta da un recente dispaccio di agenzia divulgato da vari organi di stampa.
Conoscono davvero poco il nostro popolo!
Quella che si è sviluppata nel nostro paese è un’offensiva di idee e di massa senza precedenti. Nuova, sorprendente e inaspettata, gli imperialisti, abituati a commettere impunemente ogni tipo di crimine e di malefatta, non se la potevano nemmeno lontanamente immaginare. In nessuna epoca, in nessun altro luogo è mai sorta una simile contesa sul terreno delle idee e dell’etica tra un paese tanto potente e il popolo di una piccola isola situata a sole 90 miglia dalle sue coste. Il mondo contempla oggi con crescente sgomento quello che sta succedendo. Non è semplicemente la lotta per il ritorno di un bambino, è la lotta per il diritto di ogni bambino del mondo a non essere sequestrato, strappato ai suoi familiari più stretti, più vicini e più legittimi; a non essere sradicato né dalla cultura e dalla patria in cui è nato e ha vissuto i primi e più teneri anni della sua vita, né da coloro che gli hanno insegnato le prime lettere dell’alfabeto o hanno vegliato attentamente sulla sua salute, o dai primi bambini con i quali è entrato in relazione e ha giocato.
Hanno tolto a Elián persino il paesaggio che ha impregnato le prime immagini del mondo esteriore e della natura captato dai suoi occhi. Dopo aver frequentato la scuola materna da bambino felice, non ha potuto nemmeno concludere il primo trimestre della prima elementare. Queste sono e saranno per sempre cose inseparabili dalla vita di qualsiasi essere umano, che niente e nessuno può sostituire. Si tratta di un crimine eccessivo, di un abuso eccessivo, destinato, perciò, a ferire la sensibilità di tutti i genitori e i familiari di tutti i bambini a Cuba, nel mondo e persino nel paese dove Elián è tenuto sequestrato, gli Stati Uniti. Ci sono molte cose sulle quali gli esseri umani non si trovano d’accordo, ma ce n’è una alla quale tutti credono in modo unanime: l’innocenza e la tenerezza di un bambino indifeso.
Lo stanno sottoponendo a una crudele tortura psicologica. Lo sfruttano vergognosamente, lo manipolano, lo bombardano di flash e lo mostrano come un trofeo politico come se fosse lo scalpo di uno dei milioni di indiani sterminati in quel paese. Oppure cercano di comprarlo come il figlio di uno dei milioni di schiavi che per secoli sono stati venduti a un’asta pubblica da coloro che hanno occupato, colonizzato e creato quella nazione. In questo caso specifico, l’importante non è comprare il corpo di un bambino ma la sua anima. Costituisce un insulto per il mondo, specialmente per l’immensa maggioranza di questo mondo composta dall’umanità povera, l’idea che i loro figli possano essere comprati con viaggi a Disneyland o ricoperti di ogni tipo di sofisticato artefatto ludico prodotto dalla società dei consumi. Indigna e offende in modo speciale la sensibilità umana, il volgare criterio secondo cui la patria potestà la decide la ricchezza o la povertà di un paese. Ancora peggiore è il ripugnante processo di distruzione dell’anima di questo bambino. Personale specializzato, tecniche sofisticate, persino metodi brutali, sono utilizzati per distruggere nella mente dell’indifeso bambino ogni vestigio di amore e ricordo del padre, del fratellino e dei quattro nonni. Chi l’ha in suo potere permette o impedisce, a suo piacimento, che essi comunichino telefonicamente con lui. In questo modo non si limitano a torturare il bambino esercitando pressioni e violenze, disturbando la comunicazione con grida, rumori, pizzicotti e percettibili minacce, ma torturano anche il suo disperato genitore e i nonni dall’altra parte del filo. Qual’è l’obiettivo? Incutere nel bambino paura, terrore e rifiuto verso il padre e i nonni, in modo da fargli addirittura temere il momento della telefonata ai familiari. Vogliono ad ogni costo che il bambino li rifiuti, e a questo fine utilizzano con lui metodi simili a quelli impiegati dal famoso ricercatore Pavlov per creare riflessi condizionati nei cani.
