Pubblicato nel giornale Granma il 29 aprile 2002.


 

ALTRA DELLE MENZOGNE E INSIDIE DI CASTAÑEDA

 

Visti, letti e sentiti i fatti di giorni, settimane, mesi e persino anni -da queste parti si conosce abbastanza bene il dossier del signore Castañeda-, attira fortemente l'attenzione una delle sue più recenti -perché è chiaro che non saranno le ultime- dichiarazioni alla stampa, su ciò che ha denominato "doppio gioco" di Cuba riguardo alla richiesta che, secondo le sue parole, fece il Governo dell'Avana a quello del Messico per acquistare derivati del petrolio, mediante una linea di credito della Banca di Commercio Estero (Bancomext).

 

E disse di più, come per intorbidire ancora le sue affermazioni con l'aggiunta di altri elementi:  "Noi non gli vendiamo (petrolio e i suoi derivati), fin dove ne so io.  Ogni tanto ci può essere un invio, ma in principio, non gli vendiamo petrolio, non dipendono da noi, ricevono tutto il loro petrolio praticamente gratis dal Venezuela".

 

La dichiarazione del Segretario degli Esteri è un'altra colossale menzogna.

 

Dopo la Dichiarazione Politica del Comandante in Capo Fidel Castro il 22 aprile, Cuba non ha richiesto nessun credito, né inoltrato nessuna pratica per conseguire finanziamento, e non ci sono stati nemmeno contatti o riunioni con istituzioni o funzionari messicani.

 

L'origine del credito a cui forse si riferisce il Ministro degli Esteri Castañeda hrisale all'anno 1993, quando si pattuì l'impresa mista di telecomunicazioni tra l'impresa telefonica cubana e un'impresa  messicana, la Banca di Commercio Estero di Messico conferì a Cuba un credito, utilizzato per comprare petrolio, i cui pagamenti il nostro paese ha realizzato in modo rigoroso.

 

Nel suddetto accordo del 1933 si stabiliva che dopo aver pagato il principale, Cuba potrebbe riprendere delle quantità simili secondo le pratiche commerciali comuni.

 

Ciò che si potrebbe dire è che il processo delle trattative per ottenere questa legittima e normale facilità risultò lungo e difficile.  Le trattative cominciarono agli inizi del 2001 e non fu fino al 5 marzo di quest'anno che si raggiunse un accordo, senza che ancora le autorità messicane abbiano concluso tutte le relative pratiche per attuare quanto è stato convenuto.

 

Come risulta evidente, prendere in considerazione un credito dell'anno 93, convenuto durante il governo di Carlos Salina de Gortari, e aggiornato secondo quanto allora pattuito, in un processo che durò praticamente tutto l'anno 2001 e concluse lo scorso marzo, non può utilizzarsi per parlare di "il doppio gioco di Cuba" a cui allude il signore Castañeda, mentendo, distorcendo la realtà e cercando in modo grossolano di confondere l'opinione pubblica.

 

Sia l'accordo dell'anno 93 sia le trattative del 2001, che perterebbero a Cuba di riprendere parte del credito che continua a pagare, non soltanto è stato utile a Cuba, ma anche al Messico, perché in ambedue le occasioni il Governo messicano non garantiva unicamente la riscossione del princiaple addebito a Bancomext per il prestito che fece nel 1993, che solo in parte si riprende come una nuova obbligazione dopo aver pagato i relativi interessi, ma anche il pagamento congiunto di debiti anteriori.

 

In aggiunta, l'accordo del 1993 permise che imprese messicane ottenessero partecipazioni in importanti settori dell'economia cubana come il turismo, oltre a quello citato delle telecomunicazioni.

 

I suddetti crediti, oltre ad essere anteriori all'attuale differendo politico, non costituiscono affatto una richiesta di Cuba né un'offerta del Messico:  si tratta di un accordo a cui ci si arriva quando esistono rapporti economici normali tra due paesi, e non sappiamo se ciò che tenta adesso il segretario Castañeda è danneggiare anche i suddetti rapporti, nel cui caso nessuno avrà dubbi rispetto alla sua la responsabilità a riguardo e quindi anche del suo governo.

 

Si può aggiungere che tradizionalmente in questa, nonché in altre operazioni commerciali, per motivi ovvii collegati alla guerra economica imposta dal nostro potente vicino, le autorità cubane svolsero le trattative con l'adeguata discrezione allo scopo di evitare pressioni sul Messico e come necessità imposta dai 43 anni di blocco.  Tuttavia, lo stesso ministero degli Esteri messicano, mediante un comunicato dello scorso 6 marzo, fece conoscere che entrambi i paesi avevano sottoscritto un accordo che ristrutturava il debito cubano pari a 380 milioni di dollari, stabiliva un termine di dieci anni per ricuperarlo ed esprimeva "la volontà di entrambi i governi di avviare un rapporto finanziario-commerciale sano e stabile".  Non si spiegavano assolutamente i precedenti, circostanze e convenienza reciproca di un accordo di tale natura.

