Mandela è morto
Perchè nascondere la verità sull’Apartheid?
Da: Fidel Castro
Forse l’impero ha creduto che il nostro
popolo non avrebbe fatto onore alla sua parola quando, nei giorni incerti del
secolo scorso, abbiamo affermato che se, incluso l’URSS, fosse scomparsa, Cuba
continuerebbe lottando.
La guerra è, dall’altra parte, l’unica
attività nel corso della storia che il genere umano non è stato mai capace
d’evitare, quanto ha portato ad Einstein a rispondere che non sapeva come
sarebbe
Uniti i mezzi disponibili dalle due più
poderose potenze, gli Stati Uniti e
Nessun avvenimento presente o passato che io
ricordi o abbia sentito nominare, come la morte di Mandela, ha colpito tanto l’opinione
pubblica mondiale; e non per le sue ricchezze, ma per la qualità umana e la
nobiltà dei suoi sentimenti e idee.
Nel corso della storia, fino ad un secolo e
mezzo fa, e prima che le macchine e i robot, a un costo minimo di energie, si occuparono
dei nostri modesti compiti, non esisteva nessuno dei fenomeni che oggi commuovono
l’umanità e reggono inesorabilmente a ognuna delle persone: uomini o donne, bambini
e anziani, giovani e adulti, agricoltori e operai fabbrili, manuali o intellettuali.
La tendenza dominante è quella di istallarsi nelle città, dove la creazione di impieghi,
trasporto e condizioni elementari di vita, richiedono enormi investimenti in
virtù della produzione alimentare e altre forme di vita più ragionevoli.
Tre potenze hanno fatto scendere artefatti dalla
Luna al nostro pianeta. Lo stesso giorno in cui Nelson Mandela, avvolto nella
bandiera della sua patria, fu seppellito nel cortile dell’umile casa dove è
nato 95 anni fa, un modulo sofisticato della Repubblica Popolare Cinese scendeva in
uno spazio illuminato della nostra Luna. La coincidenza fra entrambi fatti fu assolutamente
casuale.
Milioni di scienziati ricercano materie e
radiazioni nella Terra e nello spazio; per loro si conosce che Titano, una delle
lune di Saturno, accumulò 40 —quaranta—
volte più petrolio di quello esistente nel nostro pianeta quando cominciò il
suo sfruttamento appena 125 anni fa, e al ritmo attuale di consumo durerà
appena un secolo in più.
I sentimenti di fratellanza profonda fra il
popolo cubano e la patria di Nelson Mandela sono nati da un fatto che nemmeno è
stato nominato, e del quale non abbiamo detto una parola nel corso di molti anni;
Mandela, perché era un apostolo della pace e non desiderava fare del male a
nessuno. Cuba, perché mai realizzò alcuna azione in ricerca di gioia o prestigio.
Quando
Le rivoluzioni sociali commuovevano le
fondamenta del vecchio ordine. Gli abitanti del pianeta, nel 1960, raggiungevano
già i 3 mila milioni di unità. Nello stesso modo è cresciuto il potere delle
grandi imprese transnazionali, quasi tutte nelle mani degli Stati Uniti, le cui
monete, appoggiata nel monopolio dell’oro e l’industria intatta per la lontananza
dei fronti di battaglia, diventò proprietaria dell’economia mondiale. Richard
Nixon derogo’ unilateralmente l’appoggio della sua moneta in oro, e le imprese
del suo paese si impadronirono delle principali risorse e materie prime del
pianeta, che acquisirono con documenti ufficiali.
Fino ad ora non c`´e niente che non si
conosca.
Però, perchè si pretenda di nascondere che il
regime dell’Apartheid, che ha fatto soffrire tanto l’Africa e indignò l’immensa
maggioranza delle nazioni del mondo, era frutto dell’Europa coloniale e fu convertito
in potenza nucleare per gli Stati Uniti ed Israele, per cui Cuba, un paese che
appoggiava le colonie portoghesi in Africa che lottavano per la loro
indipendenza, condannò apertamente?
Il Nostro popolo, che era stato ceduto dalla
Spagna agli Stati Uniti dopo l’eroica lotta durata più di 30 anni, non si è mai
rassegnato al regime schiavista sottoposto per quasi 500 anni.
Di Namibia, occupata da Sudafrica, partirono
nel 1975 le truppe razziste appoggiate dai carri armati leggeri con cannoni di 90
millimetri che penetrarono più di mille chilometri fino alle vicinanze di Luanda,
dove un Battaglione delle Truppe Speciali cubane—inviate per via aerea— e vari equipaggi
cubani anche di carri armati sovietici che erano lì senza personale, sono
riusciti a fermarli. Questo è accaduto a novembre 1975, 13 anni prima della
Battaglia di Cuito Cuanavale.