Lo hanno addirittura indotto a scrivere il suo nome in un documento per nominare avvocati e chiedere la cittadinanza nordamericana, con uno stampatello che anche un bambino che non sa leggere potrebbe tratteggiare su un foglio di carta. Per votare per qualsiasi candidato a presidente, legislatore, sindaco, giudice statale o qualsiasi altro funzionario elettivo più o meno importante, esigono ai giovani nordamericani di aver compiuto diciotto anni; se invece si tratta di un bambino cubano sequestrato, pretendono che bastino sei anni appena compiuti per scegliere la patria o decidere se il piccolo vuole o non vuole tornare a Cuba e – cosa ancora più oltraggiosa trattandosi di una creatura che non ha ancora uso di ragione – se desidera o no tornare con suo padre e la sua vera famiglia, che con tanta tenerezza e sacrificio lo ha desiderato, riuscendo a dargli la vita dopo numerosi tentativi infruttuosi, e lo ha allevato con grandi cure fino ad oggi. Un bambino brutalmente sequestrato, insomma, che è vittima, inoltre, di una tortura psicologica e incluso di quotidiani maltrattamenti fisici.
Alle autorità di questo paese si è sempre detto e ripetuto che il governo ha il dovere di procedere inmediatamente a interrompere il crimine e a restituire il bambino ipso facto alla sua famiglia di Cuba. E’ ciò che prescrivono le leggi internazionali e le stesse leggi nordamericane e cubane. Non è assolutamente possibile giustificare l’assegnazione di questo compito ai tribunali degli Stati Uniti attraverso un processo di pratiche lunghe, interminabili e illegali, permettendo in questo modo ai sequestratori la consumazione del barbaro atto di distruggere mentalmente il bambino. Oltre a non avere giurisdizione sul caso, i tribunali nordamericani sono impossibilitati di risolvere il problema con l’urgenza richiesta onde evitare conseguenze irreversibili sulla salute del bambino. E’ un’attribuzione che spetta interamente al governo degli Stati Uniti.
Supponendo che in quel paese ci sia qualcuno sufficientemente stupido da immaginare che il popolo cubano possa stancarsi di condurre questa giusta battaglia, sarebbe il caso di rinchiuderlo in un manicomio per il resto della sua vita. Nella lotta per la restituzione di questo bambino entrano in gioco molti valori e principi, tutti irrinunciabili.
Riguardo a questo problema, le autorità degli Stati Uniti sono andate troppo lontano, nonostante fossero state avvertite perfettamente in tempo delle conseguenze: se il bambino non sarà restituito al più presto possibile alla sua famiglia e alla sua patria – ha dichiarato il nostro governo – scoppierà inevitabilmente un’enorme battaglia di opinione nazionale e internazionale che sarà sommamente costosa per il prestigio di quel paese.
Fin dall’inizio al nostro popolo è stato spiegato: la lotta sarà lunga; le nostre forze sono colossali, ma per non sprecarle è necessario impiegarle in modo intelligente e con il massimo della flessibilità e del risparmio di energia. I primi giorni, la cosa più difficile era riuscire a far sì che i partecipanti alle tribune aperte e alle marce combattenti si limitassero strettamente ai settori e alle persone invitate alle manifestazioni. Con il passare delle settimane la nostra disciplina è straordinariamente aumentata e la nostra esperienza si è incredibilmente arricchita. Qualcosa di ancor più decisivo: la coscienza rivoluzionaria nella nostra patria si è fatta più profonda che mai. In realtà, nel corso di questa storica lotta, l’energia popolare e i nostri modi e mezzi di lotta si sono moltiplicati. Oggi contiamo su molte più forze che ai primi di dicembre. Il compito è svolto da un elevato e crescente numero di quadri sempre più esperti. Giorno dopo giorno le manifestazioni si fanno sempre più efficaci e migliorano di qualità. Folle di bambini, adolescenti, giovani, lavoratori e intellettuali di tutte le età, artisti, combattenti, organizzatori, mostrano energia, talento, capacità di comunicazione e persuasione che riempiono di stupore quanti ci visitano e di grande orgoglio il nostro paese. E’ il seme lanciato dalla Rivoluzione e un’opera sociale e umana che si manifesta dappertutto. Il paese intero si è trasformato in palcoscenico di manifestazioni, cortei, tribune aperte, e le più importanti questioni politiche, le conoscenze e la cultura nazionale e internazionale si sono trasformati in temi di tavole rotonde. Affiorano da ogni parte oratori, artisti, opinionisti profondi, professionisti o persone dotate di grande talento naturale.
