Riflessioni del compagno Fidel
LA RIBELLIONE RIVOLUZIONARIA IN EGITTO
Alcuni giorni fa ho detto che nel caso di Mubarak il dado era tratto e che neanche
Obama poteva salvarlo.
Il mondo conosce quello che succede nel Medio Oriente. Le notizie circolano
a velocità sorprendente. I politici non hanno nemmeno il tempo per leggere le
note d’agenzia che arrivano continuamente. Tutti sono consapevoli
dell'importanza di quello che lì succede.
Dopo 18 giorni di dura lotta, il popolo egiziano è riuscito un importante
obiettivo: abbattere il principale
alleato degli Stati Uniti nel seno dei paesi arabi. Mubarak opprimeva e
saccheggiava il suo popolo, era nemico dei palestinesi e complice dell'Israele,
la sesta potenza nucleare del pianeta, consociata con il gruppo bellicoso della
NATO.
Le Forze Armate dell'Egitto, capeggiate da
Gamal Abdel Nasser, si erano disfatte di un Re sottomesso e creato
L'Egitto possedeva, quindi, un elevato prestigio nel Terzo Mondo. Nasser
era conosciuto come uno dei leader più spiccati del Movimento di Paese Non
Allineati, partecipò alla costituzione dello stesso assieme ad altri dirigenti
dell'Asia, l’Africa e l’Oceania che lottavano per la liberazione nazionale e
l'indipendenza politica ed economica delle ex colonie.
L'Egitto a avuto sempre l'appoggio ed il rispetto della predetta
organizzazione internazionale che raggruppa oltre cento paesi. In questo
momento, quel fratello paese presiede il Movimento per il periodo di tre anni
che gli corrisponde; e l'appoggio di molti dei suoi membri alla lotta che ingaggia
oggi il suo popolo arriverà subito.
Che cosa significarono gli Accordi di Camp David, e perché l’eroico popolo
della Palestina difende tanto arduamente i suoi diritti più vitali?
A Camp David - con la mediazione dell’allora presidente degli Stati Uniti Jimmy Cárter -,
il mandatario dell'Egitto Anwar il-Sadat ed il Primo Ministro israeliano
Menahem Begin, firmarono i famosi accordi tra l’Egitto e l’Israele.
Si racconta che sostennero conversazioni segrete durante 12 giorni, ed il
17 settembre 1978 firmarono due accordi importanti: uno riferito alla pace tra Egitto ed
Israele; ed altro riguardante la
creazione di un territorio autonomo nella Striscia di Gaza e Cisjordania, dove El-Sadat
pensava - e l'Israele conosceva e condivideva l'idea - che sarebbe la sede dello Stato palestinese,
la cui esistenza, così come quella dello Stato dell'Israele, l'Organizzazione delle
Nazioni Unite accordò il 29 novembre
1947, nel mandato britannico della Palestina.
Di seguito a conversazioni ardue e complesse, l'Israele accettò ritirare le
sue truppe dal territorio egiziano del Sinai, benché respingesse
categoricamente la partecipazione in quelle negoziazioni di pace della
rappresentazione della Palestina.
Come risultato del primo accordo, nel termine di un anno, l'Israele restituì
all'Egitto il territorio del Sinaí occupato in una delle guerre
arabo-israeliane.
In virtù del secondo, entrambi le parte si impegnavano a negoziare la
creazione del regime autonomo in Cisjordania e nella Striscia di Gaza. La
prima, comprendeva un territorio di 5.640 chilometri quadrati e 2,1 milioni di
abitanti; e la seconda, 360 chilometri
quadrati e 1,5 milioni di abitanti.
I paesi arabi si indignarono con quel accordo in cui, al loro avviso,
l'Egitto non difese con sufficiente energia e fermezza uno Stato Palestinese il
cui diritto ad esistere era stato al cuore delle lotte ingaggiate per decadi dagli stati arabi.
L’indignazione fu tale che molti ruppero i rapporti con l'Egitto. In questo
modo,
La popolazione araba della Palestina è vittima di azioni genocidi; le terre le sono strappate o carenti d’acqua
in quelle aree semidesertiche e le abitazioni distrutte con pesanti martelli.
Nella Striscia di Gaza, un milione e mezzo di persone sono attaccate
sistematicamente con proiettili esplosivi, fosforo vivo e granate. Il
territorio della Striscia è bloccato per mare e per terra. Perché si parla
tanto degli accordi di Camp David e non si fa allusione alla Palestina?
Gli Stati Uniti somministrano i più moderni e sofisticati armamenti
all'Israele per valore di migliaia di milioni di dollari ogni anno. Egitto, un
paese arabo, è diventato il secondo recettore di armi nordamericane. Per
lottare contro chi? Contro un altro paese arabo? Contro il proprio paese
egiziano?
Quando la popolazione chiedeva il rispetto ai suoi diritti più elementari e
la rinuncia di un presidente la cui politica era quella di sfruttare e
saccheggiare il proprio popolo, le forze repressive preparate dagli Stati Uniti
non vacillarono nello sparare contro essa, ammazzando centinaia di persone e
ferendone migliaia.
Quando il popolo egiziano aspettava spiegazioni dal Governo del suo paese,
le risposte venivano da alti funzionari degli organi d’intelligenza o dal
governo degli Stati Uniti, senza rispetto alcuno per i funzionari egiziani.
È che per caso i dirigenti degli Stati Uniti ed i suoi organi d’intelligenza
non conoscevano una sola parola dei colossali furti del governo di Mubarak?
Prima che il popolo protestasse in massa dalla Piazza Tahrir, né i
funzionari del governo, né gli organi d’intelligenza degli Stati Uniti dicevano
una sola parola dei privilegi e furti spudorati di migliaia di milioni di
dollari.
