Riflessioni del compagno
Fidel
L’OPINIONE DI UN ESPERTO
Se mi chiedessero chi è che il massimo conoscitore del pensiero israeliano,
risponderei senza dubbio che è Jeffrey Goldberg. Instancabile giornalista, capace
d’incontrare decine di volte un leader o un intellettuale israeliano per indagare
ciò che pensa.
Non è neutrale, logicamente, ed è senza dubbio filoisraeliano. Quando
qualcuno di loro non è d’accordo con la politica di quel paese, non lo è con
mezzi termini.
Per ciò che mi riguarda, l’interessante è conoscere il pensiero che guida i
principali leader politici e militari di tale Stato.
Mi sento autorizzato ad esprimere la mia opinione, poiché non sono mai
stato un antiebraico e condivido con lui un profondo odio contro il nazifascismo
e il genocidio commesso a scapito di bambini, donne e uomini, giovani o anziani
ebrei, contro cui Hitler,
Per la stessa ragione, aborrisco i crimini del governo fascista di Netanyahu,
che assassina bambini, donne e uomini, giovani ed anziani nella Striscia di Gaza
ed in Cisgiordania.
Nel suo illustrato articolo “Il punto di non ritorno”, che in settembre
sarà pubblicato sulla rivista The
Atlantic, e che è già presente in Internet, Jeffrey Goldberg inizia il suo
lavoro di oltre 40 pagine, di cui estraggo le idee esenziali a beneficio dei
lettori.
“É possibile che ad un certo nei prossimi dodici mesi l’imposizione delle
sanzioni economiche devastanti contro
“Analizzando la plausibilità e le possibili conseguenze di un attacco
israeliano contro l’Iran, non mi dedico ad un esercizio mentale, né ad un war
game. Israele ha già attaccato e distrutto con successo in due occasioni il
programma nucleare di un nemico. Nel 1981, gli aerei da guerra israeliani
bombardarono il reattore iracheno di Osirak e fermarono (per sempre, secondo quanto
risultò) le ambizioni nucleari di Sadam Hussein; nel 2007 gli aerei israeliani
hanno distrutto un reattore di fabbricazione nordcoreana in Siria. Quindi, un
attacco contro l’Iran sarebbe senza precedenti soltanto per portata e
complessità.”
“Per oltre sette anni ho studiato la possibilità che alla fine quest’attacco
avvenga […] Nei mesi trascorsi d’allora (marzo 2009), ho intervistato su questo
tema circa 40 dirigenti israeliani, attuali e precedenti, nonché diversi
funzionari statunitensi ed arabi. Nella maggior parte di queste interviste ho
formulato una semplice domanda: Quali sono le possibilità percentuali che
Israele attacchi il programma nucleare iraniano in un immediato futuro? Non
tutti hanno risposto a questa domanda, ma emerge l’opinione a favore del fatto che
esistano delle possibilità superiori al 50% di un attacco israeliano nel prossimo
luglio. […] ho messo alla prova questa opinione parlando con molte fonti,
all’interno ed all’esterno del governo, ed appartenenti a differenti partiti
politici. Sottolineando la straordinaria sensibilità del tema, molti hanno
parlato solo con riluttanza e a condizione di non svelare i loro nomi […] Il
ragionamento dei decision
makers israeliani non è stata complicata: l’Iran, al
massimo, ha bisogno da uno a tre anni per raggiungere una reale capacità nucleare.
[…] L’elemento più importante della dottrina della sicurezza nazionale
israeliana, è un principio che risale agli anni ‘60 […] non si dove permettere
e nessun avversario regionale di raggiungere la parità nucleare con lo stato
ebreo rinato ed ancora assediato.”
“Nella nostra conversazione prima del suo insediamento, Netanyahu non ha
affrontato il tema in termini di parità nucleare […] Al contrario, ha definito
il programma iraniano come una minaccia non solo per Israele, ma per tutta la
civiltà occidentale.”