Ho già detto che non facevamo niente in
ricerca di prestigio o benessere alcuno. Però costituisce un fatto molto reale
che Mandela fu un uomo integro, rivoluzionario profondo e radicalmente
socialista, che con grande stoicismo sopportò 27 anni d’imprigionamento solitario.
Io non lasciavo di ammirare la sua rettitudine, la sua modestia e il suo enorme
merito.
Cuba adempiva i suoi doveri internazionalisti
rigorosamente. Difendeva punti chiavi e allenava in ogni anno mille combattenti angolani nel maneggio delle
armi. L’URSS somministrava l’armamento. Nonostante, in quella epoca l’idea del
consulente principale da parte dei somministratori del gruppo militare non la
condividevamo. Mille angolani giovani e in salute arrivavano costantemente nelle
unità del loro possente esercito. Il consulente principale non era comunque un
Zhúkov, Rokossovski, Malinovsky o altri tanti che riempirono di gioia la
strategia militare sovietica. La sua idea ossessiva era inviare brigate
angolane con le migliori armi al territorio dove si pensava risiedeva il governo
tribale di Savimbi, un mercenario al servizio degli Stati Uniti e Sudafrica, che
era come inviare le forze che combattevano a Stalingrado al confine della
Spagna falangista che aveva inviato più di cento mila soldati a lottare contro
l’URSS. Quel anno si stava producendo un’operazione di questo tipo.
Il nemico avanzava dietro le forze delle varie
brigate angolane, colpite nelle vicinanze dell’obbiettivo dove erano inviate, a
circa 1 500 chilometri di Luanda. Dove venivamo perseguitate dalla forze sudafricane
verso Cuito Cuanavale, antica base militare della NATO, a 100 chilometri della
prima Brigata dei Carri Armati cubani.
In quel istante critico il Presidente di
Angola ha richiesto l’appoggio delle truppe cubane. Il Capo delle nostre forze
al Sud, Generale Leopoldo Cintra Frías, ci ha comunicato la richiesta, cosa abituale.
La nostra unica risposta fu che offrivamo questo appoggio se tutte le forze e equipaggiamenti
angolani di quel fronte si subordinavano al comando cubano nel Sud di Angola. Tutto
il mondo capiva che la nostra richiesta era un requisito per convertire
l’antica base nel campo ideale per colpire alle forze razziste di Sudafrica.
In meno di 24 ore arrivò da Angola la risposta
positiva.
Abbiamo deciso l’invio immediato di una Brigata
di Carri Armati cubani verso quel punto. Altre si trovavano nello stesso
percorso verso Ovest. L’ ostacolo principale era il fango e l’umidità della
terra nell’epoca della pioggia, che dovevamo controllare metro a metro contro
mine antiuomo. A Cuito, fu inviato ugualmente il personale per operare con i
carri armati e i cannoni senza equipaggio.
La base era separata dal territorio che si
trova ad Est per l’imponenza del fiume Cuito, sul quale si sosteneva un solido
ponte. L’esercito razzista lo attaccava disperatamente; un aereo telecomandato con
molti esplosivi riuscì ha colpirlo sul ponte e abbatterlo .I carri armati
angolani in ritirata che potevano ancora muoversi attraversarono un punto più a
Nord. Quelli che non erano in condizioni adeguate furono interrati, con le loro
armi puntando verso Est, una densa striscia di mine antiuomo e anti carri armati
convertirono la linea in una mortale trappola dall’altra parte del fiume. Quando
le forze razziste ricominciarono l’avanzamento e sbatterono contro quella
muraglia, tutti i pezzi di artiglieria e i carri armati delle brigate rivoluzionarie
sparavano dalle loro posizioni nella zona di Cuito.
Un ruolo speciale fu riservato ai caccia Mig-23
che, a velocità vicina a mila chilometri per ora e a 100 —cento— metri di altezza, erano capaci di
distinguere se il personale artigliere era nero o bianco, e sparavano
incessantemente contro di loro.
Quando il nemico malridotto e immobilizzato
cominciò la ritirata, le forze rivoluzionarie si prepararono per i combattimenti
finali.
Numerose brigate angolane e cubane si
spostarono in modo veloce e a distanza adeguata verso Ovest, dove stavano le
uniche vie ampie dove sempre i sudafricani cominciavano le loro azioni contro l’Angola.