 

Secondo la Segreteria degli Affari Esteri del suddetto paese si apriva allora la possibilità che il Messico aumentasse le sue esportazioni a Cuba, poiché potrebbe disporre di facilità per acquistare beni di imprese messicane per l'ammontare di 30 milioni di dollari, inizialmente.  Il comunicato precisaba anche che tale accordo era stato firmato nella sede dell'Ambasciata messicana all'Avana, menzionava i funzionari coinvolti e si riferiva alla liquidazione di un addebito pari a 36 milioni di dollari a Bancomext da parte del Banco Nacional de Cuba.  Risulta evidente la differenza tra quanto si apportava e quanto si riceveva, e che la cifra di 30 milioni, era per acquistare prodotti messicani.

 

Come prassi internazionale in materia di affari, a la firma di tali accordi e ai fini della loro implementazione, segue una serie di passi per complementare la documentazione, autenticarla, ecc, che in questo caso sono stati adempiti dal Banco Nacional de Cuba e da Bancomext fino a recente data, tuttavia, resta assolutamente chiaro che dopo lunedì 22 aprile, gli esecutivi di ambedue le banche, che sono le autorità responsabili della materializzazione del credito, non hanno avuto alcun contatto.

 

La stessa stampa messicana ha cercato informazioni e argomenti a riguardo, mettendo in evidenza la nuova insidia.  Il giornale Milenio nella sua edizione dello scorso giovedì 25, in un articolo intitolato "Il negoziato sul petrolio tra Cuba e il Messico si concretizzò a febbraio", informa che sebbene Petróleos Mexicanos (Pemex) dal 1997 non abbia venduto petrolio a Cuba "fino a gennaio scorso ci sono state conversazioni tra Pemex e Cubapetroleo su un piano, promosso da Messico, per rinnovare e finanziare l'acquisto di petrolio e derivati, prospezioni nella zona cubana del Golfo del Messico e altri tipi di investimenti."

 

Nelle indagini sulla "notizia" resa pubblica ieri dal minsitro degli Esteri messicano -una nuova menzogna e perfidia di Castañeda-, il giornalista Luis Carriles, con il sottotitolo "Cuba risponde: la richiesta era pattuita", segnala che Cuba non ha chiesto niente in mezzo alla crisi con il Messico, e nemmeno durante il Vertice di Monterrey, né in occasione della crisi di Chávez.

 

E aggiungeva l'informazione che ciò che il ministro degli Esteri Castañeda consegnerebbe mercoledì al presidente Fox sarebbe un documento, elaborato tre mesi fa "nell'ambito del negoziato relativo al debito cubano, che è già stato interamente pagato, in soldi contanti e suonanti, fino all'ultimo centesimo".  Siccome il debito era già stato pagato, continua dicendo l'articolo, allora "era stato concesso un credito per acquistare derivati del petroleo e altre tre o quattro cose, su offerta del Messico".  L'unico riferimento al tema del petroleo in questi mesi "venne da parte del Messico, quando in mezzo alla crisi di Chávez, il governo foxista offrì a Cuba di assumere gli invii sospesi da PDVSA, nell'ambito dell'accordo di San José, proposta a cui Cuba non rispose niente".  L'ambasciatore del Messico a Cuba, Ricardo Pascoe, lo stesso giorno in cui il Messico notificò Cuba che avrebbe votato a Ginevra a favore della risoluzione di Uruguay, ricordò l'offerta.  A ciò Fidel Castro rispose di no, 'la ringrazio, però no, questa è un'elemosina' e il Messico vuole comprare la dignità con petrolio.

 

E' opportuno aggiungere che posteriori chiarimenti di dirigenti di PEMEX sono stati fatti in modo alquanto ingannevole e confuso, poiché abbiamo verificato che non c'è stata nessuna richiesta cubana a PEMEX, da quando è nato il grave differendo politico tra entrambi i governi, per conseguire petrolio, e neanche riferita alla linea di credito di Bancomext ormai spiegata.

 

Quindi qualsiasi affermazione riguardante ipotetiche azioni del Governo cubano, rivolte a richiedere crediti messicani a tali scopi, è frutto di un'ossessione patologica che può cagionare danni all'economia cubana ma anche un danno maggiore agli stessi interessi messicani.

 

Rispetto alla vile affermazione secondo cui Cuba riceve tutto il suo petrolio gratis dal Venezuela, dobbiamo chiarire che la fornitura di petrolio da Venezuela risponde all'adempimento dell'Accordo di Caracas che comprende i paesi dell'America Centrale e dei Caraibi, mediante il quale Cuba riceve all'anno appena un terzo del suo consumo e paga regolarmente quanto convenuto nei termini e condizioni pattuite, come lo hanno riconosciuto di recente gli stessi dirigenti di PDVESA.  Altri paesi ricevono dalla stessa provenienza oltre il 50% del loro consumo e alcuni persino il 100%.

 

Di fronte a fatti così lontani dal "doppio gioco" che il signore Castañeda pretese di attribuire a Cuba quando ricomparse sulla scena lo scorso 24 aprile, c'è da domandarsi cosa si nasconde dietro le sue nuove manovre, intrighe e bugie.

 

Da parte nostra dobbiamo ricordare che nessuna minaccia o tentativo di pressione in nessun senso può intimidire neanche minimamente Cuba.  La storia degli ultimi quattro decenni è qualcosa che qualunque avversario reale o potenziale non ha ragioni, precedenti o base alcuna per ignorare.