“‘…Quando il credente con gli occhi fuori dalle orbite prende in mano le
redini del potere e le armi di distruzione di massa, allora il mondo deve
cominciare a preoccuparsi, ed è proprio quello che sta succedendo in Iran’.”
“Nella nostra conversazione, Netanyahu si è rifiutato di analizzare la sua
agenda d’azione e nemmeno si pensava all’azione militare preventiva contro il programma
nucleare iraniano. […] La convinzione di Netanyahu è che l’Iran non è solo il
problema d’Israele, ma il problema del mondo intero ed il mondo, capeggiato
dagli Stati Uniti; ha il dovere d’affrontarlo. Però Netanyahu non ha molta
fiducia nelle sanzioni, né in quelle relativamente deboli contro l’Iran recentemente
approvate dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, né in quelle più
forti imposte dagli Stati Uniti e dai suoi alleati europei.”
“Però, in base alle mie conversazioni con i dirigenti israeliani, questo
periodo attendista, durante il quale Netanyahu aspetta, per vedere se i metodi
non militari dell’Occidente possono fermare l’Irán, terminerà entro dicembre.”
“Il governo di Netanyahu già intensifica i suoi sforzi analitici non solo rispetto
all’Iran, bensì su un tema che a molti israeliani risulta difficile capire: il
Presidente Obama. Gli israeliani si sforzano di rispondere a quella che
costituisce la domanda per loro più pressante: quali sono le circostanze in cui
il Presidente Obama dispiegherebbe le sue forze per impedire che l’Iran acquisisca
una capacità nucleare? Tutto dipende dalla risposta.”
“L’Iran esige l’urgente attenzione di tutta la comunità internazionale e
quella degli Stati Uniti in particolare, per la sua ineguagliabile abilità di
proiettare la sua forza militare. Questa è anche la posizione di molti leader
arabi moderati. Poche settimane fa, con dichiarazioni insolitamente dirette,
l’ambasciatore degli Emirati Arabi Uniti negli Stati Uniti, Yousef al-Otaiba, mi
ha detto […] che il suo paese sosterrebbe un attacco militare contro le
istallazioni nucleari iraniane […]. ‘I piccoli, ricchi e vulnerabili paesi
della regione non vogliono passare per quelli che provocano il grande prepotente
se nessuno poi verrà a sostenerli’.”
“Diversi leader arabi hanno detto che la posizione degli Stati Uniti in Medio
Oriente dipende dalla sua disposizione ad affrontare l’Iran. Spiegano, pensando
nei loro interessi, che un attacco aereo contro un pugno di istallazioni
iraniane non sarebbe così complicato, né problematico come, per esempio, l’ivasione
dell’Iraq. ‘Questo non è un dibattito sull’invasione dell’Iran’, mi ha detto un
Ministro degli Esteri arabo. ‘Aspettiamo attacchi mirati contro diverse
istallazioni pericolose. Gli Stati Uniti potrebbero effettuarlo con molta
facilità’.”
“Barack Obama ha detto in molte occasioni che un Iran nucleare risulterebbe
per lui inaccettabile. […] Un Iran nucleare sarebbe una situazione che
cambierebbe i giochi, non solo in Medio Oriente, ma in tutto il mondo. Penso che
ciò che rimane nel nostro contesto di non proliferazione nucleare inizierebbe a
disintegrarsi. In Medio Oriente ci sarebbero inoltre paesi che si vedrebbero probabilmente
nella necessità di procurarsi armi nucleari’.”
“Però gli israeliani dubitano che un uomo che si è posto all’antitesi di
George W. Bush, l’autore delle invasioni in Afghanistan ed in Iraq, lancerebbe
un attacco preventivo contro una nazione musulmana.”