Cuba scopre se stessa, la sua geografia, la sua storia, le sue colte intelligenze , i suoi bambini, i suoi giovani, i suoi maestri, i suoi medici, i suoi professionisti, la sua enorme opera umana risultato di 40 anni di eroica lotta contro la più poderosa potenza che sia mai esistita; ha più che mai fiducia in se stessa; è cosciente del proprio modesto ma fruttifero e promettente ruolo nel mondo attuale. Le sue armi invincibili sono le sue idee rivoluzionarie, umaniste e universali. Contro di esse a nulla possono le armi nucleari, la tecnologia militare o scientifica, il monopolio dei mezzi di diffusione di massa, il potere politico ed economico dell’impero, davanti a un mondo sempre più sfruttato, più insubordinato e più ribelle, che ha sempre meno paura e si arma di idee.
La lotta per la restituzione del bambino cubano sequestrato si è trasformata nel primo episodio di una lotta molto più prolungata. Il sequestro e la tortura a cui è stato sottoposto questo bambino segnano il punto in cui si sviluppa la nostra grande battaglia atta ad eliminare le cause che hanno originato un fatto tanto crudele e doloroso. A cosa varrebbe la semplice restituzione di questo bambino se rimanesse la possibilità, domani, dopodomani, qualsiasi giorno di qualsiasi settimana, qualsiasi mese o qualsiasi anno, che un altro Elián, decine di Elián, centinaia di Elián, migliaia di Elián, sparissero tra le aque burrascose, fossero trasferiti illegalmente negli Stati Uniti, separati da uno o dai due genitori senza la loro autorizzazione né alcuna possibilità di recuperarli legalmente?
Quante tragedie ugualmente crudeli saranno successe durante i 33 anni di vigenza della Legge di Aggiustamento Cubano che premia coloro che contravvengono alle norme di emigrazione legale e sicura, molti dei quali non avrebbero mai ricevuto il visto per viaggiare in quel paese, e i cui organizzatori, di norma, coinvolgono donne e bambini nelle loro avventure? Quante vite sarà costato lo stimolo all’emigrazione illegale da parte degli Stati Uniti nei suoi tentativi di destabilizzare il paese attraverso questa via, in disaccordo o dimenticando gli sforzi realizzati i primi anni per sottrarre massivamente dal paese personale qualificato, tra cui maestri, professori, medici e altri professionisti ,per ostacolare il nostro sviluppo economico e sociale, appoggiandosi alle possibilità di salari e condizioni di vita materiale che un paese neocolonizzato, sfruttato e mantenuto dagli Stati Uniti nel sottosviluppo per più di mezzo secolo, non avrebbe potuto offrire?
Tra i grandi misfatti compiuti contro Cuba sarà forse necessario ricordare come, attraverso il terrore di un’infame calunnia elaborata dai Servizi Segreti nordamericani sulla possibile soppressione della patria potestà che oggi cinicamente oltraggiano, nei primi anni della Rivoluzione furono sequestrati e trasferiti clandestinamente negli Stati Uniti, con l’appoggio dei loro stessi genitori, 14 mila bambini cubani?
Le aggressioni, le minacce alla sicurezza del paese e gli atti di terrorismo; il blocco e la guerra economica, i piani di sovversione, distorsione ideologica, sabotaggio, destabilizzazione interna; leggi come la Helms-Burton, la Torricelli e i numerosi emendamenti per rendere più rigido il blocco economico al fine di annientare il nostro popolo per fame e povertà – fatti considerati come atti di genocidio anche in tempo di pace dai trattati internazionali sottoscritti sia da Cuba che dagli Stati Uniti – costituiscono un complesso di fattori che ostacolano il nostro sviluppo e spingono all’emigrazione.
Abbiamo diritto alla pace, al rispetto della nostra sovranità e dei nostri interessi più sacri. Quarant’anni di infamia non hanno potuto piegare la nostra volontà di lotta. Non ci siamo stancati e non ci stancheremo.