Sarebbe un errore immaginare che il movimento popolare rivoluzionario in
Egitto ubbidisse teoricamente una reazione contro le violazioni ai suoi diritti
più elementari. I popoli non sfidano la repressione e la morte né rimangono
notti intere protestando con energia per questioni semplicemente formali. Lo
fanno quando i loro diritti legali e materiali sono sacrificati senza pietà
alle esigenze insaziabili di politici corrotti e dei circoli nazionali ed
internazionali che saccheggiano il paese.
L'indice di povertà colpiva già l'immensa maggioranza di un paese
combattivo, giovane e patriottico, aggredito nella sua dignità, la sua cultura
e le sue credenze.
Come potrebbero conciliarsi l'elevazione inarrestabile dei prezzi dei
generi alimentari con le decine di migliaia di milioni di dollari che si
attribuiscono al presidente Mubarak, ed ai settori privilegiati del governo e
della società?
Non basta ora che si conosca a quanto ammontano, bisogna esigere che siano
restituiti al paese.
Obama è colpito dagli avvenimenti egiziani, agisce o sembra agire come
padrone dal pianeta. Quello dell'Egitto sembra essere un suo affare. Non smette
di parlare per telefono con i leader di altri paesi.
L'agenzia EFE, ad esempio, informa:
"… ha parlato con il primo ministro britannico, David Cameron; il re Abdalá II della Giordania, e con il primo
ministro turco, l'islamista moderato Recep Tayyip Erdogan."
"… il governante degli USA ha valutato il 'cambiamento storico' spinto
dagli egiziani e ha riaffermato la sua ammirazione per i loro sforzi".
La principale agenzia di informazione nordamericano AP, trasmette
ragionamenti che meritano attenzione:
" Gli Stati Uniti chiede governanti nel Medio Oriente a vocazione
occidentale, amichevoli nei confronti dell'Israele e disposti a cooperare nella
lotta contro l'estremismo islamico, e che, contemporaneamente proteggano i
diritti umani."
"… Barack Obama ha fatto conoscere una lista di requisiti ideali
impossibili da soddisfare dopo la caduta di due alleati di Washington in Egitto
e Tunisi in rivolte popolari che, secondo gli esperti, si diffonderanno nella
regione."
"Non esiste prospetto con quel curriculum da sogno e è molto difficile
che ne appaia uno presto. In parte si deve a che negli ultimi 40 anni, gli
Stati Uniti sacrificarono gli ideali nobili dei diritti umani che tanto
propugna, in cambio della stabilità, la continuità ed il petrolio in una delle
regioni più volatili del mondo."
"L'Egitto non sarà più lo stesso', ha detto Obama venerdì, dopo l'uscita di Hosni
Mubarak."
"Mediante le sue proteste pacifiche, ha detto Obama, gli egiziani 'hanno
trasformato il suo paese ed il mondo.'
"Anche se persiste il nervosismo tra vari governi arabi, le elite radicate
in Egitto e Tunisi non hanno dato segni della loro disponibilità a cedere
potere né la vasta influenza economica che hanno avuto."
"Il governo di Obama ha insistito sul fatto che il cambiamento non
doveva essere di 'personalità.' Il governo statunitense ha fissato questo
atteggiamento da quando il presidente Zine El Abidine Ben Ali ha fuggito nel
gennaio da Tunisi, un giorno dopo che la segretaria di Stato, Hillary Rodham
Clinton, avvertisse ai governanti arabi in un discorso a Qatar che senza una
riforma le basi dei loro paesi s’affonderebbero nella sabbia'.
La gente non si mostra molto docile nella Piazza Tahrir.
L'Europa Press narra:
"Migliaia di manifestanti sono arrivati alla piazza di Tahrir,
l'epicentro delle mobilitazioni che provocarono la rinuncia del presidente del
paese, Hosni Mubarak, per rinforzare quelli che continuano in quella
collocazione nonostante il tentativo della Polizia militare di sloggiarli, come
ha informato la catena britannica BBC.
"Il corrispondente della BBC situato nella centrica piazza cairota ha
assicurato che l'Esercito si sta mostrando indeciso davanti all'arrivo di nuovi
manifestanti…"
"Il 'nucleo duro' […] è situato in uno degli angoli della piazza. […]
hanno deciso di rimanere a Tahrir [.] per essere sicuri della realizzazione di
tutti i loro reclami."
Con indipendenza di quello che succederà in Egitto, uno dei problemi più
gravi che affronta l'imperialismo in questo istante è il deficit di cereali di
cui ho parlato nella Riflessione del 19 gennaio.
Gli Stati Uniti usano una parte importante del mais che produce ed un alto
indice del loro raccolto di soia nella produzione di biocarburanti. L'Europa invece
usa milioni di ettari di terra con quel proposito.
D'altra parte, come conseguenza del cambiamento climatico cagionato
soprattutto dai paesi sviluppati e ricchi, si sta creando un deficit di acqua
dolce ed alimenti incompatibile con la crescita della popolazione, ad un ritmo
che la condurrebbe a 9 miliardi di abitanti in appena 30 anni, senza che
l'Organizzazione delle Nazioni Unite ed i governi più influenti del pianeta,
dopo le deludenti riunioni di Copenhagen e Cancun, abbiano avvertito ed informato
al mondo su quella situazione.
Appoggiamo il popolo egiziano e la sua coraggiosa lotta per i suoi diritti
politici e la giustizia sociale.
Non siamo contro il popolo dell'Israele, siamo contro il genocidio del popolo
palestinese ed a favore del suo diritto ad un Stato indipendente.
Non siamo a favore della guerra, bensì a favore della pace tra tutti i
paesi.
Fidel Castro Ruz
13 febbraio 2011
21.14.