“‘Abbiamo ascoltato tutti il suo discorso al Cairo’, mi ha detto un alto
funzionario israeliano, facendo riferimento al discorso del giugno
“Il funzionario israeliano mi ha detto che ‘quanto avvenuto con Bush è stato
due anni fa, però il programma iraniano era lo stesso e l’intenzione era la
stessa. Quindi, personalmente, non mi aspetto che Obama sia più Bush di Bush’.”
“Se gli israeliani arrivano alla conclusione definitiva che Obama non
scatenerà per nessun motivo un attacco contro l’Iran, inizierà allora il conto alla
rovescia per un attacco unilaterale israeliano.”
“I funzionari dell’intelligence israeliana considerano che un attacco contro
l’Iran potrebbe provocare una rappresaglia totale da parte dei sostenitori dell’Iran
in Libano, gli Hezbollah, che secondo stime dell’intelligence possiedono ora circa
45.000 razzi (almeno il triplo di quelli in possesso nell’estate del 2006,
durante l’ultima serie di scontri tra il gruppo ed Israele).”
“…Netanyahu non è l’unico che comprende questa sfida; diversi primi ministri
precedenti hanno affrontato la minaccia iraniana in termini esistenziali simili.
[…] Michael Oren, l’ambasciatore d’Israele negli Stati Uniti mi ha detto che ‘lui
ha un senso profondo del suo ruolo nella storia ebraica’.”
Successivamente Jeffrey Goldberg impiega diverse pagine
raccontando la storia del padre di Netanyahu, Ben-Sión, da lui considerato, tra
gli altri meriti, il più importante storico del mondo dell’inquisizione
spagnola; questi ha recentemente compiuto 100 anni.
“Benjamín Netanyahu non è conosciuto nell’ambiente per la sua flessibilità nelle
questioni palestinesi, sebbene ultimamente ha cercato di soddisfare alcune
delle esigenze di Barack Obama per far progredire il processo di pace.”
Finita questa parte del suo articolo, Goldberg prosegue l’analisi della complessa
situazione. A volte è abbastanza duro mentre analizza un commento del 2001 dell’ex
presidente iraniano Hashemi-Rafsanjani, in cui certamente parla di una bomba che
distruggerà Israele; una minaccia che è stata criticata anche dalle forze di
sinistra avversarie di Netanyahu.
“Le sfide rappresentate da un Iran con capacità nucleare sono più sottili della
stessa possibilità di un attacco diretto, mi ha commentato Netanyahu. […] ‘i
falchi all’interno d’Iran potrebbero lanciare razzi e partecipare ad altre attività
terroristiche, con possibilità d’utilizzare materiale nucleare. […] Invece d’essere
un successo locale, indipendentemente da quanto doloroso possa essere, tutto
ciò si trasformerebbe in un evento di carattere mondiale. In secondo luogo, incoraggerebbe
gli attivisti islamici di tutte le latitudini ed in molti continenti, i quali
crederebbero che questo è un segno della provvidenza e che il fanatismo conduce
al supremo cammino del trionfo’.”
“‘Provocherebbe un grande e radicale cambio negli equilibri di potere nella
nostra zona’, ha aggiunto.”
“Altri dirigenti israeliani considerano che il solo fatto della minaccia di
un attacco nucleare da parte dell’Iran, insieme alle minacce croniche in cui
vivono le città israeliane a causa dei missili di Hamas e degli Hezbollah, indebolirà
gradualmente la capacità del paese di proteggere i suoi cittadini più creativi
e produttivi. […] ‘La vera prova che dobbiamo affrontare è ottenere che Israele
sia quel luogo così attrattivo, all’avanguardia nei vari campi della società umana,
nell’educazione, nella cultura, nella scienza, nella qualità della vita, un
luogo in cui desiderino venire persino i giovani ebrei che vivono negli Stati
Uniti’.”