L’aeroporto nonostante si trovava a circa 300 —trecento— chilometri dal confine
con Namibia, occupata totalmente dall’esercito dell’Apartheid.
Mentre le truppe si riorganizzavano e re-equipaggiavano
è stato deciso con tutta urgenza di costruire una pista di atterraggio per i Mig-23.
I nostri piloti stavano utilizzando l’equipaggiamento aereo consegnati dall’URSS
ad Angola, i cui piloti non hanno avuto il tempo necessario per la loro
adeguata istruzione. Parecchi equipaggiamenti aerei erano fuori combattimento
per colpa dei nostri artiglieri e degli operatori dei mezzi antiaeri. I
sudafricani occupavano ancora una parte dell’autostrada principale che conduce
dall’orlo della collina angolana a Namibia.
Nei ponti sull’imponente fiume Cunene, fra il Sud de Angola e il Nord di Namibia,
cominciarono nel frattempo con il giochetto dei suoi spari con cannoni di 140 millimetri
che davano ai suoi proiettili una velocità vicino ai 40 chilometri. Il problema
principale era il fatto che i razzisti sudafricani possedevano, secondo i
nostri calcoli, fra 10 e 132 armi nucleari. Avevano realizzato prove anche nei
mari o nelle aree congelate del Sud. Il presidente Ronald Reagan lo aveva
autorizzato, e fra l’equipaggiamento consegnato da Israele stava il dispositivo
necessario per fare scoppiare il carico nucleare. La nostra risposta fu
organizzare il personale in gruppi di combattimento di non più di 1 000 —mille—
uomini, che dovevano marciare di notte in un’ampia estensione di terreno e
attrezzati con carri di combattimento antiaerei.
Le armi nucleari di Sudafrica, secondo
relazioni fedeli, non potevano essere caricate da aeree Mirage, necessitavano
bombardieri pesanti tipo Canberra. Ma in qualsiasi caso la difesa antiaerea
delle nostre forze disponevano di numerosi tipi di razzi che potevano colpire e
distruggere obbiettivi aerei fino a decine di chilometri dalle nostre truppe. Inoltre,
un bacino di 80 milioni di metro cubi di acqua situato nel territorio angolano era
stato occupato e minato dai combattenti cubani e angolani. L’ esplosione di
quel bacino sarebbe stato equivalente a parecchie armi nucleari.
Nonostante, una centrale idroelettrica che
usava le forti correnti del fiume Cunene, prima di arrivare alla frontiera con Namibia,
era utilizzata da un gruppo dell’ esercito sudafricano.
Quando nel nuovo teatro di operazioni i
razzisti cominciarono a sparare i cannoni di 140 millimetri, i Mig-23 colpirono
fortemente quel gruppo di soldati bianchi, e i sopravvissuti abbandonarono il
luogo lasciando anche alcuni cartelli critici contro il loro stesso comando. Questa
era la situazione quando le forze cubane e angolane avanzavano verso le linee
nemiche.
Ho saputo che Katiuska Blanco, autore dei vari
racconti storici, assieme ad altri giornalisti e reporters grafici, erano lí.
La situazione era tesa ma nessuno ha perso il controllo.
Fu allora che arrivarono notizie sul fatto
che il nemico era disponibile a negoziare. Eravamo riusciti a mettere fine
all’avventura imperialista e razzista in un continente che fra 30 anni avrà una
popolazione superiore a quella cinese ed indiana messa insieme.
Il ruolo della delegazione cubana, a causa
della scomparsa del nostro fratello ed amico Nelson Mandela sarà
indimenticabile.
Faccio i complimenti al compagno Raúl per il
suo brillante impegno e, in particolare, per la fermezza e dignità quando con
gesto amabile salutò il capo del governo degli Stati Uniti dicendoli in inglese:
“Signor presidente, io sono Castro”.
Quando la mia stessa salute ha posto il
limite alla mia capacità fisica non ho dubitato nemmeno un minuto di esprimere
la mia opinione su chi a mio giudizio potesse assumere la responsabilità. Una
vita è un minuto nella storia dei popoli, e penso che colui che assuma oggi
questa responsabilità richieda l’esperienza e l’autorità necessarie per scegliere
un numero crescente e quasi infinito di varianti.
L’imperialismo riserverà sempre parecchie carte
per sottomettere la nostra isola, anche se fosse costretto a depopolarla
privandola degli uomini e donne e giovani, offrendoli briciole dei beni e
risorse naturali che saccheggia al mondo.
Che parlino ora le voci imperialiste su come
e perchè è sorto l’Apartheid.
Fidel Castro Ruz
18 dicembre 2013
Ore: 20 e 35.