Per una tavola rotonda di speciale interesse culturale o politico sono sufficienti 10 intellettuali capaci, e nel nostro paese ce ne sono decine di migliaia.
Tutti gli angoli della nostra patria, tutti i luoghi storici, tutti i sindacati, tutti i comitati e settori delle organizzazioni di massa, tutte le scuole e le istituzioni educative, culturali e scientifiche richiedono con fervore, esigono di fatto una tribuna aperta per partecipare a questa lotta, e sono migliaia. C’è lavoro per molti anni.
La Legge di Aggiustamento Cubano deve finire!
La Legge Helms-Burton deve finire!
La Legge Torricelli deve finire!
Gli emendamenti introdotti di straforo in molte leggi del Congresso degli Stati Uniti per aggravare le sofferenze del nostro popolo, devono finire!
Il blocco economico nel suo complesso e la criminale guerra economica contro Cuba devono finire!
Le minacce, le campagne sovversive, i piani di destabilizzazione, devono finire!
E a tempo debito, visto che in questo momento non costituisce un obiettivo prioritario, nonostante sia un giustissimo e irrinunciabile diritto del nostro popolo, il territorio illegalmente occupato di Guantánamo dev’essere restituito a Cuba!
Intanto, la tribuna aperta sorta durante questa storica lotta per la restituzione del bambino sequestrato, trasformato in simbolo dei diritti della nazione, non smetterà un solo giorno. E la battaglia di idee, la formazione e l’approfondimento della più solida coscienza rivoluzionaria, e lo sforzo per raggiungere le più elevate conoscenze e la cultura più ampia e completa, sono attività che nella nostra patria non si fermeranno mai finché ci sarà un’ingiustizia da riparare, finché esisterà il sistema imperialista, e anche quando esso smetterà di esistere, perché sarà sempre necessario lottare per un mondo più solidale e più umano. La nostra lotta adotterà mille forme e stili diversi. Le masse saranno sempre pronte; la trasmissione del messaggio sarà permanente, le forze ed energie continueranno ad accumularsi e ad essere risparmiate per ogni minuto necessario o decisivo.
Alcuni si spazientiscono e invocano misure più drastiche delle più diverse categorie, incluso violente, per salvare il bambino e liberarlo dalle sue sofferenze. Quello che più desiderano i traditori annessionisti è di avere un pretesto per un conflitto armato tra gli Stati Uniti e Cuba.
Questa superpotenza è potente soltanto in campo militare. Nel campo delle idee è orfana ed è indifesa. Con l’intelligenza e con le idee raggiungeremo i nostri obiettivi.
Ridurremo in polvere la loro disgustosa ipocrisia, le loro grossolane menzogne, le loro ripugnanti ed egoiste dottrine imperialiste con le quali pretendono di governare il mondo. Perderanno del tutto la credibilità necessaria a ingannare qualcuno in questo paese o nel resto del pianeta.
E in mezzo a questa pacifica lotta di idee, la nostra vita andrà avanti, continueremo il nostro epico sforzo per vincere le difficoltà, per lo sviluppo economico e sociale della nostra patria, a meno che un giorno si intraprenda l’impossibile e folle progetto di distruggerci con la forza, interrompendo la vita normale del nostro paese. In questo caso, non ci sarà per gli aggressori un giorno di tregua né di calma, e niente tornerà ad essere normale per loro.
Ai nostri bambini e adolescenti non mancheranno gli spazi di divertimento sano e felice, oltre che arricchente per le loro intelligenze e vite. Tutto il nostro popolo avrà uguale diritto e spazio per l’allegria e per il costante incremento dei loro valori morali e spirituali, con i quali sapremo garantire l’indispensabile benessere materiale che possiamo conquistare con la nostra intelligenza e il nostro lavoro.
Nessuno si arrenderà! E stancarsi in questa lotta sarebbe, per un patriota e rivoluzionario cubano, più vergognoso che arrendersi.
Vedremo chi ha più ragione, più motivazione, più volontà di lottare!
Vedremo chi si stancherà per primo!
Vedremo chi resisterà di più!
Domani lo giureremo a Baraguá, davanti alla gloria immortale di Maceo!