“In base a diversi sondaggi, in Israele il patriottismo è un sentimento molto
considerato e mi sembra poco probabile che il timore nei confronti dell’Iran obbligherà
gli ebrei d’Israele a cercare rifugio da un’altra parte. Ciononostante, uno dei
principali promotori di un attacco israeliano contro le istallazioni nucleari
iraniane, Ephraim Sneh, ex generale ed ex vice-ministro della difesa, è
convinto del fatto che se l’Iran oltrepasserà la soglia del nucleare, l’idea
stessa d’Israele si troverebbe in pericolo. ‘Queste persone sono cittadini
bravi e coraggiosi, però la dinamica della vita è tale che se qualcuno vince
una borsa di studio in un’università degli Stati Uniti per due anni e
l’università gli offre un terzo anno, i genitori gli diranno: 'Nessun problema,
rimani',’ mi ha raccontato Sneh, quando mi sono incontrato con lui, non tanto
tempo fa, nel suo ufficio alla periferia di Tel Aviv. ‘Se uno finisce un
dottorato e gli offrono un posto di lavoro negli Stati Uniti, questa persona potrebbe
rimanere. Ciò non vuol dire che la gente se ne andrà di corsa all’aeroporto […]
L’importante è che avremo una fuga accelerata di cervelli, e un Israele che non
si basa sull’intraprendenza, che non si basi sull’eccellenza, non sarà l’Israele
d’oggi’.”
“UN LUNEDÌ SERA all’inizio dell’estate, mi sono seduto nell’ufficio del deciso
detrattore dei goyim, Rahm Emanuel, Capo
di Gabinetto della Casa Bianca ed ho sentito diversi funzionari del Consiglio
di Sicurezza Nazionale, riuniti al suo tavolo delle conferenze, spiegare –con
moltissime parole - perché lo stato ebreo deve avere fiducia nel presidente non
ebreo degli Stati Uniti, in modo tale che questi evitino che l’Iran oltrepassi
la soglia nucleare.”
“Una delle persone sedute al tavolo, Ben Rhodes, consigliere aggiunto della
sicurezza nazionale, che ha partecipato in veste d’autore principale del
recente “Strategia della sicurezza nazionale degli Stati Uniti”, nonché alla
preparazione del conciliante discorso del Presidente al Cairo, ha suggerito che
il programma nucleare iraniano costituiva una chiara minaccia per la sicurezza
statunitense e che il governo di Obama risponde alle minacce alla sicurezza
nazionale nello stesso modo in cui hanno risposto le altre amministrazioni. “Stiamo coordinando una strategia multiforme per
aumentare la pressione nei confronti dell’Iran, ma questo non significa che
abbiamo eliminato delle carte dal tavolo di discussione’, ha affermato Rhodes. ‘Questo
presidente ha dimostrato a più riprese che, se crede sia necessario utilizzare
la forza per proteggere gli interessi statunitensi della sicurezza nazionale,
lo ha fatto. Non utilizzeremo frasi ipotetiche su quando utilizzeremo la forza
militare o se la useremo, ma abbiamo messo ben in chiaro che non abbiamo
eliminato la possibilità dell’uso della forza per le situazioni in cui viene pregiudicata
la nostra sicurezza nazionale’.”
“…Emanuel, il cui stato d’animo è esasperato al ribasso. […] (Un ex funzionario
dell’amministrazione Bush mi ha detto che il suo presidente ha affrontato il
problema contrario, impantanato in due guerre e credendo che l’Iran non era
così vicino ad oltrepassare la soglia nucleare, si oppose all’impiego della
forza contro il programma iraniano e mise ben in chiaro il suo punto di vista, ‘però
nessuno gli credette ’).”
“Ad un certo momento, ho espresso l’idea che per ragioni estremamente ovvie,
in pochi potevano credere che Barack Obama avrebbe aperto un terzo fronte in
Medio Oriente. Uno dei funzionari mi ha risposto accalorato: ‘Che cosa abbiamo
fatto perché tu ti permetta d’arrivare alla conclusione che un Iran con capacità
nucleare sarebbe per noi una situazione tollerabile?’”
“I funzionari dell’amministrazione di Obama, in particolare quelli del Pentagono,
hanno segnalato in diverse occasioni di non trovarsi d’accordo con la
possibilità di preferire un attacco militare. In aprile, la sottosegretaria alla
difesa per le questioni politiche, Michele Flournoy, ha riferito ai giornalisti
che l’uso della forza militare contro l’Iran si trovava “fuori dal tavolo delle
negoziazioni in un immediato futuro’. Successivamente ha ritrattato, ma l’Ammiraglio
Michael Mullen, capo dello Stato Maggiore Generale congiunto, ha anch’egli criticato
l’idea d’attaccare l’Iran. […] “In una regione in questo momento così
instabile, non abbiamo bisogno d’ulteriore instabilità ”
“…in nessun caso il presidente ha scartato l’idea d’evitare la proliferazione
mediante l’uso della forza. […] Gary Samore, funzionario del Consiglio di Sicurezza
Nazionale che controlla il programma dell’amministrazione contro la proliferazione,
mi ha detto che gli israeliani concordano con le valutazioni statunitensi sul
fatto che il programma iraniano d’arricchimento dell’uranio è afflitto da
problemi.”
“‘…possiamo determinare, tenendo in considerazioni i rapporti dell’AIEA, che
agli iraniani non va bene, ha detto Samore. In particolare, le macchine
centrifughe che stanno utilizzando si basano su una tecnologia inferiore. Stanno
affrontando delle difficoltà tecniche, in parte a causa del lavoro che abbiamo
fatto per negare loro l’accesso ai componenti stranieri. Quando sono loro a
produrre i pezzi, fabbricano materiali che non sono sottoposti a nessun tipo di
controllo della qualità.’”
“Dennis Ross, ex negoziatore di pace in Medio Oriente, attuale funzionario
d’alto livello all’interno del Consiglio di Sicurezza Nazionale, durante la riunione
ha affermato di credere che gli israeliani capiscano ora che le misure promosse
dagli Stati Uniti hanno rallentato i progressi dell’Iran e che
l’amministrazione stia lavorando per convincere gli israeliani ─ ed altri
schieramenti nella regione ─ che la strategia delle sanzioni ‘potrebbe
funzionare’.”
‘“Il presidente ha detto di non aver ritirato nessuna carta dal tavolo delle
discussioni, però vedremo, perché pensiamo che questa strategia potrebbe
funzionare’. […] Lo scorso mese di giugno ─ siccome non avevano risposto
al nostro richiamo bilaterale ─ il presidente ha detto che in settembre
avremo preso delle misure.”
“Ross […] le sanzioni che l’Iran sta attualmente affrontando potrebbero
modificare il modo di pensare del regime. ‘Le sanzioni aumenteranno. Avvengono in
un momento in cui gli iraniani hanno una cattiva amministrazione: gli iraniani
dovranno diminuire i sussidi [per i generi alimentari e il combustibile]; stanno
già affrontando l’alienazione del popolo; hanno delle divisioni all’interno
dell’elite e tra l’elite ed il resto del paese…’”
“Una domanda a cui nessun funzionario dell’amministrazione sembra voler
rispondere è la seguente: cosa faranno gli Stati Uniti se falliscono le sanzioni?
Diversi funzionari arabi si sono lamentati con me del fatto che l’amministrazione
Obama non li ha avvertiti delle sue intenzioni, neppure in linea generale.”
“‘Gli elettori di Obama sono contenti di sapere che l’amministrazione ha
dimostrato di non desiderare l’inizio di una contesa con l’Iran, però questa
non è una questione di politica interna’, ha riferito questo ministro degli
esteri. ‘L’Iran continuerà su questa via
temeraria a meno che l’amministrazione non inizi a parlare in maniera irragionevole. Il miglior modo d’evitare un attacco contro
l’Iran è facendogli credere che gli
Stati Uniti sono sul punto d’attaccarlo.
Dobbiamo conoscere quali sono le intenzioni del presidente su questo
argomento. Siamo i suoi alleati’. Secondo due fonti all’interno dell’amministrazione,
questo argomento ha provocato tensioni fra il Presidente Obama e l’ex direttore
dell’intelligence nazionale, Ammiraglio Dennis Blair, recentemente rimosso. Secondo
queste fonti, Blair, che insisteva molto sulla minaccia rappresentata dall’Iran,
ha detto al presidente che gli alleati arabi degli Stati Uniti hanno bisogno di
parole più tranquillizzanti. Si dice che a Obama il consiglio non sia piaciuto.”
“Naturalmente, i funzionari israeliani fanno molta fatica a capire il Presidente
Obama, nonostante le parole tranquillizzanti ricevute da Emanuel, da Ross e da altri.”
“Poco tempo fa, il capo dell’intelligence militare israeliana, Maggiore Generale
Amos Yadlin, si è recato in segreto a Chicago per incontrare Lester Crown, il multimilionario
la cui famiglia è proprietaria di una parte importante della General Dynamics,
un contrattista militare. Crown […] ‘Condivido con gli israeliani il sentimento
che sicuramente possediamo la capacità militare e che dobbiamo avere la volontà
d’utilizzarla. L’escalation iraniana non conviene per niente agli Stati Uniti’.”
“‘Sostengo il presidente’, ha detto Crown, ‘però mi piacerebbe che [i funzionari
dell’amministrazione] fossero un poco più estroversi giunto il momento di
parlare. Mi sentirei più a mio agio se sapessi che sono disposti ad usare la forza
militare, come ultima risorsa. Non si può minacciare qualcuno facendogli
credere un inganno. Bisogna essere disposti a farlo’.”
“Diversi funzionari mi hanno perfino chiesto se consideravo Obama
antisemita. Ho risposta a questa domanda utilizzando una citazione di Abner
Mikva, ex Congressista, giudice federale e mentore di Obama, che nel
“Rahm Emanuel ha segnalato che l’amministrazione stava cercando di prendere
due piccioni con una fava: offrendo un sostegno ‘indistruttibile’ ad Israele;
proteggendolo dalle conseguenze di una bomba nucleare iraniana; mettendogli
però pressione per cercare una formula conciliatoria con i palestinesi. […] gli
ultimi sei ministri israeliani, compreso Netanyahu, che ─ nel suo primo
periodo elettorale alla fine degli anni ‘90, dispiacendo suo padre─ cercò
una formula conciliatoria con i palestinesi per difendere il suo caso. ‘Rabin,
Peres, Netanyahu, Barak, Sharon, Olmert ─ tutti loro hanno cercato un
tipo di soluzione negoziata che convenisse ad Israele dal punto di vista strategico’.
Ci sono state molte altre minacce mentre i vari governi israeliani hanno cercato
di proseguire un processo di pace.”
“…Israele deve analizzare attentamente se un attacco militare valga la pena,
per il grande problema che ciò comporterebbe.
‘Non sono sicuro per il punto in cui si trovano, qualsiasi sia il punto,
indipendentemente da quello che stiano facendo, loro non arresteranno il programma
nucleare, ha aggiunto. ‘Solo lo rinvierebbero’.”
“È stato allora quando mi sono reso conto che, su determinati argomenti,
gli israeliani e gli statunitensi non stavano parlando la stessa lingua.”
“NELLE MIEI CONVERSAZIONI con gli ex generali dell’aeronautica e con gli strateghi
israeliani, è prevalso un tono moderato. Molte delle persone che ho
intervistato sono state disponibili, in condizione d’anonimato, a dire perché
sarebbe difficile per Israele attaccare le istallazioni nucleari iraniane. Alcuni
generali israeliani, come i loro colleghi statunitensi, mettevano in
discussione la stessa idea d’intraprendere un attacco. ‘Potremo utilizzare meglio il nostro tempo se
ci dedicassimo a convincere Barack Obama a farlo, invece di tentare farlo noi’,
ha affermato un generale. ‘Siamo molto
bravi in questo tipo di operazioni, ma è un passo troppo grande per noi. Viceversa
gli statunitensi possono farlo con un minimo di difficoltà. È troppo per noi’.”
“Gli aerei dovrebbero ritornare velocemente a casa, innanzitutto perché
l’intelligence israeliana considera che l’Iran ordinerebbe subito agli Hezbollah
di lanciare i razzi contro le città israeliane e sarebbero quindi necessarie le
risorse dell’aeronautica israeliana per dare la caccia alle squadre
missilistiche degli Hezbollah.”
“…nel caso di un attacco unilaterale israeliano contro l’Iran, la loro missione
sarebbe combattere contro le forze missilistiche degli Hezbollah. […] mantenere
in attesa gli Hezbollah finché l’Iran non oltrepassa la soglia nucleare.”
“…gli Hezbollah ‘hanno perso molti uomini. […] Questa è una delle ragioni per cui abbiamo
avuto quattro anni di tranquillità. Ciò
che è cambiato in questi ultimi quattro anni è che hanno aumentato la loro capacità
missilistica, però anche noi abbiamo aumentato la nostra’. Rispetto ad un possibile attacco israeliano
contro l’Iran, Eisenkot ha concluso dicendo: ‘La nostra disposizione combattiva
significa che Israele possiede liberta d’azione’.”
“Gli Stati Uniti sarebbe inoltre visti quali complici di un attacco israeliano,
anche nel caso in cui non fossero stati avvertiti in precedenza. L’ipotesi ─ che non sempre è corretta ─
che Israele agisca solamente con l’approvazione degli Stati Uniti è un punto di
vista abituale in Medio Oriente, e gli israeliani dicono che adesso lo stanno
considerando. Ho conversato con diversi funzionari israeliani che, tra gli
altri, stanno dibattendo questo interrogativo: che cosa potrebbe succedere se i
servizi dell’intelligence statunitense venissero a sapere delle intenzioni
israeliane alcune ore prima dell’inizio programmato di un attacco? ‘Per noi è
un incubo’, mi ha informato uno di questi funzionari. Cosa accadrebbe se il Presidente
Obama chiamasse Bibi e gli dicesse: ‘Sappiamo quello che state facendo. Fermatevi
immediatamente’. Ci fermeremo? Forse ci dovremo fermare. È stata presa la
decisione di non mentire agli statunitensi sui nostri piani. Non ci piace informali in anticipo. È per il
loro bene ed anche per il nostro bene. Allora, cosa facciamo? Queste sono le
domande difficili.”
“‘Molti israeliani pensano che gli iraniani stiano costruendo un’Auschwitz.
Dobbiamo informarli che abbiamo distrutto quell’Auschwitz, o dobbiamo informarli
che abbiamo tentato, ma abbiamo fallito’.”
“Naturalmente, ci sono dei dirigenti israeliani che pensano che un attacco
contro l’Iran sia troppo rischioso. […] ‘Non vogliamo che i politici ci mettano
in una posizione difficile a causa della parola Shoah’, ha detto un generale.”
“Dopo aver osservato, oltre una decina di volte, in più di una decina d’uffici
diversi, la fotografia degli aerei dell’aeronautica israeliana sorvolare Auschwitz,
sono riuscito a capire la contraddizione che ciò conteneva. Se i fisici ebrei
che crearono l’arsenale nucleare israeliano avessero potuto fare un viaggio nel
tempo e nello spazio e inviare nel 1942 una squadra di cacciabombardieri …”
“Per ragioni di sicurezza nazionale, Benjamín Netanyahu considera che, se
le sanzioni falliscono, si vedrà costretto a prendere delle misure. Tuttavia,
un attacco israeliano contro le istallazioni nucleari iraniane ─ abbia
successo oppure no ─ potrebbe portare l’Iran a raddoppiare i suoi sforzi nella
creazione di un arsenale nucleare ─ questa volta contando sulla solidarietà
internazionale. Questo potrebbe provocare il caos in Medio Oriente anche per
gli Stati Uniti. […] Peres considera il programma nucleare iraniano qualcosa di
potenzialmente catastrofico. […]Quando gli ho chiesto se credeva nell’alternativa
militare, mi ha risposto: ‘Perché devo dichiarare una cosa come questa?’.”
“Sulla base di mesi di interviste, sono arrivato a credere che l’amministrazione
sa quasi sicuramente che Israele tra poco intraprenderà delle azioni contro l’Iran
se niente o nessuno fermerà il suo programma nucleare […] All’inizio di quest’anno
ero d’accordo con molti israeliani, arabi, ─ e iraniani─ che credevano
che non esistesse la possibilità che Obama potesse ricorrere all’uso della
forza per fermare l’Iran; anche adesso non credo che esistano molte possibilità
che ricorra ad azioni militari nell’immediato futuro; soltanto per una ragione:
il Pentagono si è mostrato particolarmente poco entusiasta riguardo a quest’idea.
Ciononostante, è evidente che Obama è intrappolato in questo problema. […]
Denis McDonough, capo dello stato maggiore del Consiglio di Sicurezza Nazionale,
mi ha detto: ‘Ciò che vedi in Iran è l’insieme di una serie di importanti prorità
del presidente, che sta osservando una seria minaccia per il sistema di non
proliferazione a livello mondiale, una minaccia che può portare ad altre
attività nucleari in una regione così mutevole ed una minaccia per un amico intimo
degli Stati Uniti: Israele. Penso che si
possano osservare diverse correnti che si stanno unendo, il che risponde alla
domanda del perché tutto questo sia così importante per noi’.”
“Quando ho chiesto a Peres cosa pensava dello sforzo di Netanyahu di
presentare la questione all’amministrazione di Obama, Peres mi ha risposto […] che
il suo paese sa qual’è il suo posto e che ciò dipendeva dal presidente statunitense
e soltanto il presidente degli Stati Uniti poteva decidere alla fine come
salvaguardare al meglio il futuro dell’Occidente. Tutto ciò ha molto a che
vedere con il suo mentore: David Ben-Gurion.
“‘Poco dopo che John F. Kennedy fu eletto presidente, Ben-Gurion s‘incontrò
con lui nell’albergo Waldorf-Astoria’ di New York, mi ha raccontato Peres. ‘Dopo
la riunione, Kennedy accompagnò Ben-Gurion all’ascensore e gli disse: 'Signor
Primo Ministro, desidero dirle che sono stato eletto presidente grazie alla sua
gente, quindi, cosa posso fare per Lei in cambio?' Ben-Gurion s’offese per la
domanda e gli disse: 'Ciò che può fare è essere un grande presidente degli
Stati Uniti. Lei deve capire che avere un grande presidente degli Stati Uniti è
un grande successo'’.”
“Peres ha proseguito spiegandomi ciò che lui considerava il vero interesse d’Israele.
‘Non vogliamo vincere il presidente’, mi ha detto. ‘Vogliamo che vinca il
presidente’.”
“Jeffrey Mark Goldberg è
un giornalista statunitense-israeliano. È uno degli autori e giornalisti dello staff
della rivista The Atlantic. In
precedenza ha lavorato per la rivista The
New Yorker. Goldberg scrive principalmente di argomenti internazionali, preferibilmente
del Medio Oriente e dell’Africa. Da alcuni è considerato il più influente dei giornalisti-blogger
nelle questioni riguardanti Israele.”
Fidel Castro Ruz
25 Agosto 2010
6 e 18 p.m.